Fidanzati uccisi, la Procura: un testimone e i video incastrano Giosuè

Pordenone, i dissapori esplosero quando i due commilitoni ebbero un acceso scambio di vedute che degenerò fino allo scontro fisico. Ragone aveva scoperto che Ruotolo poteva essere l'autore dei messaggi anonimi a Teresa, firmati da una sedicente "Annalisa" che si dichiarava l'amante di Trifone

PORDENONE. «Esistono gravi indizi di colpevolezza nei confronti di Giosuè Ruotolo per i quali si è evidenziata la sussistenza di esigenze cautelari: nel caso specifico ha inciso il pericolo di inquinamento delle prove poste in atto tanto da Ruotolo quanto dalla fidanzata Maria Rosaria Patrone».

Lo ha detto il Procuratore di Pordenone Marco Martani nella conferenza stampa convocata dopo l'arresto dei due indagati per il duplice omicidio di Trifone Ragone e Teresa Costanza. Da lunedì sera Ruotolo è stato rinchiuso nel carcere di Belluno, Maria Rosaria è ai domiciliari. Intanto è stato fissato per giovedì, 10 marzo, l'interrogatorio di garanzia in carcere.

Il procuratore Martani: trovare la pistola ha impresso una svolta all'inchiesta

«Il quadro giudiziario nei confronti di Ruotolo si è andato progressivamente aggravando - ha precisato Martani - anche se dal mese di ottobre, dopo il primo interrogatorio, gli elementi a carico dell'indagato erano già molto consistenti. Siamo nel più classico processo di carattere indiziario: non c'è Dna, né qualcuno che ha visto l'omicidio o il momento in cui si disfaceva dell'arma».

GLI INDIZI

«Siamo persuasi - ha sottolineato il Procuratore - che Ruotolo fosse presente sul luogo del delitto nelle fasi in cui questo si consumava: il suo veicolo, per sua stessa ammissione postuma, si trovava a otto metri e mezzo da quello delle vittime. Tuttavia la sua vettura è stata ripresa dalla videosorveglianza subito dopo nella zona del parco di San Valentino, esattamente dove poi è stata ritrovata l'arma del delitto. Fondamentale è stato il ruolo della tecnologia e la presenza delle telecamere della videosorveglianza».

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I dissapori tra Trifone e Giosuè esplosero quando i due commilitoni - ed ex coinquilini - furono protagonisti di un acceso scambio di vedute che degenerò fino allo scontro fisico. Da allora Ruotolo, secondo l’accusa, avrebbe pianificato la propria vendetta messa poi in atto la sera del 17 marzo nel parcheggio del palazzetto dello sport cittadini.

«Abbiamo un quadro indiziario complesso che porta all’affermazione di responsabilità per Giosué Ruotolo». Ha sottolineato il procuratore. «Un elemento importante è la ricostruzione dei tempi e la presenza delle persone sul luogo dell’omicidio: queste due variabili ci portano a dire che Giosuè Ruotolo era nel parcheggio davanti alla palestra non appena prima dell’omicidio, ma durante», ha aggiunto. Ruotolo «prima aveva detto di non essere stato lì, poi ha cambiato versione dopo la visione di alcune immagini; parlando con un testimone abbiamo concluso che è impossibile che lui non abbia sentito gli spari», ha spiegato Martani.

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Durante la conferenza stampa gli inquirenti hanno parlato di un’attività di inquinamento posta in essere da entrambi che ha reso necessaria l’adozione di misure cautelari. Non esiste al momento una prova diretta, come una rappresentazione filmata del delitto, nè ci sono testimoni oculari o tantomeno confessioni o tracce di dna sul corpo delle vittime e sugli abiti.

Esiste però un quadro articolato di elementi di carattere indiziario che si incastrano tra loro e portano ad incolpare Giosuè Ruotolo. Secondo quanto spiegato nella conferenza stampa Trifone aveva capito che l’autore dei messaggi anonimi via Facebook arrivati a Teresa poteva essere proprio Ruotolo e lo ha affrontato prima in caserma e poi nel parcheggio della palestra. Trifone ha alzato la voce si era arrabbiato e tra Ragone e Ruotolo c’era stato uno scontro fisico. Giosuè aveva riportato lividi sul volto e un taglio al labbro.

IL MOVENTE

Trifone aveva minacciato di sporgere denuncia precisando che la cosa non sarebbe finita lì e che Ruotolo avrebbe rischiato di essere accusato di comportamenti moralmente riprovevoli, con possibili, variate ipotesi di reato, da molestie a sostituzione di persona. Se confermato l’utilizzo del pc della caserma avrebbe rischiato l’accusa di peculato militare e infrazioni di carattere disciplinare: ciò avrebbe rischiato di pregiudicare le prospettive di carriera nell’esercito e nella guardia di finanza. A parere della Procura è questo il movente.

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Dalla memoria dell’iPhone di Teresa Costanza, grazie a un particolare software, sono stati estratti i messaggi provenienti da un profilo anonimo, da venerdì 26 giugno all’11 luglio. Una sedicente «Annalisa» affermava di essere l’amante di Trifone Ragone, per minare il rapporto della coppia di fidanzati. I particolari erano minuziosi, rendendo credibili le accuse, ma hanno fornito agli inquirenti elementi per restringere il campo sui potenziali autori di questa molestia. Di fatto, queste dichiarazioni potevano essere state fatte solo dai coinquilini dell'epoca.

Per questo Ragone ha affrontato a uno a uno i compagni di appartamento. «Per esclusione è arrivato a Ruotolo - ha precisato Martani - come ci hanno dichiarato gli altri coinquilini: Trifone aveva quindi picchiato Ruotolo procurandogli un labbro tagliato e gonfiore agli zigomi. Raccontando l'episodio agli inquilini Giosuè aveva minacciato vendetta, mentre Trifone aveva paventato la possibilità di procedere con una denuncia, quindi con la possibilità che Ruotolo venisse accusato di sostituzione di persona, molestie e peculato militare. Accuse che, se confermate - ha concluso il pm - sarebbero state di pregiudizio sia per la permanenza nell'Esercito sia per il transito nella Guardia di Finanza».

Secondo il procuratore Martani «Primo e più grave "inquinamento della prova" è stato l'omicidio di Teresa, perché era Trifone di cui Ruotolo si voleva vendicare, ma Teresa avrebbe potuto mettere gli inquirenti sulla pista giusta raccontando i dissidi recenti coi due fidanzati».

«Ruotolo aveva dato corso a numerose cancellazioni sospette dal pc e dal telefonino. La prima avviene nella serata del 18 settembre, il giorno in cui i media diffondono la notizia (del ritrovamento della pistola ndr) - ha aggiunto Martani -. Comportamento reiterato nelle settimane seguenti. Vengono cancellati anche dati dal pc di Somma Vesuviana, forse da parte del fratello, che procede a cancellare i dati e le chat dei mesi precedenti».
 

TESTIMONIANZA CHIAVE

Fondamentale la testimonianza del runner che la sera del delitto era nella zona del parco dove si trova il laghetto in cui è stata rinvenuta la pistola.«Testimone chiave è il runner, un atleta che stava facendo jogging attorno al palazzetto dello sport – ha rivelato Martani –. Ha incrociato le vittime che ricorda mentre stavano per salire sulla loro auto incamminandosi lungo via Amendola, indicando precisamente ai Carabinieri la zona dove si trovava in quell'istante.

Lo stesso atleta ha completato il proprio allenamento nella stessa zona del parco di San Valentino. Si tratta di 420 metri percorsi in un lasso di tempo compreso tra due minuti e mezzo e tre minuti. La medesima telecamera inquadra trenta secondi prima la vettura di Ruotolo: cioè poco dopo che l'omicidio è stato commesso. La vettura di Ruotolo si doveva quindi per forza trovare nel luogo in cui l'omicidio è stato commesso».

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La stessa vettura, per Martani «in una seconda curiosa coincidenza si ferma nel parco di San Valentino per un percorso di jogging: il tempo dichiarato da Ruotolo è incompatibile col tracciato riferito. Il percorso è invece compatibile con la possibilità di raggiungere la zona del laghetto dove è stata trovata la pistola. Non è vero nemmeno che la sosta fuori dal palasport è durata solo dieci minuti, ma almeno 25 minuti prima del momento in cui lo ritraggono in uscita dal parcheggio.

Ruotolo è quindi rimasto nel parcheggio per molto tempo e tanti stalli si erano nel frattempo liberati: inverosimile quindi che egli si sia fermato per soli dieci minuti e senza poter lasciare l'auto in sosta in un parcheggio, come dichiarato per giustificare la propria presenza e l'improvvisa decisione di andarsene proprio nei secondi in cui l'efferato crimine veniva consumato».

IL RUOLO DELLA FIDANZATA ROSARIA

«Rosaria aveva confidato ad alcune amiche di sentirsi in colpa temendo di essere stata lei la causa del duplice omicidio» ha riferito il Procuratore Martani, ricostruendo la posizione della fidanzata di Giosuè. «Maria Rosaria - ha proseguito il magistrato - temeva di essere stata ricollegata al delitto per essere entrata nel profilo Facebook anonimo. Un dettaglio quest'ultimo che le amiche ci hanno riferito e che non potevano aver appreso dalla stampa, e che quindi può essere frutto solo del fatto di averla ascoltata dall'interessata.

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Circa i messaggi inviati dal profilo, una ventina in tutto, sono stati inviati tutte le volte che Ruotolo era in servizio e aveva accesso ai pc della caserma da cui sono partite le missive vessatorie. Tre amiche hanno anche riferito che la Patrone, in un'occasione accompagnata dalla mamma, consegnando dei "pizzinì" in cui si sollecitava le amiche a restare in silenzio, le invitava a non far trapelare nulla del profilo Facebook, parlando con loro soltanto all' aperto e coi telefonini spenti - ha concluso - per paura di essere controllata dai Carabinieri».

INDAGINI SU 10 MILIONI DI REPORT TELEFONICI

«Nel corso di 11 mesi di indagine sono stati analizzati oltre 10 milioni di report telefonici, visionati più di 5 mila ore di filmati, operazione ripetuta in alcuni casi molteplici volte, e raccolti oltre 8 mila gigabyte di dati telefonici». Lo ha reso noto stamani il tenente colonnello dei Carabinieri Paolo Vincenzoni, comandante del Reparto Crimini Violenti del Ros.

Durante la conferenza stampa il comandante provinciale dell' Arma di Pordenone, colonnello Mario Polito, ha sottolineato l'enorme sforzo investigativo elogiando tanto il Reparto investigativo guidato dal capitano Pierluigi Grosseto quanto il supporto sempre garantito dal Ris di Parma che a settembre, A 24 ore dal ritrovamento della pistola nel laghetto, stabilì con certezza che si trattava dell'arma del delitto.

In proposito, il comandante ha evidenziato il ruolo del reparto sommozzatori di Genova che ha scandagliato il laghetto di San Valentino imprimendo la svolta decisiva alle indagini. Un cenno è stato rivolto tanto dal Procuratore Martani quanto dall’Arma ai carabinieri di Somma Vesuviana per l’enorme lavoro svolto: sono stati loro ad occuparsi di molti dei rilievi su Rosaria Patrone ed anche nell'abitazione di Ruotolo, dal cui computer in suo uso una mano ignota nel mese di settembre ha cancellato la cronologia.

Siccome Ruotolo quel giorno era impegnato nella medesima operazione sui propri supporti informatici a Pordenone, «presumiamo che l’operazione sia stata fatta dal fratello che secondo la legge non sarebbe comunque imputabile per questa azione», è stato segnalato.

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