Settant’anni fa moriva Pietro Modotti, maestro dimenticato dei fotografi friulani

“Carneade, chi era costui?” si domanderanno molti lettori.
Nato a Udine nel 1869 in una famiglia contadina di porta Gemona, Pietro Saltarini Modotti fu un illustre fotografo autodidatta (alla visita di leva del 1889 risultò pizzicagnolo), raffinato interprete della realtà, abile saggista e polemista su riviste specializzate, geniale inventore di nuovi strumenti e conoscitore della lingua inglese.
Nel 1898 sposò Maria Huber a Cormons (allora dell'Impero asburgico), che gli diede quattro figli: Fanny (1899), Cora (1900), Dino (1904) e Lucio (1908). Morì a Udine nel 1950.
Dopo trent'anni di oblio, la sua talentuosa figura fu riportata alla luce da Italo Zannier in “Fotografia in Friuli 1850-1970” (Chiandetti, Reana 1979).
Il rapporto parentale con la famosa Tina, sua nipote, era stato per la prima volta rivelato, o meglio supposto, da Mildred Constantine in “Tina Modotti. A fragile life” (New York, 1975), biografia illustrata, a pagina 23, con la fotografia un un bambino, fratello di Tina, firmata P. Modotti: “Perhaps a relative who interested Tina in the camera”, scrisse la Constantine, forse un parente che iniziò Tina alla fotografia.
Noi, sulla scorta di quell'intuizione, indicammo l'archivio di Pietro come possibile fonte di immagini per far luce su “L'infanzia di Tina Modotti” (“Corriere del Friuli” ottobre 1979), ma nessuno si mosse.
L'ipotesi della studiosa americana trovò nel 1980 l'autorevole verifica di Italo Zannier, che nel terzo tomo dell'Enciclopedia monografica del Friuli Venezia Giulia (parte terza, pagina 1890) scrisse: “Pietro Modotti era zio della mitica Tina (…) che certamente aveva frequentato lo studio, assimilando forse la passione dello zio Pietro, nel cui grande atelier si incontravano molti giovani di Udine e provincia, che andavano “a bottega” a pagamento, visto che apprendevano un mestiere”: fra questi Silvio Maria Bujatti.
Nel 1992 nuove ricerche ci consentirono di conoscere l'esiguità dell'archivio personale di Pietro Modotti, ridotto a una ventina di positivi e pochi documenti conservati nello studio di Via Carducci dal fotografo Luciano De Giorgio.
Quei materiali furono tuttavia sufficienti per documentare e illustrare una biografia in volumetto (“To analogon”, numero10, Ribis, Udine 1992) e per una mostra itinerante nel 1993 (Pordenone, Udine, Gemona, Spilimbergo) organizzata da Cinemazero, che dedicò poi a Pietro una bacheca nell'ambito della mostra “Tina Modotti. Hasta mañana” aperta a Firenze.
Quella mostra, aperta a Udine in Largo delle Grazie, rivelò il valore di Pietro Modotti anche a illustri studiosi americani: Amy Conger, Rosa Casanova e Robert D'Attilio, invitati al Convegno di studi su Tina Modotti.
Amy Conger ci invio allora copia di un delizioso ritratto di bambina firmato Pietro Modotti, premiato negli States e riprodotto su “American Photography” nel 1926.
Nei primi vent'anni del Novecento la famiglia di Tina emigrò gradualmente in California, portando con sé i ritratti eseguiti da Pietro, che oggi stanno in collezioni americane. Fra essi ce n'è uno di Tina a mezzo busto di tre quarti, collocabile nella primavera del 1913, che anticipa altri simili eseguiti a San Francisco qualche anno più tardi (“Tina Modotti. La nuova rosa”, Forum, Udine 2015, pagina 83).
Nel 2019, infine, Walter Liva poté esporre alla mostra di Lestans un positivo di Pietro Modotti che ritrae la diciassettenne Tina poco prima della partenza per l'America.
Ma il nostro fotografo, maestro di fotografi, è importante per il Friuli non per la sua parentela con Tina, che dovrebbe interessare soltanto i biografi della nipote, bensì per quanto ha fatto nell'arco di sessant'anni, dapprima nel grande studio di Via Villalta 23, poi, nel nuovo secolo, in Via Carducci 10, autodefinendosi, negli inserti pubblicitari, “operatore della scuola inglese”.
Per questo, nel settantesimo della morte, ci auguriamo che il Comune di Udine voglia onorarlo prossimamente con un'approfondita ricerca e con una mostra.
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