Settant’anni dopo si litiga ancora sulle foibe per due visioni del mondo bocciate dalla storia

Quaia: ci vorrebbe il coraggio di pronunciare un mea culpa condiviso per tutti gli orrori del passato coperti da memorie manipolate 
Documentazione Foibe fornita dalla Lega nazionale. Primo Levi per l'analisi del testo, le foibe per il tema storico, il ruolo dei giovani nella politica, ma anche la musica, la ricerca della felicità e l'inquietante interrogativo "Siamo soli?", insomma quello che per semplicità tra i maturandi viene definito 'il tema sugli Ufo'. Sono questi gli argomenti proposti ai candidati nella prima prova della Maturità che coinvolge quest'anno 500.694 studenti. ANSA/IAN
Documentazione Foibe fornita dalla Lega nazionale. Primo Levi per l'analisi del testo, le foibe per il tema storico, il ruolo dei giovani nella politica, ma anche la musica, la ricerca della felicità e l'inquietante interrogativo "Siamo soli?", insomma quello che per semplicità tra i maturandi viene definito 'il tema sugli Ufo'. Sono questi gli argomenti proposti ai candidati nella prima prova della Maturità che coinvolge quest'anno 500.694 studenti. ANSA/IAN

UDINE. Può un’iniziativa di parte diventare patrimonio collettivo? Si può ammantare una causa giusta con retropensieri contrapposti? Il “Giorno del ricordo”, che ogni anno, puntuale, riempie le cronache dei giornali all’insegna di controversie ideologiche degne di una guerra fredda senza tempo, sconta fin dalle origini uno snodo irrisolto: la memoria condivisa.

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A più di settant’anni dalla fine della guerra è come se nulla fosse cambiato. Fascismo e comunismo sono ancora lì appesi a quel muro ideologico, una barriera mentale che divide, lacera e proietta perfino ombre lunghe sul futuro. Inquietante davvero.

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Udine 7 Dicembre 2018 Fontanini Agenzia Petrussi foto Massimo Turco


Era la metà degli anni Novanta quando due parlamentari ex missini – Roberto Menia e Ignazio La Russa – hanno cominciato a muovere le prime pedine per arrivare a un riconoscimento – in radice giusto e opportuno – per chi aveva pagato con la vita le sanguinose controversie sul confine orientale, il più esposto alle contrapposizioni di quel tempo: le vittime delle foibe.

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Documentazione Foibe fornita dalla Lega nazionale. Primo Levi per l'analisi del testo, le foibe per il tema storico, il ruolo dei giovani nella politica, ma anche la musica, la ricerca della felicità e l'inquietante interrogativo "Siamo soli?", insomma quello che per semplicità tra i maturandi viene definito 'il tema sugli Ufo'. Sono questi gli argomenti proposti ai candidati nella prima prova della Maturità che coinvolge quest'anno 500.694 studenti. ANSA/IAN

È stato un iter lungo e contrastato che ha trovato sbocco, una decina di anni dopo, in Parlamento. Dall’aula però, i punti neri, i vuoti di memoria e le interpretazioni di parte si sono ben presto riversati sulle piazze, con toni sempre più accesi.

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Due i sospetti di fondo: un’attenuazione dell’impatto provocato dalla Giornata della memoria che pone sul banco degli imputati, ogni anno, le tragedie del nazi-fascismo, e una chiamata in correo – tanto per bilanciare la storia – del comunismo e di tutti i suoi crimini, i più “vicini”, appunto, quelli perpetrati con le foibe.

Ecco perché, a distanza di 15 anni, il “Giorno del ricordo” attira ancora su di sé polemiche e invettive tra gli stessi due mondi di allora, irrobustiti dai fan delle nuove generazioni. Con sempre maggiori pulsioni si punta ora il dito sui “negazionisti”, ingrediente essenziale per alimentare la propaganda. Come se la dabbenaggine di qualcuno coinvolgesse tutto il comune sentire.

Colui che cerca di ridimensionare il fenomeno – proponendo numeri diversi – è sempre esistito e certamente continuerà.

Del resto viviamo in un mondo in cui negare è diventato una sorta di “status”: c’è chi nega l’Olocausto, chi il genocidio armeno, chi l’attentato a opera dell’Isis dell’11 settembre, chi l’efficacia dei vaccini, chi tifa per il dittatore Maduro o chi addirittura sostiene che l’uomo non ha mai messo piede sulla luna (questi ultimi sono ben presenti nell’attuale Governo).

Responsabilità personali, certo, e quindi non imputabili a tutto il mondo cui appartengono (vale sia per l’Anpi sia per la politica).

C’è una dato di fondo, però, che priva la “Giornata del ricordo” di tutto quel corollario di buone intenzioni che dovrebbe sostenere questa ricorrenza: il “non-ricordo” di ciò che è accaduto poco prima e che è sfociato poi nella tragedia delle foibe.

Dal 1941, all’ombra del Reich, l’esercito italiano occupò parte delle attuali Slovenia e Croazia con modalità – scrivono gli storici – «particolarmente violente, caratterizzate da efferatezze, deportazioni, devastazioni di interi paesi e villaggi, internamento di civili, sommarie esecuzioni di partigiani, presunti sostenitori e civili inermi».

Secondo fonti slovene e jugoslave, in 29 mesi di occupazione italiana della sola provincia di Lubiana, vennero fucilati 5.000 civili, ai quali furono aggiunti 200 bruciati vivi, 900 partigiani catturati e fucilati e oltre 7.000 persone (su 33 mila deportati) – in buona parte anziani, donne e bambini – morti nei campi di concentramento. Un totale quindi di 13.100 persone uccise.

Un soldato italiano in una lettera inviata a casa il primo luglio del 1942 ha scritto: «Noi abbiamo l’ordine di uccidere tutti e di incendiare tutto quello che incontriamo sul nostro cammino, di modo che contiamo di finirla rapidamente».

Fucilazioni e campi di concentramento sparsi ovunque: il più grande ad Arbe poi altri sparsi per l’Italia e in località a noi vicine, Gonars e Visco. Senza contare le violenze morali: l’obbligo dell’uso della lingua italiana e addirittura l’italianizzazione dei cognomi.

È in questo clima dominato dall’odio che è maturata poi la ritorsione dei partigiani jugoslavi contro le popolazioni italiane costrette a un esodo di massa. Le vendette contro l’oppressore peraltro non rimasero circoscritte soltanto al confine orientale, ma dilagarono anche nel territorio italiano, a guerra ormai finita, da parte di frange di partigiani attratte dalla sirena comunista.

A distanza di oltre settant’anni si litiga ancora su questo. Sullo sfondo di due visioni del mondo condannate dalla storia e dal buonsenso. Sarebbe bello vivere in un Paese che accumunasse il “Giorno del ricordo” al “Giorno del dolore” per tutte le atrocità commesse, facesse mea culpa per gli orrori del passato e guardasse al futuro senza il peso di memorie manipolate. –


 

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