«Quell’indipendenza è un colpo di stato»
Il racconto della friulana Laura Volpe dalla confinante Valencia «Non c’è oppressione, le norme esistono per essere rispettate»

«L’indipendenza della Catalogna? Un colpo di stato». A esprimersi così sulla logorante partita a scacchi tra Generalitat e Governo spagnolo è Laura Volpe. «Friulana doc», come ama definirsi, dal 1989 è direttrice dell’unica scuola di lingua e cultura italiana di Valencia, il Centro Giacomo Leopardi, che ogni quattro mesi ospita circa trecento studenti, organizzando attività culturali, gastronomiche e turistiche relative al Bel paese. «Qui facciamo conoscere l’Italia in tutto e per tutto. Una volta si imparava la lingua per cultura personale, ora le persone hanno capito che con l’italiano possono trovare un lavoro». Volpe, nata a Palmanova del Friuli nel 1953 da genitori friulani, è Cavaliere della Stella della solidarietà italiana e tutor dell’Università di Valencia. Approdata per la prima volta nella penisola iberica nel 1977 come studentessa, si trasferì definitivamente nel 1981, costruendo una brillante carriera nel campo dell’insegnamento. Vivendo nella comunità confinante con la Catalogna, ci espone il suo punto di vista sull’indipendentismo.
«Non c’è nulla di democratico in ciò che è accaduto. I catalani non sono un popolo sottomesso, né tantomeno la corrente indipendentista possiede la maggioranza. In Spagna i diritti ci sono. Chi non ha vissuto la transizione fa fatica a capire». Volpe si riferisce al passaggio dal regime di Francisco Franco alla democrazia, avvenuto sotto forma di monarchia parlamentare. Dopo la morte del dittatore del 1975 e l’incoronazione di Re Juan Carlos I di Borbone voluta in precedenza dallo stesso Franco, il regime auto decretò la sua fine e nel 1978 fu ratificata la nuova costituzione. «La monarchia era l’unica via d’uscita - dice Volpe -. Juan Carlos è stato un re molto aperto, che ha offerto notevoli autonomie alle comunità. Fu poi fondamentale per reprimere nel 1981 il tentativo di colpo di stato per mano di una parte della Guardia civil. Suo figlio Felipe VI ora rappresenta al meglio l’unità di Spagna, uno stato che non è oppressore come qualcuno vuol far credere».
Il “Desafío (sfida) independentista”, che pretende una Catalogna repubblicana indipendente dallo stato spagnolo, si è ingigantito negli ultimi anni, complici la crisi economica e la sentenza del Tribunale costituzionale che nel 2010 ha definito incostituzionale parte del nuovo statuto della comunità autonoma catalana, promulgato quattro anni prima con il consenso del governo socialista di Zapatero. Lo scontro fra governo centrale, ora amministrato dal Partito popolare, e governo catalano, è giunto al culmine nell’ultimo mese. Dopo il referendum illegale del primo ottobre, gli scontri tra popolazione e Guardia civil, gli arresti di due rappresentanti della corrente indipendentista, la fuga di centinaia di aziende dalla Catalogna, la dichiarazione di indipendenza e l’accusa di sedizione e ribellione nei confronti dell’ormai ex presidente Carles Puigdemont, il 21 dicembre ci saranno nuove elezioni.
«Le norme esistono per essere rispettate - conclude Volpe -. È stata fatta una grande campagna di indottrinamento, fino a sostenere che figure come Colombo, da Vinci o Cervantes erano catalani. Non ho nulla in contrario a preservare la ricchezza di una lingua, ma allo stesso tempo sono contraria nell’imporla. In Catalogna si parla di democrazia, ma ciò che vedo è un nazionalismo ingannatore che vuole creare nuove barriere. I pessimi risultati sono sotto gli occhi di tutti».
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