Premio Terzani, la forza della montagna

La consegna del riconoscimento a Wael al-Dahdouh e Safwat al-Kahlout. Dai due giornalisti un appello: «L’Europa rompa il silenzio su Gaza»

Fabiana Dallavalle
I giornalisti Wael al-Dahdouh e Safwat al-Kahlout a Udine (foto Luca D'Agostino)
I giornalisti Wael al-Dahdouh e Safwat al-Kahlout a Udine (foto Luca D'Agostino)

«Il Premio Internazionale Terzani e questo incontro di oggi possono rappresentare una rottura del silenzio su Gaza e su quanto sta accadendo. Sono segnali di speranza che ci danno forza e pazienza soprattutto se si considera che ci sono persone nel mondo che sentono la nostra sofferenza e apprezzano i nostri sforzi e il prezzo che noi paghiamo al fine di trasmettere la verità».

Sono le parole di Wael Al Dahdouh, che insieme al collega Safwat Al-Kahlout, alla giornalista Paola Caridi, all’attivista Gianluca Costantini e a Angela Terzani Staude, sabato 10 maggio hanno incontrato la stampa, prima della serata in onore dei giornalisti e delle giornaliste di Gaza, al Teatro Nuovo Giovanni da Udine.

Al Dahdouh, è per tutti diventato Al Jabal, la “montagna” per la sua capacità di resistenza non solo nella missione quotidiana di raccontare quello che succede nella Striscia, dov’è capo dell’ufficio di corrispondenza di Al Jazeera, ma anche per il dolore indicibile che chiaramente lo abita, causato dalla perdita di 14 stretti congiunti, fra i quali la moglie e 3 figli.

Ferito, evacuato nelle ultime settimane da Gaza per potersi curare, parla con estrema chiarezza di “Guerra di Genocidio” e della grande sfida morale posta oggi all’Unione Europea, nel nome dei suoi valori di civiltà: «Tutto accade in presa diretta davanti agli occhi dei cittadini del mondo, delle istituzioni, dei governi. Talvolta le guerre e gli eventi possono presentare qualche margine di ambiguità: ma quello che sta accadendo ai 2.400.000 cittadini di Gaza, stretti in 370 km2 e senza aiuti umanitari da 70 giorni, passa davanti agli occhi di tutti».

«Perché l’Europa non si è aperta, nelle sue case, nei confini, come ha fatto per l’Ucraina, dando al mondo il segno del valore dei diritti umani alla base dell’Europa?», la domanda di Safwat Al-Kahlout, “Colomba d’oro per la pace” 2024, dal 2010 impegnato per Al Jazeera prima come producer, poi come giornalista a Gaza.

«Perché questi stessi valori sono congelati per Gaza. È per il colore della pelle e perché i nostri occhi non sono chiari? Nessun passo serio è stato fatto per noi. L’indifferenza uccide come le bombe».

Senz’altro un segno necessario quello del Premio Terzani, giornalista la cui vita professionale testimonia l’inarrestabile desiderio di dire la verità, di non tacere, «Un riconoscimento che la Giuria del Premio Terzani, ha quest’anno deciso di conferire alle giornaliste e ai giornalisti uccisi a Gaza, oggi più di 214. Perché non si può più restare in silenzio», ha sottolineato la presidente della Giuria del Premio, Angela Terzani Staude. «Un silenzio che da giornalista mi ha fatto sentire molto sola – il commento di Paola Caridi – un silenzio che ha fatto male al giornalismo italiano. Adesso qualcosa si sta muovendo. Spero che questa storia di silenzio si concluda qui. Se muore Gaza muore l’Europa».

«Oggi – ha osservato ancora Al Dahdouh - ci aspettiamo molto anche dal nuovo Papa, Leone XIV: può fare tanto, la sua voce e il suo intervento possono avere un effetto molto forte sui governi di tutto il mondo per influire sul comportamento dei governi con passi concreti e intanto mettere fine alla guerra e ai bombardamenti. Potrebbe essere un primo passo, gli altri seguiranno dopo la fine guerra. Lo stesso credo dovrebbero fare le istituzioni, a partire dall’Unione Europea. Così come dai governi e dai colleghi giornalisti di tutto il mondo, per esprimere vera solidarietà ai giornalisti diventati bersaglio a Gaza. Oltre 20mila vittime hanno perso la vita praticamente in diretta e decine di medici sono stati uccisi mentre svolgevano il loro lavoro negli ospedali. Intanto viene usata anche l’arma della carestia contro la popolazione di Gaza. Una guerra senza precedenti per il target delle vittime e che non è diretta solo contro le istituzioni islamiche ma anche contro i simboli del cristianesimo a Gaza, contro gli ospedali, contro le scuole dove la gente sfollata cerca rifugio e un tetto. Quanto a noi giornalisti, stiamo pagando un prezzo tragico e senza precedenti per il nostro ruolo: non siamo parte del combattimento, ma siamo vittime – uccisi, feriti, arrestati - perché svolgiamo il ruolo umanitario dell’informazione».

Dei 214 giornalisti palestinesi morti, 170 sono stati ritratti da Gianluca Costantini. I loro volti sono diventanti anche un video «di 40 minuti di giornalisti uccisi», ha spiegato Costantini. Il video è stato trasmesso durante il Festival (in San Francesco) e durante la serata del premio condotta ieri sera dal giornalista Marco Damilano in dialogo con i giornalisti Warel Al _Dahdouh, Safwat Al-Kahlout, Paola Caridi, Francesca Mannocchi, Stefano di Bartolomeo, le letture tratte dal libro “Il loro grido è la vostra voce” (Fazi) a cura degli attori i Alessandro Lussiana, Valeria Perdonò, Massimo Somaglino, gli interventi musicali del Vicino/lontano ensemble e la regia di Massimo Somaglino.

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