L’università di Udine e l’orrore dei lager: “A Dachau ero il numero 123343”

I miei studenti di Storia contemporanea del Dams di Gorizia per conto dell’Università di Udine, hanno realizzato il multimediale “L’ultimo Sonderkommando Italiano, a Dachau ero il numero123343”, mettendo in luce la terribile realtà dei campi attraverso la testimonianza di un sopravvissuto.
Nulla di nuovo, apparentemente, ma tante nuove emozioni che li hanno lasciati senza fiato. Una cosa è certa: indagare in prima persona, per i giovani è importante, quanto per i docenti dare stimoli e opportunità.
Infatti è doverosa e continua a essere inderogabile una presa di coscienza su quanto avvenne nei lager nazisti, comprendere fino in fondo qual è l’ideologia che li ha resi possibili, che cosa c’è dietro i campi della vergogna, qual è l’aberrazione con cui deve fare ancora pienamente i conti l’intera umanità. Nei campi furono deportati 12 milioni di persone e 11 milioni furono sterminati, tra inenarrabili torture e sofferenze.
I lager creati inizialmente per eliminare gli oppositori politici divennero poi luogo di segregazione e di riserva di manodopera e in ultimo di sterminio, il luogo della soluzione finale degli ebrei, degli zingari, dei testimoni di Geova, degli omosessuali, dei malati di mente, degli asociali. Rappresentano un tassello fondamentale di un agghiacciante progetto molto più complesso di “arianizzazione”, di “germanizzazione” e di “omogeneizzazione” dei popoli via via occupati dalla Germania nazista e di eliminazione dei “diversi”.
Dal 1933 al 1945 furono creati circa 7 mila luoghi di detenzione suddivisi in Campi Principali (Madre), sottocampi, comandi esterni, centri di raccolta, centri di transito. A questa divisione se ne deve aggiungere una successiva in campi di concentramento e di sterminio
Sebbene tutti i lager si somigliassero, venivano costruiti in luoghi isolati, in prossimità di linee ferroviarie e di strade, avevano al loro interno il comando, gli alloggiamenti delle SS, il piazzale dell’appello e il lager vero e proprio con gli agglomerati di baracche, e successivamente alcuni le camere a gas e il forno crematorio, ogni campo aveva una sua struttura e una sua peculiarità di insediamento e di utilizzo e di eliminazione degli internati.
L’organizzazione interna, il vestiario, i contrassegni, la volontà di spersonalizzare gli internati, di annullarli nella loro umanità e di eliminarli fisicamente era la medesima in tutti i campi, ma le modalità di sfruttamento e di soppressione fisica a volte si diversificavano da campo a campo ed erano legati alla loro struttura.
In uno studio effettuato per la realizzazione di una mostra, non ancora pubblicato, sono stati analizzati i principali campi: prendendo in esame l’intimo abominevole legame tra la struttura abitativa e lavorativa e la vita all’interno dei lager nazisti di Auschwitz-Birkenau, Belzec, Bergen Belzen, Buchenwald, Dachau, Flossenburg, Majdanek, Mauthausen, Ravensbruck, Sobibor, Terezin, Treblinka, non ci sono grandi novità storiche, ma agghiaccianti conferme.
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