Zamboni rilegge Pasolini: il racconto in musica al Festival del Coraggio di Cervignano

Appuntamento con il reading concerto al teatro Pasolini. Sul palco anche Erik Montanari e Cristiano Roversi

Martina Delpiccolo
Massimo Zamboni
Massimo Zamboni

Appuntamento nella serata di sabato con “P.P.P. Profezia è predire il presente”, racconto in musica di e con Massimo Zamboni, al Teatro Pasolini a Cervignano alle 21, nell’ambito del Festival del Coraggio, curato da Bottega Errante da un’idea del Comune di Cervignano.

Sul palco, insieme a Zamboni ci saranno Erik Montanari alle chitarre e ai cori, Cristiano Roversi alle tastiere e synth. Un reading concerto che ripercorre la storia controversa di uno dei maggiori intellettuali italiani di sempre, Pier Paolo Pasolini, a cinquant’anni dalla sua scomparsa. Un evento in collaborazione con Associazione Euritmica. Ne parliamo con Zamboni, autore del progetto.

Partiamo dal titolo “P.P.P. Profezia è predire il presente”. Allude alla capacità di Pasolini di analizzare con lucida consapevolezza il suo tempo tanto da aiutarci a capire il nostro?

«La contemporaneità di Pasolini diventa il nostro presente. Il suo incubo è diventato il nostro incubo. Saper profetizzare il presente è un’arte riservata a pochi. Oggi siamo circondati da informazioni, eppure non sappiamo chi manovra il mondo e chi dirige le nostre vite. I profeti hanno lo sguardo rivolto al futuro, ma sono ancorati al passato. Pasolini era disperatamente consapevole del mutamento della società e dell’irreparabilità di tale trasformazione».

Una disperazione scaturita dalla consapevolezza?

«Le sue opere – già quelle scritte quarant’anni prima della morte – rivelano una lucida disperazione, ineguagliata all’interno della cultura italiana. Una disperazione che nasce proprio dalla consapevolezza di essere “fuori ruolo” e da una solitudine che si è fatta via via assoluta nella sua vita, manifestandosi fortemente. Pasolini ripudia alla fine quella dimensione sociale che lo aveva visto frequentare a Roma gli intellettuali dell’epoca. Ripudia tutto e tutti. Gli ultimi suoi scritti rivelano nomi scottanti e segnano la sua condanna a morte».

Pasolini moriva cinquant’anni fa eppure il suo pensiero e le sue opere sono più che mai vive. Cosa rende questo anniversario diverso dagli altri? Cosa rende Pasolini una figura ineguagliabile?

«È come se Pasolini fosse morto non cinquant’anni fa, ma tutti gli anni, dal 1975 ad oggi. In questo arco di tempo è stato sempre molto presente. È diverso dagli altri, perché non è stato semplicemente un grande scrittore, ma una figura costantemente fastidiosa, fuori dai ruoli, mai addomesticato. Non è stato possibile rinchiuderlo nelle enciclopedie in modo canonico. È sempre stato oggetto di strumentalizzazioni. C’è chi lo vuole personaggio, chi lo vuole puro e chi violento, chi cattolico e chi eretico. È sempre stato “altro”».

Il reading concerto, che è diventato anche un album, è un percorso musicale che mette al centro il pensiero pasoliniano?

«Sì, si tratta di parole recitate e cantate. È stato un percorso impegnativo accompagnare Pasolini fino alla sua morte ripercorrendo il suo pensiero attraverso articoli e poesie. Proprio nei versi si espone denudato nella sua capacità di predire il presente. Il progetto è scandito dalle sue poesie, a partire dai versi in lingua madre, alternate da miei scritti e mie canzoni su tematiche pasoliniane. Un percorso che giunge al canto finale dell’isolamento e all’ultima parola: “Il potere logora chi c’è l’ha” e non “chi non ce l’ha”».

Come è avvenuto l’intreccio tra le sue canzoni e la figura di Pasolini?

«Si tratta di canzoni che avevo già scritto anni fa, ma che hanno assunto un significato nuovo proprio imboccando la strada del pensiero pasoliniano. Emblematico è l’esempio di “Tumori”, canzone inedita, che ho accostato al corpo di Pasolini nel momento in cui viene ritrovato. Da questo accostamento, dall’incontro con quel corpo, la canzone si è caricata di un nuovo senso. In essa è emersa una disperazione nuova».

Tra i canti c’è anche un omaggio alla cantautrice, ricercatrice e militante Giovanna Marini. A sancire un legame?

«Era un’amica fraterna di Pasolini. Ha scritto una canzone dedicata a lui: "Lamento per la morte di Pasolini". Ritengo significativa la sua presenza nel concerto-reading, seppur attraverso un’interpretazione mia. È una voce di donna autorevole e dolorosa che ha saputo capire la disperazione, la solitudine e la preveggenza dell’amico». —

 

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