Fidanzati uccisi, la svolta: arrestato Giosuè Ruotolo, la compagna ai domiciliari. La Procura: "E' stato lui". La difesa: colti di sorpresa

PORDENONE. L’ordinanza di custodia cautelare in carcere, firmata dal gip Alberto Rossi, l’ha raggiunto lunedì pomeriggio nella sua stanza alla caserma Mittica di Pordenone.
A dieci giorni dall’anniversario del delitto di via Interna, dove furono giustiziati Teresa Costanza e Trifone Ragone con sei colpi di pistola a bruciapelo, nel parcheggio del palasport. Giosuè Ruotolo, militare di 26 anni di Somma Vesuviana, era da solo, quando gli si sono parati di fronte i carabinieri del Nucleo investigativo provinciale e dei Ros, poco dopo le 17.
Per lui l’accusa è duplice omicidio, con l’aggravante della premeditazione. La sua fidanzata Maria Rosaria Patrone, studentessa 24enne di Giurisprudenza, è invece agli arresti domiciliari nella propria abitazione di Somma Vesuviana.
Il provvedimento è stato eseguito nel comune campano dai carabinieri del Comando provinciale di Pordenone e del Ros con i colleghi di Napoli.
La posizione dell’indagata si è ridimensionata rispetto alle ipotesi di reato contestate inizialmente: è accusata di favoreggiamento perché gli inquirenti ritengono che abbia aiutato il suo fidanzato nell’eludere le investigazioni. Tramontata, invece l’ipotesi di istigazione al delitto.
È stato un arresto lontano dai riflettori, quello di Giosuè, al riparo delle alte mura della caserma. Anche la scelta del penitenziario, da parte della Procura, è caduta sul carcere di Belluno proprio per evitare l’assalto mediatico.
A quasi un anno dal delitto che sconvolse la città, il 17 marzo dell’anno scorso, la Procura ha chiuso il cerchio. I pm Pier Umberto Vallerin e Matteo Campagnaro, titolari dell’inchiesta, hanno messo nero su bianco un mese fa le richieste di misura cautelare per i due indagati.
Più di un centinaio di pagine, inviate al gip il 3 febbraio scorso e analizzate minuziosamente dal giudice Alberto Rossi. I contenuti del provvedimento di arresto saranno illustrati nel dettaglio questa mattina dal procuratore capo di Pordenone Marco Martani.
«Niente trionfalismi – è il primo commento a caldo del procuratore – è una tappa, importante, perché costituisce una prima verifica del lavoro svolto finora, ma in un processo come questo conta il risultato finale. L’ordinanza di custodia cautelare non fa venire meno la presunzione di innocenza. Il gip ha condiviso la nostra valutazione circa un quadro indiziario pesante, che depone nel senso di una probabile affermazione di responsabilità».
La Procura ha atteso di avere in mano tutti gli elementi prima di calare le sue carte. Un quadro completo, dal quale emergono i gravi indizi di colpevolezza necessari per giustificare l’esigenza cautelare. La prima svolta nelle indagini arriva con i fotogrammi dell’Audi A3 grigia di Giosuè Ruotolo: le telecamere di via Interna la immortalano due volte, a distanza di più di sette minuti.
Eppure il tratto percorso dalla vettura è di qualche centinaio di metri. Dove è andato a finire l’automobilista, che guarda caso è un ex coinquilino, nonché commilitone di Trifone Ragone? Comincia così a prendere corpo l’idea che nel lago del parco di San Valentino sia stata gettata l’arma del delitto.
Quando la Beretta calibro 7.65 è stata ripescata dal lago al Parco di San Valentino, a settembre dello scorso anno, sono iniziate le cancellazioni di messaggi dai supporti informatici nelle disponibilità di Ruotolo. In tal modo si sarebbe potuto configurare l’inquinamento delle prove: uno dei presupposti della misura cautelare.
Ruotolo viene collocato dall’accusa sulla scena del crimine all’orario del delitto, attraverso l’incrocio delle testimonianze dei frequentatori della palestra che si trovavano nel parcheggio poco prima delle 20 del 17 marzo.
Quanto al movente, l’ipotesi investigativa è che Trifone Ragone avesse intuito che dietro i messaggi velenosi inviati dal profilo Facebook anonimo alla sua fidanzata Teresa Costanza vi fosse uno dei suoi ex coinquilini.
L’anonimo stalker cercava di seminare zizzania nel rapporto di coppia fra i due fidanzati, alludendo a presunte scappatelle di Trifone. Lo stalker, che fingeva di essere un ex fidanzata di Trifone, ha bersagliato Teresa di attenzioni moleste via chat finché qualche parola di troppo non l’ha tradito, rivelando la sua identità. Il militare di Adelfia, quindi, l’ha affrontato.
Secondo gli investigatori gli screzi fra Trifone e Giosuè sarebbero culminati, alcuni mesi prima del delitto, in un’accesa discussione in cui i due commilitoni sarebbero venuti perfino alle mani. Circostanza peraltro smentita dall’interessato e dal suo avvocato difensore Roberto Rigoni Stern che ha sempre assicurato che i rapporti tra Ruotolo e Ragone erano corretti e normali.
I due giovani non erano amici su Facebook né si frequentavano al di fuori della routine quotidiana nella caserma De Carli a Cordenons. Quale sarebbe stato il movente del duplice omicidio? Una delle ipotesi è che Ruotolo temesse conseguenze per la sua carriera nella Guardia di finanza, obiettivo al quale stava lavorando da cinque anni, nel caso in cui Trifone Ragone decidesse di denunciarlo per stalking.
«L'arresto del mio assistito Giosué Ruotolo ci coglie completamente di sorpresa perché sono passati sei mesi dall'iscrizione del registro degli indagati e non capiamo quali circostanze possono essere mutate rispetto ad allora per giustificare questo provvedimento». Lo ha dichiarato l'avvocato Roberto Rigoni Stern
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