Serve fare i tamponi a tappeto? La risposta del virologo: "Inutile e dannoso, manderebbe al collasso il sistema"

Parla il responsabile della clinica di Malattie infettive di Udine con 2.700 test alle spalle

Coronavirus, cos'è un tampone e a cosa serve: così si verifica un eventuale contagio

Uno screening generale della popolazione friulana, con tamponi al tappeto per tutti i residenti in regione, sarebbe inutile, da un punto di vista scientifico, e anche controproducente perché, almeno al momento, il sistema sanitario del Friuli Venezia Giulia, così come quello del resto d’Italia, non può essere attrezzato per la gestione di centinaia di migliaia di campioni di materiale.

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Una persona fa la spesa al supermercato, Bologna, 12 novembre 2014. ANSA/GIORGIO BENVENUTI


L’assicurazione arriva dal responsabile della clinica di Malattie Infettive dell’ospedale di Udine, Carlo Tascini, che, analizzando la situazione nel suo complesso, invita la popolazione a restare a casa e a seguire le indicazioni delle istituzioni invece di immaginare analisi di massa che, come accennato, servirebbero, in fondo, a ben poco. «La fotografia della diffusione dell’infezione è importante – spiega Tascini –, ma adesso può non avere molto senso perché, prima di tutto, ci troviamo di fronte a gestire un pacchetto di test che, da un punto di vista della scientificità, non sono così performanti». Il problema principale, infatti, è la percentuale di accuratezza.

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«I tamponi attuali – continua l’esperto – possiedono una sensibilità massima che si aggira attorno al 75%-80% tanto che lo stesso può risultare negativo anche in presenza di pazienti con il coronavirus. Non per nulla, infatti, se ci troviamo di fronte a persone che possiedono un quadro radiologico tipico da infezione, effettuiamo sempre un secondo tampone per essere certi della della reale negatività del paziente al virus». Oltre a questo, inoltre, ci sarebbe un altro ostacolo chiave da superare per lo screening di massa.

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«Da un punto di vista numerico – prosegue Tascini – non è possibile pensare di effettuare migliaia di esami tutti assieme. Si ingolferebbe il sistema perché questi test sono basati sulla biologia molecolare con conferma e su metodiche di indagine specifiche per cui i vari laboratori non riuscirebbero a gestire una tale mole di lavoro. È vero che la situazione sta evolvendo, e magari in un prossimo futuro potremmo raggiungere questi risultati, ma per il momento porteremmo soltanto al collasso l’intero sistema».

Tascini parla da un ospedale in cui, da inizio crisi, sono stati effettuati oltre 2 mila 700 tamponi, quasi la metà di tutti quelli della regione, ma per lui la strada maestra, come detto, non è quella dell’applicazione di verifiche di massa. «Il nostro compito – sostiene – è quello di individuare i pazienti che hanno un’alta possibilità di risultare positivi. Da qui, poi, fotografare la situazione relativa ai loro contatti più stretti, penso ai familiari oppure ai colleghi di lavoro nello stesso ufficio, e ampliare le verifiche all’interno di questo gruppo.

Se, invece, procedessimo con un’operazione a tappeto correremmo il rischio, considerato come la precisione del test sia appunto inferiore al 100%, di andare incontro a una marea di falsi negativi che alimenterebbero una deleteria, e non reale, percezione di sicurezza. Anche perché non va dimenticato come, data la diffusione ormai molto elevata del virus, un tampone che oggi risulti negativo può diventare positivo anche dopo solo una manciata di giorni».

Il consiglio migliore, dunque, è sempre quello e porta a essere molto scrupolosi. «Bisogna restare a casa – conclude Tascini rivolgendosi ai cittadini della regione – e limitare al massimo i contatti con le altre persone. Abbiamo tutti il dovere, inoltre, di stare attenti quando si esce dalla propria abitazione per motivazioni contingenti ed evitare di andare a lavoro se qualcuno anche lontanamente sospetta di avere i sintomi di un possibile contagio da coronavirus»

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