La disperazione dei 250 operai Safilo di Martignacco: «Fulmine a ciel sereno, la situazione è drammatica»

MARTIGNACCO. Il parcheggio al civico 154 di via Spilimbergo si è riempito di automobili e gli operai hanno iniziato a lavorare fin dal mattino presto. Al pari dei macchinari, che sono entrati in funzione così come ogni altro giorno. Ma quella di mercoledì 11 dicembre non è stata una giornata come tutte le altre.
No, perché sono 250 le persone, prevalentemente donne tra i 40 e i 55 anni, che martedì sera hanno ricevuto la notizia che nessuno vorrebbe ricevere: a partire da gennaio non avranno più un lavoro, quello che si sono guadagnate e con il quale mantengono se stesse e le proprie famiglie.
«Stanotte nessuno di noi ha dormito. Ci è crollato il mondo addosso» dice una giovane mamma prima di iniziare il proprio turno nello stabilimento Safilo. La voce trema e gli occhi sono lucidi, ma fermi: è tanta la voglia di far sentire la propria voce e di non mollare per tentare di salvare la propria stabilità e la sede di Martignacco che, con il nuovo piano industriale deliberato martedì dal cda del gruppo padovano dell’occhiale, chiuderà i battenti definitivamente.
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I tempi in cui tutto è successo, o meglio in cui tutto è cambiato, sono stati rapidissimi. «È stato un fulmine a ciel sereno. Già da agosto sapevamo che ci sarebbe stato qualche licenziamento, ma nulla di più. Abbiamo iniziato a contare le persone vicine al pensionamento. Ma la realtà è tutt’altra cosa. Non ci sono vie d’uscita e la situazione è drammatica» raccontano alcune dipendenti durante la pausa nella tarda mattinata.
La storia si ripete, ma stavolta sembrano non esserci prospettive. «Esattamente dieci anni fa, nel 2009, furono centinaia e centinaia gli esuberi nella nostra sede, nella quale arrivarono poi una cinquantina di donne dallo stabilimento di Precenicco, il quale fu chiuso – continuano –. Ma ci siamo rimboccate le maniche e abbiamo ricominciato daccapo: abbiamo reimparato il nostro mestiere».
Il sacrificio non spaventa i dipendenti, ma non è sufficiente. «Siamo friulani e la dedizione al lavoro è massima – affermano –. Ma la nostra regione ha pagato e sta continuando a farlo, con le persone, che sono viste solo come numeri (dal costo evidentemente troppo elevato), senza mai essere valorizzata, al contrario del Veneto che continua ad essere privilegiato dall’azienda».
«Ci è stato detto che siamo poco “tecnologici”, ma la verità è che loro non ci hanno fornito gli strumenti e le possibilità per poterlo essere – aggiungono –. Ciò che più ci lascia con l’amaro in bocca è che il direttore del nostro stabilimento non ci aveva detto nulla o preparati in modo alcuno. Martedì non ha proferito parola e non ha avuto nemmeno il coraggio di guardarci in faccia».
Per ora tutto seguita con regolarità, «continueremo a venire al lavoro come di consueto perché non possiamo fare altrimenti. Con il 20 dicembre inizieremo le ferie e l’8 gennaio torneremo qua. Dicono che non troveremo i cancelli sbarrati ma la verità è che non ci sono margini di manovra così come paiono non esserci misure di sostegno economico» specificano.
Lacrime e rabbia. «Ormai abbiamo perso la speranza perché è un film già visto, abbiamo lottato con le unghie e con i denti, abbiamo lavorato sodo e ci siamo “trasformati”, abbiamo fatto tutto ciò che potevamo: una cosa del genere non ce la saremmo mai aspettata, siamo 250 persone sulla strada» asseriscono.
I volti sono atteggiati a mestizia, ma gli operai annunciano: «Lotteremo. Abbiamo già iniziato a farlo, ma un segnale forte lo daremo domani: fin dalle prime luci dell’alba occuperemo il piazzale della Safilo. Con cartelli e striscioni alzeremo la voce e ci faremo sentire scioperando. Così come è stato presentato, il piano industriale non è ammissibile, il segnale che l’azienda riceverà sarà forte».
L’appello è rivolto anche al presidente della Regione Friuli Venezia Giulia: i 250 dipendenti si rivolgono a Massimiliano Fedriga chiedendogli «di intervenire e di raggiungere la sede di Martignacco per ascoltare i lavoratori e dire loro cosa fare – spiegano –. Nel nostro territorio non ci sono occhialerie, abbiamo una formazione molto specifica e lavoriamo qui da tutta la vita: sarà quasi impossibile essere ricollocati». —
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