Abbiamo trovato Greatti in Sardegna: «Tifo Cagliari, ma l’Udinese si salverà»

UDINE. Ma cosa mi avete combinato?». La voce di Ricciotti Greatti, campione d’Italia con il Cagliari nel 1970, è tanto squillante da mettere in dubbio le ottanta primavere certificate dalla carta d’identità. Del resto, per certi fortunati, l’età è una convenzione.
E Ricciotti da Basiliano (a proposito: il nome è una latinizzazione dell’inglese Ridley, scelto dai genitori del nostro in onore del quarto figlio di Garibaldi) fa tutto per sfuggire alle panchine dei giardinetti.
Pur ottuagenario, continua a lavorare come consulente assicurativo e ogni giorno dalla sua villetta al Margine Rosso, l’estremo orientale del lungomare del Poetto, parte per un’oretta di corsa, di bici o di tennis.
Quando risponde al telefono sta chiudendo un contratto: poco prima, dall’altra parte della cornetta, la sorella Ermellina (che vive ancora a Basiliano) gli ha raccontato della pagina che il Messaggero Veneto gli ha dedicato sull’edizione di giovedì 19. «Mi ha chiamato lei, mi ha avvisato mio nipote. E i soliti amici. Mi sono quasi preoccupato», scherza.
D’accordo lo scudetto, ma perché un friulano decide di stabilirsi a vita in Sardegna?
«Quando mi hanno spedito qui la prima volta, nel 1963, ero titubante. Ma i sardi sono riconoscenti, affabili senza essere invadenti: nel 1973 avevo già avviato la mia attività di assicuratore e rifiutai l’offerta del Vicenza di Giussy Farina, che pur di avermi mi avrebbe lasciato vivere a Cagliari i primi quattro giorni della settimana. Il resto è storia: la squadra del Tricolore era composta da amici.
Con Gigi Riva ci sentiamo spesso, il gesto di Giulini di nominarlo presidente onorario è qualcosa di bellissimo. Poi ci sono Reginato, che è come un fratello, Poli e Tomasini, che ancora oggi mi rompe le palle tutte le mattine».
Sabato c’è Udinese-Cagliari. Come la vede?
«Quella friulana è una buona squadra: faticherà forse, ma si salverà certamente. La società forse punta un po’ troppo sugli stranieri e a lungo andare questo può essere un rischio. Gotti? Mi pare preparato, ma non entro nelle sue scelte personali: se non vuole rimanere come allenatore titolare avrà i suoi buoni motivi».
Un pronostico?
«I rossoblù in questo momento sono più forti, l’Udinese non può permettersi di prendere sottogamba l’impegno: la formazione di Maran gioca un bel calcio, è fortissima in contropiede e sviluppa il gioco in maniera armonica sulle fasce, da dove possono arrivare i principali pericoli per Musso e compagni. Il punto di forza è però il centrocampo, dove si muove un vero e proprio trascinatore.
Radja Nainggolan?
«Esatto. L’Inter si starà mangiando gli zebedei (ride, ndr). Ha cambiato il volto del Cagliari, appare più maturo e mi pare che abbia lasciato da parte anche certi atteggiamenti oltre le righe».
Fisico, tecnica, corsa e pure qualche gol. Un po’ come Greatti...
«Sì, mi rivedo in lui. Del resto il Cagliari dello scudetto aveva sì Gigi Riva, ma anche un grande centrocampo: io, Cera e Nenè eravamo una diga. Poi Martiradonna e Niccolai in difesa e Albertosi in porta: s’incazzava sempre quando lo dimenticavamo, ci diceva “Oh bucaioli, ci sono pure io!”».
A questo Cagliari manca lo stadio, che l’Udinese invece ha voluto con tutte le forze.
«Ed è uno dei più belli e moderni d’Italia. Oggi le società di serie A non possono prescindere da un impianto degno di tale nome: mi sembra che anche in Sardegna la situazione si stia sbloccando e quello friulano può essere un modello da seguire».
Ricciotti, quando torna in Friuli?
«A Natale. Torno dalle mie sorelle e passo a salutare i miei genitori in cimitero, a Basiliano». —
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