Il calcio della montagna compie 70 anni

A Forni Avoltri la grande festa. Due ore di passione, cuore, attenzione al sociale che sono da esportare. I complimenti dela Figc: «Siete un modello unico e un esempio da esportare»

Antonio Simeoli

Forni Avoltri. Arrivi all’auditorium comunale di Forni Avoltri con gli occhi incantati dai colori autunnali dei boschi. Arrivi e ti trovi davanti i ragazzini della squadra Esordienti dell’Ardita e così la festa per i 70 anni del Campionato Carnico, unica manifestazione sportiva del suo genere in Italia – pur sempre, seppur malandato, la terra del pallone – parte col piede giusto.

Quel campionato ha un futuro e allora il sindaco Sandra Romanin se li gode quei ragazzini dando a tutti il benvenuto. «Di pallone capisco poco – spiega –, a questo è il paese della natura e dello sport». Dello sci di fondo, del biathlon aggiungiamo noi.

Il resto? Un connubio perfetto di passione, amore per lo sport e territorio, attenzione al sociale e tanto altro. In un’ora e mezza di applausi, qualche lacrima, tante premiazioni e già tanta voglia di giocare. Anche se la stagione, con l’ennesima abbuffata del Cavazzo, è andata da poco in letargo.

A Forni Avoltri la festa per i 70 anni del Campionato carnico

Passione. Come quella di Gildo De Toni, 56 anni (ne dimostra venti di meno) di Cedarchis che ora gioca nel Comeglians. Gioca ancora e bene. Passione, come quella degli altri premiati, mister Mario Chiementin, Enzo Dorigo, il presidente del Villa, oppure Emidio Zanier, tuttofare tra i dirigenti del Carnico fino a diventare giudice sportivo. Passione, come quella di Giordano Maieron, arbitro, anzi arbitrissimo con oltre mille gare dirette nel calcio della montagna.

Passione, come quella dei consiglieri regionali Emanuele Ferrari, padrone di casa e Massimo Mentil, che parla del Carnico e con la mente va alle partite col suo Timaucleulis, lui al centro, il cugino Francesco Del Stabile ala destra. Storie di carnico, uno adesso è Consigliere regionale, l’altro è emigrante di successo, avvocato in Sicilia. Una cosa in comune: il Carnico. Mentil racconta di quelle sfide con nostalgia, poi, a sorpresa, comincia a imitare le figure storiche del campionato.

L'intervista
Abete e i dilettanti: «Un mondo di passione, la riforma lo valorizzi»
Giancarlo Abete, 73 anni, presidente della Lega Nazionale dilettanti al Messaggero Veneto

Cambia voce all’improvviso per ognuno, il presidente del consiglio regionale Mauro Bordin, salito in Carnia per omnaggiare quella forma meravigliosa di sport e di vista sociale (non ha caso ha donato alla Figc Fvg il sigillo della Regione) sorride: «Se comincia a farlo con noi in Consiglio comunale è la fine...».

Passione e intuizione, come quella di un altro premiato, il “nostro”, sì nostro perchè è la penna del Carnico per il Messaggero Veneto, Renato Damiani. Ha pubblicato con l’amico Massimo Di Centa il libro sulla storia del Carnico, inrealtà è la seconda puntata con gli ultimi dieci anni, visto che sui primi sessanta aveva già scritto. Sale sul palco. E racconta. Cominciando da Pietro Polettini, che nel 1951 per la Pro Tolmezzo segnò la prima rete della storia del Carnico.

Che campionato quello. C’erano otto squadre: Pro Tolmezzo, Raibl, Sutrio, Amaro, Ampezzo, Villa, sempre presente ma che non ha mai vinto il torneo, Timau, Paluzza, Pontebbana e Arta.

Damiani racconta l’era di Ampezzo-Moggese, quella Ampezzo-Weissenfels, il terremoto del 1976 che colpisce ma non distrugge il calcio dlela montagna che si “rifugia” comunque in un torneo delle vallate, la prima Coppa Carnia vinta dal Paluzza nel 1978, l’era dei Mobilieri con 8 scudetti, il Cedarchis, gli ultimi sette titoli del Cavazzo. Poi Damiani ricorda il miracolo di “A tutto Carnico”, il Tutto il calcio minuto per minuto della Carnia. Partono in sala alcuni brani delle radiocronache. Il vicepresidente della Figc Daniele Ortogallo impallidisce: «Non conoscevo molto di questo campionato, siete fantastici, davvero».

Passione, a proposito di radio, come quella della conduttrice Francesca Spangaro che sente quei colleghi che urlano i gol e ricorda la sua prima radiocronaca da Paluzza. Passione, come quella di Alberto Cella, il fotografo, Adriano Dario, la spalla di Damiani o i dirigenti, Franco Sulli e Maurizio Plazzotta, rispettivamente rappresentante del Carnico nel direttivo e delegato della Figc Fvg che all’unisocno ricordano come «il Carnico rappresenti l’aspetto più genuino del gioco del calcio».

Amore, come quello dell’assessore regionale alle finanze Barbara Zilli. «Ho iniziato a seguire il Carnico per amore di mio marito Ivan che mi ha insegnato che la parte più bella del carnico è il dopo partita quando si mangia, beve e brinda rigorosamente tutti insieme».

Zilli, cuore Stella Azzurra di Gemona, centra il punto quando dice che il Carnico abbraccia da sempre Alto Friuli e Gemonese, dando un segnale di unità e collaborazione che deve essere portato ad esempio. E poi ricorda l’aiuto che la Regione dà alla Figc per svilupppare i settori giovanili anche in alto Friuli. Pasisone, amore, attenzione per il territorio e il sociale. Come il patto stretto dalla Figc regionale con l’Associazione friulana donatori di sangue. Giocano, si divertono, donano anche sangue questi ragazzi.

Passione, amore, attenzione per il sociale, rivalità.

Sana rivalità, trannepoche stonate eccezioni, ma, si sa, la rivalità è il sale dello sport «e l’Italia è pur sempre il paese degli ottomila comuni e dei campanili», ha chiuso il presidente della Lega Nazioanle dilettanti Giancarlo Abete.

Insomma, per chi non l’avesse ancora capito, questo autentico miracolo sportivo e sociale che si chiama Campionato Carnico, che dalle 8 squadre è passato alle 39 da Tarvisio al Gemonese fino a San Pietro in Veneto a un passo da Sappada, invecchia come il buon vino.

Più passano gli anni e più diventa avvincente e necessario.

Gongola il presidente del Comitato della Federcalcio del Fvg Ermes Canciani. I suoi colleghi, arrivati in Carnia da tutta Italia dopo il direttivo della Lega del giorno prima a Udine, hanno fatto un viaggio alle origini del calcio e ritorno. Un viaggio da raccontare.

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