Gli 85 anni di Celiberti: «La pittura è nata con me»

UDINE. Quando, nel 1966, diventò direttore del Messaggero Veneto, Vittorino Meloni realizzò un maxi numero speciale di ben 108 pagine per festeggiare il centenario (26 luglio 1866) dell’unione del Friuli all’Italia. E incaricò di disegnare la prima pagina un artista di casa, Giorgio Celiberti.
Giovane, appena trentacinquenne, ma già affermato, nipote d’arte (suo zio era il noto pittore Angillotto Modotto, fondatore della Scuola friulana d’avanguardia), ma anche artista precoce, quasi un enfant prodige (nel 1948, a 19 anni era il piú giovane partecipante alla XXIV Biennale di Venezia), Celiberti offriva tutte le garanzie.
E ne uscí un’opera memorabile: il castello di Udine sul quale sventola la bandiera italiana, tanto da “illustrare” meglio anche il titolo: “Da un secolo col tricolore”.
Dal 1966 a oggi sono passati quasi altri cinquant’anni e l’artista udinese di anni sta per compierne 85 (avverrà questo mercoledí, 19 novembre). Il compleanno sarà l’occasione per un nuovo consuntivo di vita e di lavoro, cioé per tirare le somme di un’attività instancabile, ma sarà anche «un giorno normale, come tutti gli altri» e «sarò felice - confida Giorgio - di lavorare come sempre. Mi mancherà soltanto il saluto degli amici che non ci sono piú».
Nel suo spazioso studio di via Fabio di Maniago, all’ inizio di viale Palmanova, “vegliato”, lungo tutto il lato dell’ingresso dalle sue “creature” artistiche (animali incisi nel bronzo, donne stese sull’erba, steli che rappresentano la comunicazione tra i popoli), Celiberti trascorre le giornate complete - orario continuato - dal mattino alla sera, a ritoccare, ad abbozzare, a lasciar decantare un lavoro a seconda dell’ispirazione, per poi riprenderlo.
Ha accanto i suoi piú stretti collaboratori. I piú importanti sono l’architetto Pietro Bravin («È il mio consigliere spirituale, ci conosciamo da piú di trent’anni!»), la dottoressa Eliana Bevilacqua («Si occupa della catalogazione e dei contatti con le gallerie») e Sandro Urbano («È il mio abituale accompagnatore e mi aiuta nei lavori piú pesanti»).
Celiberti è in via di Maniago dal 2002. Le sedi precedenti dei suoi Studi erano in via Francesco Baracca (laterale di viale Venezia) e in via Marco Volpe, dove è rimasta l’abitazione della famiglia.
La moglie Ina, a lui legatissima, l’ha sposata nel 1958 dopo averla conosciuta a Roma, dove abitava con lo zio e lei lavorava come sarta da Gattinoni. («Mi ha dedicato tutta la vita: non potrei fare a meno di lei!», è il commento di un uomo appagato).
Hanno avuto un figlio, Massimo, che si occupa di eventi e ha messo su famiglia (ha un figlio tredicenne, che porta il nome del nonno).
Il 4 ottobre scorso nel Museo nazionale di Ravenna, a cura di Giovanni Granzotto e Antonella Ranaldi è stata inaugurata una bellissima mostra dedicata a Giorgio Celiberti, che resterà aperta fino all’11 gennaio prossimo. Vi trovano spazio le sue ultime creazioni in fatto di stele viste, e interpretate, come strumenti di comunicazione.
E in piú c’è stato un omaggio specialissimo di Ravenna all’artista friulano, molto soddisfatto («Ho avuto un’accoglienza regale!»). L’arte di Celiberti è entrata nel Mausoleo di Federico. Una imponente stele è stata posta, infatti, pezzo unico, al centro dell’area circolare interna del tempietto.
Attualmente il pittore-scultore udinese è impegnato a concludere un’opera che ha cominciato molto tempo fa: un omaggio a Picasso, con una grandiosa Guernica che occupa un’enorme parete della sala grande delle esposizioni.
È una rivisitazione del capolavoro picassiano effettuata “a strappi”, nel senso che gli interventi di Celiberti si sovrappongono a distanze di tempo, si cancellano per poi riprodursi con altre connotazioni. Adesso dovrebbe essere arrivato alla conclusione.
Anche gli studenti “studiano” Celiberti: il grande laboratorio di via di Maniago accoglie, circa una volta al mese, visite di scolaresche, orientate in particolare sulle opere ispirate ai bambini di Terezin (Praga).
La scoperta, da parte dell’artista, di questa prigione nazista dove erano rinchiusi tanti piccoli ebrei (le crocette, le farfalle, aspirazione alla libertà, e i cuoricini ne sono le testimonianze) ha ispirato la sua opera che ha contribuito alla divulgazione di una nuova dimensione, umana e toccante, della geografia dell’Olocausto.
Ma da quanto tempo Celiberti dipinge? «Sono 70 anni, ma anche di piú: anzi, mi sembra che la pittura sia nata con me!».
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