La disperazione dei 250 operai Safilo di Martignacco: «Fulmine a ciel sereno, la situazione è drammatica»

Sono quasi tutte donne alla sede friulana del gruppo: «Ricollocarci sarà quasi impossibile. Venerdì 13 lo sciopero» 

Safilo, parlano gli operai: "La situazione è drammatica"

MARTIGNACCO. Il parcheggio al civico 154 di via Spilimbergo si è riempito di automobili e gli operai hanno iniziato a lavorare fin dal mattino presto. Al pari dei macchinari, che sono entrati in funzione così come ogni altro giorno. Ma quella di mercoledì 11 dicembre non è stata una giornata come tutte le altre.

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Martignacco 11 dicembre 2019 Safilo ©Foto Petrussi

No, perché sono 250 le persone, prevalentemente donne tra i 40 e i 55 anni, che martedì sera hanno ricevuto la notizia che nessuno vorrebbe ricevere: a partire da gennaio non avranno più un lavoro, quello che si sono guadagnate e con il quale mantengono se stesse e le proprie famiglie.

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Martignacco 3 Marzo 2011. Safilo ore 13.30. L' assembea degli operai era la marttina. Dalle 13 alle 14 c'era una riunione dei dirigenti alla quale non ci e' stato permesso fare delle fotografie. Telefoto Copyright PFP


«Stanotte nessuno di noi ha dormito. Ci è crollato il mondo addosso» dice una giovane mamma prima di iniziare il proprio turno nello stabilimento Safilo. La voce trema e gli occhi sono lucidi, ma fermi: è tanta la voglia di far sentire la propria voce e di non mollare per tentare di salvare la propria stabilità e la sede di Martignacco che, con il nuovo piano industriale deliberato martedì dal cda del gruppo padovano dell’occhiale, chiuderà i battenti definitivamente.


I tempi in cui tutto è successo, o meglio in cui tutto è cambiato, sono stati rapidissimi. «È stato un fulmine a ciel sereno. Già da agosto sapevamo che ci sarebbe stato qualche licenziamento, ma nulla di più. Abbiamo iniziato a contare le persone vicine al pensionamento. Ma la realtà è tutt’altra cosa. Non ci sono vie d’uscita e la situazione è drammatica» raccontano alcune dipendenti durante la pausa nella tarda mattinata.

La storia si ripete, ma stavolta sembrano non esserci prospettive. «Esattamente dieci anni fa, nel 2009, furono centinaia e centinaia gli esuberi nella nostra sede, nella quale arrivarono poi una cinquantina di donne dallo stabilimento di Precenicco, il quale fu chiuso – continuano –. Ma ci siamo rimboccate le maniche e abbiamo ricominciato daccapo: abbiamo reimparato il nostro mestiere».

Il sacrificio non spaventa i dipendenti, ma non è sufficiente. «Siamo friulani e la dedizione al lavoro è massima – affermano –. Ma la nostra regione ha pagato e sta continuando a farlo, con le persone, che sono viste solo come numeri (dal costo evidentemente troppo elevato), senza mai essere valorizzata, al contrario del Veneto che continua ad essere privilegiato dall’azienda».

«Ci è stato detto che siamo poco “tecnologici”, ma la verità è che loro non ci hanno fornito gli strumenti e le possibilità per poterlo essere – aggiungono –. Ciò che più ci lascia con l’amaro in bocca è che il direttore del nostro stabilimento non ci aveva detto nulla o preparati in modo alcuno. Martedì non ha proferito parola e non ha avuto nemmeno il coraggio di guardarci in faccia».

Per ora tutto seguita con regolarità, «continueremo a venire al lavoro come di consueto perché non possiamo fare altrimenti. Con il 20 dicembre inizieremo le ferie e l’8 gennaio torneremo qua. Dicono che non troveremo i cancelli sbarrati ma la verità è che non ci sono margini di manovra così come paiono non esserci misure di sostegno economico» specificano.

Lacrime e rabbia. «Ormai abbiamo perso la speranza perché è un film già visto, abbiamo lottato con le unghie e con i denti, abbiamo lavorato sodo e ci siamo “trasformati”, abbiamo fatto tutto ciò che potevamo: una cosa del genere non ce la saremmo mai aspettata, siamo 250 persone sulla strada» asseriscono.

I volti sono atteggiati a mestizia, ma gli operai annunciano: «Lotteremo. Abbiamo già iniziato a farlo, ma un segnale forte lo daremo domani: fin dalle prime luci dell’alba occuperemo il piazzale della Safilo. Con cartelli e striscioni alzeremo la voce e ci faremo sentire scioperando. Così come è stato presentato, il piano industriale non è ammissibile, il segnale che l’azienda riceverà sarà forte».

L’appello è rivolto anche al presidente della Regione Friuli Venezia Giulia: i 250 dipendenti si rivolgono a Massimiliano Fedriga chiedendogli «di intervenire e di raggiungere la sede di Martignacco per ascoltare i lavoratori e dire loro cosa fare – spiegano –. Nel nostro territorio non ci sono occhialerie, abbiamo una formazione molto specifica e lavoriamo qui da tutta la vita: sarà quasi impossibile essere ricollocati». —


 

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