Simone a Udine: «Trump e i fattoidi, l’attacco alla cultura segna la fine del sapere razionale»

Il linguista ospite al festival vicino/lontano: «Nel tempo della post verità, si impone un nuovo ciclo basato su teorie indimostrabili e sospetto verso l’intelligenza»

Mario Brandolin

Fake news spacciate e credute come vere, una comunicazione spesso drogata, il più delle volte manipolata dai media asserviti al potente di turno: è il tempo della post verità, in cui si è indebolito quando non venuto meno il criterio di autorità che dovrebbe garantire la validità dell’informazione. Ed è così, ad esempio, nell’“Evo di Trump”, come sostiene il professor Raffaele Simone che proprio sull’Attacco di Trump al sapere terrà la sua lectio magistralis domani 11 maggio alle 18 nell’Oratorio del Cristo a Udine per il festival vicino/lontano, “evo” in cui si sta clamorosamente consolidando il passaggio dai fatti ai “fattoidi”, che Trump chiama “fatti alternativi”, soprattutto riguardo a temi sensibili come il cambiamento climatico, i vaccini, l’antisemitismo, i fenomeni della politica internazionale: chi è l’aggredito chi l’aggressore? … fino a negare l’evidenza di inconfutabili verità scientifiche e a incoraggiare la svalutazione/delegittimazione degli specialisti. Al professor Simone, linguista e saggista di fama internazionale, abbiamo chiesto di darci qualche anticipazione sul suo intervento a Udine.

«Innanzitutto cercherò di mettere insieme la grande quantità di manifestazioni di sospetto e avversione che l’amministrazione di Trump sta mostrando verso il mondo del sapere, della scienza e anche delle arti. È ben noto quello che sta facendo verso le università: la Columbia è stata la prima ad essere minacciata di tagli ai fondi e ha dovuto arrendersi, adottando delle norme che sono conformi a quello che Trump chiede; Harvard sembra resistere anche perché è una delle università più ricche del mondo, con un fondo di 50 miliardi di dollari, cifra inimmaginabile».

Quale è il fondamento ideologico, se così si può dire?

«Ci sono diversi ideologi e teorici che lo suffragano in questa sua politica, come l’italo americano Chris Rufo molto agguerrito e aggressivo nel sostenere che le università sono il nemico, che i professori sono il nemico. Un atteggiamento anti-intellettualistico tipico della tradizione americana, ma oggi particolarmente violento. A Udine descriverò alcuni di questi fatti, inquadrandoli proprio nella tradizione dell’anti-intellettualismo americano. Una tradizione per cui tutti coloro che vivono di intelletto sono guardati fuori dal loro ambiente con un atteggiamento di sospetto».

Da dove e perché viene questa paura dell’intelligenza e di coloro che la praticano?

«In realtà l’America è un paese che si è creato sulle armi, sulla violenza e sul genocidio dei nativi americani. Non si può dire che sia un paese di cultura. Salvo le isole di cui è dotato come le università i grandi enti di ricerca, le grandi biblioteche e musei. Ciò che sta facendo Trump è in linea con questa tradizione ossia perseguitare gli ambienti in cui si fa uso della mente, in particolare colpendoli selettivamente, ossia quelli che si occupano di cambiamenti climatici, di vaccini, di non discriminazione di genere e di razza, e in questo ha elaborato una sua metodica».

Vale a dire?

«Nella creazione di quello che ho chiamato “fattoidi”, inventando fatti che non stanno né in cielo né in terra e trattandoli come veri, salvo poi smentirli all’occorrenza. Ha raccontato cose che noi sosterremo come bugie frottole madornali».

Ce ne dice qualcuna, tra quelle che ha selezionato per la sua Lectio Udinese?

«Per esempio sostiene che i programmi universitari hanno provocato l’incidente aereo di qualche settimana fa con l’elicottero precipitato nel Hudson. Che era pilotato da una donna. Poi sostiene, mentendo, che l’Ucraina ha iniziato la guerra con la Russia, che Zelenski non è mai stato eletto. Secondo una teoria, la sua, secondo cui è lecito affermare fatti alternativi».

Tutto ciò cosa significa?

«Qui viene la parte più delicata del mio discorso: tutto questo sta a dire che il modello razionalistico aderente alla realtà, di verifica dei fatti, ovvero il modello di sapere che l’Europa ha sviluppato nei secoli e diffuso nel mondo ha finito il suo ciclo. Si sta annunciando un nuovo ciclo che è quello del sapere fatto di cose indimostrabili. Conclude o dicendo che quelli di Trump non sono solo episodi di una personalità politica evidentemente disturbata anche se dotata di un immenso potere, ma il crac che segnala la frattura tra un modello di sapere e un altro».

Come è perché è accaduto?

«Dopo trent’anni di internet e venti di smartphone, il sapere ha cambiato forma e natura. Un fatto può essere del tutto falso e circolare largamente come vero. La cultura dell’indimostrabile è una cultura che ha il suo fondamento nei social e nella rete, i quali diffondono cose indimostrabili, come teorie del complotto, anti vax, teorie contrarie al vero e alla dimostrabilità, creando atteggiamenti di scetticismo, di perplessità e di dubbio generalizzato il che significa non fiducia in nessun tipo di valore».

Si può parlare di attacco alla cultura anche nel nostro Paese?

«La nostra situazione non è del tutto differente da quella americana. Tagli all’università i tagli del personale, la moltiplicazione di figure di docenti, la maggior parte dei quali precari, il fatto che l’Unione Europea stabilisce le tematiche da trattare che poi finanzia: tutto questo dimostra che il mondo della ricerca non è più libero e che in particolare in Italia si va impoverendo con limitazione di risorse, aggravata del fatto che la nostra amministrazione non sprizza cultura da tutti pori, e nel mio discorso ne farò una breve lista, con interventi nostri ministri che annunciano “fattoidi” , tipo che i poveri mangiano meglio dei ricchi e che bere acqua fa male: in scala minore si tratta di trumpismi veri e propri». 

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