Safilo, viaggio tra i dipendenti a rischio licenziamento: "Chi ci assume? Siamo vecchi ma non per la pensione"

MARTIGNACCO. «Siamo sconvolti». Alle 13 Michela Freschi finisce il turno alla Safilo. Esce dallo stabilimento di via Spilimbergo 154 di Martignacco, con lo spirito di chi non ha un futuro lavorativo davanti. L’azienda ha annunciato la chiusura della fabbrica e Michela come tutti gli altri lavoratori l’ha appreso dai media.
Pensava a una possibile riorganizzazione dell’orario, ai contratti di solidarietà, non certo alla chiusura dello stabilimento. Alla Safilo Michela era lì anche 10 anni fa quando il presidio rimase attivo per tre mesi e così si evitò la delocalizzazione di alcune lavorazioni. Allora i dipendenti vinsero la loro battaglia, ma ora – spiega Michela Freschi – «le condizioni del mercato sono cambiate. Altri 250 disoccupati andranno a sommarsi a chi il lavoro l’ha perso 10 anni fa. Alcuni ex colleghi sono ancora a casa».
Alla vigilia dello sciopero che oggi scatta in tutti gli stabilimenti del gruppo, a Martignacco regna la preoccupazione. Non può essere altrimenti. «Chi vuole che ci assuma» ripete Alessandra Lizzi, prima di iniziare il turno. Lo fa da 22 anni, ha partecipato ai presidi e alle assemblea anche 10 anni fa quando la crisi aziendale tagliò molti, troppi, posti lavoro.
«Chi vuole che ci assuma» afferma senza riuscire a celare una sorta di commozione dietro allo sguardo preoccupato. «Siamo troppo vecchi per le aziende che anche grazie agli incentivi cercano personale giovane, e troppo giovani per andare in pensione». Le lavoratrici della Safilo di Martignacco hanno, mediamente, tra i 40 e 45 anni. Sono mamme, mogli con mariti che in molti casi lavorano al loro fianco, nello stesso stabilimento. «Avevamo intuito che le cose non andavano per il verso giusto, a settembre – ammette Lizzi – se ne sono andati un centinaio, ma non immaginavamo una cosa così veloce: pensavamo di poter lavorare a singhiozzo almeno per un anno ancora».
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Pure Manuela Floreani e suo marito lavorano da 22 anni nell’occhialeria di Martignacco. Lei teme il peggio: «Lavoriamo in due qui, come noi molte altre coppie. Verranno a mancare due stipendi per un domani. Abbiamo figli, non sarà facile far quadrare i bilanci».
Quest’anno i lavoratori della Safilo non riescono proprio a pensare al Natale ormai alle porte, «ci hanno fatto un bel regalo» ripetono con tono quasi rassegnato. Tutti ricordano il Natale di 10 anni fa trascorso sotto la tenda, in quello stesso luogo. Nessuno se la sente di escludere un’eventuale replica. Gli operai entrano ed escono dallo stabilimento con passo spedito, molti cercano di evitare i cronisti, inutile chiedere di poter parlare con i rappresentanti delle Rsu.
A Martignacco erano tutti impegnati nell’organizzazione del presidio. «Domani mattina saremo tutti qui» assicurano in tanti, mentre Elena Cristin chiude la telefonata per dire «10 anni fa lottavo a Precenicco, ora mi tocca rifarlo qui».
La sua è una storia simile a quella di molte altre con i figli da mantenere e i mutui da pagare. «Anche il mio compagno lavorava qui, è uscito con un incentivo ma da allora è a casa. Tra un po’ saremo in due senza lavoro». Cristin lo fa notare senza lasciarsi andare allo sconforto: «Devo lottare ancora, speriamo che si trovi una soluzione. Continuo a sperare come ho fatto a Precenicco anche se poi lì è finita». Altre donne e altri uomini si avvicinano all’ingresso e abbassano lo sguardo per non farsi notare. «È la seconda crisi Safilo che vivo, vogliono salvare il Veneto».
Le parole di Daniele Vergendo tratteggiano una sorta di guerra tra poveri che non provocherà né vinti né vincitori. «Resterò a casa –, ma sono fiducioso, spero di trovare presto un altro lavoro». E così, tra alti e bassi, a Martignacco è arrivato il tempo di tornare a srotolare striscioni e bandiere
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