Mattarella: "Basta negazionismi sul dramma delle foibe"

ROMA. No a negazionismi nè a "riduzionismi" sul dramma delle foibe. Alla cerimonia per il Giorno del ricordo al Quirinale, è netto il monito del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che non ha esitato a ricordare quella che definisce una «ingiustificabile cortina di silenzio» che cadde sugli «orrori commessi contro gli italiani istriani, dalmati e fiumani, aumentando le sofferenze degli esuli, cui veniva così precluso perfino il conforto della memoria».
Celebrare la Giornata del ricordo, domenica 10 febbraio, festività che dal 2004 ricorda ogni anno il dramma delle foibe, «significa rivivere una grande tragedia italiana - ha sottolineato il capo dello Stato - vissuta allo snodo del passaggio tra la II guerra mondiale e l’inizio della guerra fredda. Un capitolo buio della storia nazionale e internazionale, che causò lutti, sofferenza e spargimento di sangue innocente».
«Non si trattò - ha sostenuto ancora - come qualche storico negazionista o riduzionista ha provato a insinuare, di una ritorsione contro i torti del fascismo. Perchè tra le vittime italiane di un odio, comunque intollerabile, che era insieme ideologico, etnico e sociale, vi furono molte persone che nulla avevano a che fare con i fascisti e le loro persecuzioni. Tanti innocenti colpevoli solo di essere italiani».
Parole che raccolgono il plauso della presidente di Fratelli D’Italia, Giorgia Meloni: «Un discorso di alto livello che rende giustizia ai martiri delle foibe uccisi dai titini e ai nostri connazionali costretti a lasciare la loro terra per sfuggire alla pulizia etnica del maresciallo comunista Tito.
Particolarmente significative la condanna di ogni forma di negazionismo e la denuncia dell’intollerabile cortina di silenzio che, per troppo tempo e per interessi politici, è calata su questa pagina della nostra storia».
Il ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, intervenendo al Quirinale ha sostenuto che l’impegno è «non solo di ricordare, di non dimenticare, ma anche di risolvere concretamente il prima possibile le questioni che ancora chiedono giustizia.
Noi - ha spiegato - dobbiamo risolvere quelle questioni non ancora risolte, lo dobbiamo ai tanti compatrioti dell’Istria, di Fiume, della Dalmazia, della Venezia Giulia. Non dobbiamo dimenticare perchè non dimenticare significa anche dire mai più».
Il presidente Mattarella ha voluto anche ricordare le colpe di chi non accolse quei «circa 250 mila profughi, che tutto avevano perduto, e che guardavano alla madrepatria con speranza e fiducia» ma «non sempre trovarono in Italia la comprensione e il sostegno dovuti.
Ci furono, è vero, grandi atti di solidarietà - ha ammesso - ma la macchina dell’accoglienza e dell’assistenza si mise in moto con lentezza, specialmente durante i primi anni, provocando agli esuli disagi e privazioni».
Puntando il dito contro «certa propaganda legata al comunismo internazionale» che «dipingeva gli esuli come traditori, come nemici del popolo che rifiutavano l’avvento del regime comunista, come una massa indistinta di fascisti in fuga. Non era così, erano semplicemente italiani» ha insistito.
Il capo dello Stato, quindi, ha messo in evidenza il ruolo cruciale dell’Europa, «spazio comune di integrazione, di dialogo, di promozione dei diritti, che ha eliminato al suo interno muri e guerre», ricordando che «l’ideale di Europa è nata tra le tragiche macerie della guerra, tra le stragi e le persecuzioni, tra i fili spinati dei campi della morte».
Oggi, ha osservato Mattarella, «l’ideale europeo, e la sua realizzazione nell’Unione, è stato - ed è tuttora - per tutto il mondo, un faro del diritto, delle libertà, del dialogo, della pace.
Un modo di vivere e di concepire la democrazia, che va incoraggiato, rafforzato e protetto dalle numerose insidie contemporanee». Insidie contemporanee, ha concluso, che «vanno dalle guerre commerciali, spesso causa di altri conflitti, alle negazioni dei diritti universali, al pericoloso processo di riarmo, al terrorismo fondamentalista di matrice islamista, alle tentazioni di risolvere la complessità dei problemi attraverso scorciatoie autoritarie».
Il dem Stefano Bonaccini, presidente della Regione Emilia-Romagna, ha osservato che «oggi viviamo in un’Italia che deve guardare alle lezioni del passato per trarne un insegnamento, e ciò che accadde sta a testimoniare come ogni razzismo e ogni discriminazione etnica siano alla base della storia piuù drammatica, scritta dall’odio.
Una memoria condivisa e veritiera serve a farci capire come i muri, le divisioni siano un’aberrazione che si contrappone alla libertà, alla civiltà, alla democrazia».
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