Tormentone via Mercatovecchio: va deciso come la si vuole vivere

Un nuovo tipo di sede stradale a Udine non è sufficiente se sopra non si intrecciano, come in un nido, i rapporti di una vera comunità 
Udine 17 Marzo 2019 italia nostra via mercatovecchio Agenzia Petrussi foto Turco Massimo
Udine 17 Marzo 2019 italia nostra via mercatovecchio Agenzia Petrussi foto Turco Massimo

UDINE. Mercatovecchio è il tormentone, il busillis, il grande enigma, il tallone d’Achille, l’asso nella manica (chiamatelo come volete) di Udine. Una strada che non è una strada e nemmeno una piazza, ma una via di mezzo, il che finisce per complicare tutto. Appare come qualcosa di profondamente diverso, sia per le dimensioni sia per la storia, rappresentando l’asse centrale della città, sul quale fino a non tanti decenni fa si affacciavano le vetrine d’un mondo commerciale, economico e sociale convinto di proseguire d’inerzia, senza rischi e minacce. Invece i tempi nuovi hanno scalfito le certezze e modificato i connotati di un universo rimasto a lungo asserragliato attorno a Mercatovecchio e piazza San Giacomo.

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Il primo segnale arrivò quando un imprenditore coraggioso come Antonio Bardelli spostò il suo Lavoratore a Torreano, nel 1984. Il messaggio non suscitò al momento allarmi o contromisure per cui Udine continuò a gestire l’apparente supremazia di città-capitale senza poteri effettivi sul territorio circostante dove hanno proliferato gli ipermercati più che altrove.

Facendola breve, adesso il cuore cittadino sta cercando un destino, una missione, un nuovo fascino da poter esercitare contro le lusinghe dei centri commerciali che circondano Udine togliendole respiro. A risolvere l’enigma non può essere un arredo urbano o un tipo di pavimentazione rispetto all’altro, ma piuttosto bisogna capire come gli udinesi vogliono vivere questa zona strategica con una presenza attiva ed efficace. E qui la responsabilità è di tutti. In un clima di indecisione, di scelte delegate ai politici di turno o di dubbi perenni, come quello avvertito in questi anni, non si risolve niente.

Un nuovo tipo di sede stradale non è sufficiente se sopra non si intrecciano, come in un nido, i rapporti di una vera comunità. Riflessioni e suggestioni spuntate durante l’affollata passeggiata promossa da Italia Nostra per far sì che la gente potesse guardarsi attorno con calma, sollevando gli occhi dalla punta delle scarpe, per osservare con inedita attenzione le facciate dei palazzi (firmate da nomi illustri della nostra architettura, come Valle, Zanini, Gilberti).

E lì, mentre passava la Lamborghini di turno per far sfoggio rumoroso di se stessa, veniva da pensare a due cose. Prima: questo mondo avrà presto un anniversario da festeggiare. Il 13 settembre 1223 (data citata da Amerigo Cherici nel recente libro “Udine bellissima”) l’avveduto patriarca tedesco Bertoldo di Andechs concesse a Udine il riconoscimento di mercato, con conseguenti agevolazioni. Fu l’atto di nascita per il destino successivo della città. Quindi nel 2023 l’anima commerciale di Udine compie 800 anni. Aspetto non trascurabile!

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Seconda cosa. Vittorino Meloni, direttore del Messaggero Veneto dal 1967 al 1992, invitava spesso i giovani scalpitanti cronisti a guardare Udine con occhi da concreti sognatori inventando per Mercatovecchio questa immagine: «È come un Canal Grande senza acqua. Comincia in via Gemona da palazzo Antonini e finisce all’Odeon in via Gorghi».

Era un discorso in controtendenza rispetto per esempio ai futuristi di Marinetti che, all’urlo di “Uccidiamo il chiaro di luna”, volevano invece interrare a Venezia il vero Canal Grande. Ma chissà che non sia affatto utopica e assurda l’intuizione di chi suggeriva di “accendere il chiaro di luna” a Udine. Rispetto alla monotonia e al grigiore di tante idee circolanti oggigiorno, potrebbe essere un colpo di genio.

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