Ricciotti Greatti, il Cagliari dello scudetto aveva un faro friulano

Nell’anno in cui si sono celebrati alcuni compleanni particolari di due campioni d’Italia con il Cagliari nel 1969-70 (Albertosi e Riva, rispettivamente 80 e 75 anni), non si può non ricordare un altro compleanno illustre: gli 80 anni del “faro” di quella squadra, Ricciotti Greatti, friulano “doc”.
Nato a Basiliano il 13 ottobre 1939, Greatti è la chioccia di quella squadra fantastica che nel 1953-54, dopo uno spareggio con l’allora quotata Sguerzi di Fossalta di Portogruaro, permette al Basiliano di raggiungere l’obiettivo di salire nella massima categoria dilettanti, allora denominata Promozione.
Ricciotti gioca in quella squadra, con tanto di placet della Figc del Fvg, poco più che quattordicenne e riesce subito a catturare l’attenzione dei talent scout nazionali. Ma papà Luigi non permette nessun trasferimento lontano, cedendo solo alle lusinghe dello Spilimbergo, allora in Serie D. Qui Ricciotti si fa onore e contribuisce alla fantastica galoppata della squadra di oltre Tagliamento che terminerà seconda dietro la Mestrina.
Nonostante il melanconico successivo secondo anno, culminato con la retrocessione, Greatti è fortemente voluto dalla Fiorentina di Bernardini, appena scudettata. A Firenze subito si mette in mostra quale centravanti sia a livello locale che nazionale, meritandosi la convocazione per il campionato europeo under 18, cui non potrà partecipare per l’unico infortunio muscolare della sua carriera.
Tenuto in grande considerazione dagli allenatori, fa il suo esordio in Serie A (con mister Czeizler, successore di Bernardini) il 12 otobre 1958 in un Triestina-Fiorentina 1-3 segnando il 2-0 dei gigliati. In quel campionato Greatti giocherà altre 4 partite con un altro goal a Napoli, mentre l’anno successivo viene inviato a Palermo, in Serie A, per “farsi le ossa”.
Dignitoso campionato (16 presenze e 4 gol) quello disputato in Sicilia, seguito da tre anni a Reggio Emilia, fortemente voluto da Del Grosso, allora tecnico emergente e capace che, viste le potenzialità di Ricciotti, ne fece un uomo-squadra come mezzala di punta (18 goal in due campionati con la Reggiana che sfiora la serie A). L’anno 1962-63 è forse il peggiore della carriera di Greatti (soli 2 goal in serie C), ma il destino è dietro l’angolo.
Silvestri, allenatore del Cagliari in Serie B, assieme al presidente Arrica si trova per caso a vedere una partita della Reggiana e lo vuole a tutti i costi. I 32 milioni saranno bene spesi se nel 1963-64 il Cagliari, rinforzato anche dall’acquisto del giovane Riva dal Legnano, con un secondo posto riesce nell’impresa di raggiungere per la prima volta la serie A.
In quella formazione Greatti si rivela da subito come uomo-squadra: da mezzala di punta, gioca tutte le 38 partite del campionato ed è alla fine il miglior realizzatore del Cagliari (12 reti) con la soddisfazione-amarezza di ottenere la matematica certezza della promozione in Serie A il 14.6.1964 a Udine quando impatta con l’Udinese per 1-1 (reti di Selmosson e Riva) e di condannare nel contempo la squadra della sua città e del suo compaesano Italo Del Negro, quel giorno suo marcatore, alla retrocessione in Serie C.
Gli anni successivi sono per Greatti quelli che caratterizzano la sua carriera: da ex-goleador si trasforma definitivamente in regista con iniziale licenza di segnare. É suo il primo gol del Cagliari in Serie A (in Roma-Cagliari 2-1); è suo un record di presenze continuative (filotto di 145 partite di seguito, quasi 5 campionati dal 1964 al 1969); è sua l’idea, avvalorata poi da Scopigno (allenatore del Cagliari campione d’Italia), di limitarsi a fare il regista, controllando più la fase difensiva che offensiva, con il risultato eccezionale di una squadra che subisce, nell’anno dello scudetto, solo 11 reti in 30 partite.
Ciò a testimonianza dell’intelligenza, della duttilità e dell’acume tattico di un giocatore che prende questa decisione per il bene della squadra, avendo già in attacco un eccezionale goleador come Riva supportato dall’altro attaccante ex-interista Gori, da uno splendido cursore come Domenghini e da un giocatore atipico come Nenè con spiccata vocazione offensiva.
Corre voce, a questo riguardo, che dopo l’infortunio nell’anno dello scudetto del libero Tommasini, Scopigno abbia pensato a Greatti come suo sostituto ed abbia poi cambiato idea su suggerimento dello stesso Ricciotti: e così Cera diventerà il libero della nazionale italiana che a Città del Messico nel giugno del 1970 contenderà, senza fortuna, il titolo di campione del mondo al Brasile.
Un unico rammarico per Ricciotti riguarda la mancata convocazione in Nazionale: Brera lo vuole a tutti costi ( dice di lui che è un intelligente e delizioso cursore, un po’ stanco di essere da anni il primo della classe…) ed Herrera nel suo breve periodo quale selezionatore lo convoca nel 1967 nell’Italia Sperimentale, ma Valcareggi non è di questo avviso. Prima Bulgarelli, poi De Sisti e Juliano saranno preferiti a Greatti, forse meno appariscente e meno sponsorizzato.
Un ritratto perfetto di Ricciotti è quello del giornalista Cenzo Soro: «… Ricciotti è stato uno dei più grandi calciatori …; assieme al delizioso tocco di palla, univa l’intelligenza calcistica …; è difficile trovare un giocatore che legge la compagine avversaria indirizzando i propri compagni verso la vittoria…; lascia un ricordo che difficilmente sbiadirà…».
Ritratto simile a quello descritto anni dopo da un altro giornalista, Salvatore Geraci: «… impareggiabile direttore d’orchestra del Cagliari di Scopigno e dello scudetto, ispiratore di Gigi Riva, Greatti rimase a dirigere le operazioni del centrocampo rossoblù per un decennio…».
Greatti conclude la sua carriera nel 1972, quando si rende conto di fare fatica a tenere il passo. Nonostante le assillanti offerte di Farina, presidente del Lanerossi Vicenza, Ricciotti decide di abbandonare il calcio per dedicarsi esclusivamente alla sua attività in campo assicurativo, già ben avviata da qualche anno a Cagliari. Un giovane ottantenne tuttora dirige la sua Società di Assicurazioni con l’acume e la tenacia di sempre.
Ed è un onore per tutto il Friuli che un suo figlio sia diventato un personaggio illustre, al pari di Riva e degli altri giocatori del Cagliari scudettato che hanno deciso di stabilirsi per il resto della loro vita nella bella Sardegna.
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