Chet Baker, una vita fra genio ed eroina: racconti e musica con Lorenzo Acquaviva
L’attore triestino sarà sabato 18 alle 21 al caffè Caucigh di Udine. «Un’esistenza meravigliosa e disperata»

«Per identificare il timbro di Chet servono pochi secondi. È inconfondibile. Be’, lo stesso vale per Miles Davis. Gli immortali si fanno riconoscere».
Il trombettista Baker — il James Dean del jazz bello e dannato — ha provocato una reazione teatrale in Lorenzo Acquaviva, attore triestino di lunga navigazione fra cinema, televisione e tantissima prosa. «Come non amare uno così meraviglioso e così sciagurato», confessa l’artista autore di un progetto, “Arrivederci Chet”, che riunisce musica e racconto. Acquaviva sul palco sarà circondato da tre strumentisti di valore internazionale: Francesco Minutello alla tromba, Matteo Sgobino alla voce e alla chitarra e Alessandro Turchet al contrabbasso.
Il debutto sarà per sabato 18, alle 21, al caffè Caucigh di via Gemona a Udine. Prevista una tappa triestina il 10 dicembre alla Casa della Musica.
Lei si è laureato con una tesi sulla Beat Generation. Curioso.
«Sono sempre stato un gran divoratore dei libri di Kerouac e di Ferlinghetti, poeta straordinario, un periodo americano di fascino pazzesco. In fondo il loro scrivere lo si può considerare jazz. Nessuno aveva il talento del fenomeno americano nato nel 1929 a Yale, eppure senza droga non ce la faceva proprio a stare. Una vita meravigliosa e disperata. Baker era un seduttore e molte anime convivevano in lui: il genio e l’eroinomane».
Baker morì ad Amsterdam, ma la dinamica non è chiara.
«Già. Chissà se si buttò o cadde dalla finestra di quell’albergo. Venne anche in Italia, ma fu arrestato e rinchiuso nel carcere di Lucca. E così ne approfittò per imparare l’italiano. Chet si rinchiuse nel bagno di un casello autostradale: non vedendolo uscire gli impiegati chiamarono la polizia. E gli fu trovata addosso parecchia droga».
Gli andò peggio quando non pagò gli spacciatori.
«Al terzo sollecito qualcuno gli spaccò i denti. E un trombettista senza denti non va lontano. Come se a un batterista gli togli le falangi. Gli capitò pure di vendere la tromba per i debiti con la solita gentaglia. Prima di essere risucchiato all’inferno, Baker vantava una fama notevole e una certa ricchezza. La bellezza e l’estro lo aiutarono a emergere. Ahimè, non bastarono a tenerlo sano e felice».
Lorenzo, si legge anche di una sua amicizia con il grande clarinettista Tony Scott.
«Antonio Sciacca, eccome no. Poi in America divenne Scott. Non sono un musicista, questo no, però del jazz ne subisco il fascino. E non posso dimenticarmi di un film straordinario qual è “Round Midnight”, di Bertrand Tavernier», che racconta di un sassofonista americano che si esibisce a Parigi. Negli anni Cinquanta molti jazzisti Usa scelsero l’Europa perché si stava meglio da noi».
C’è qualche novità sul fronte cinematografico e televisivo? La ricordiamo in “Un caso di coscienza” e ne “La porta rossa”, serie di grande successo della Rai ed entrambe girate a Trieste.
«Già. Sono ricordi belli. Come l’amico Sebastiano Somma, che interpretava l’avvocato Rocco Tasca, un vero signore della scena. Arrivando al presente, ho appena finito di girare a Stoccolma una serie con protagonisti due fratelli truffatori. Non è ancora ufficiale, ma sarò anche nel cast della seconda stagione di “Libera” con Lunetta Savino».
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