Ludovica Burtone: dal violino “ricattato” al jazz migrante che incanta New York

In Migration Tales, la violinista udinese racconta l’identità e la resilienza attraverso le voci di donne immigrate: un viaggio musicale intenso e universale, tra jazz e memoria

Luca D’agostino

«Quando fece gli esami attitudinali al conservatorio venne presa a organo, ma, delusa, mi informò che avrebbe desiderato studiare violino e con fare minaccioso mi obbligò ad andare dall’allora direttore e ne guadagnai una vittoria anche se colma di dubbi, perché ben conoscevo le difficoltà tecniche che quell’intrigante strumento portava con sé. Quindi il violino fu una scelta consapevole e anche un po’ ricattatoria, che la fanciullina non mi diede alternative…»

Inizia così una bella lettera che il padre Rocco Burtone ci ha inviato parlando di suo figlia Ludovica. Aggiungeremmo anche un “meno male” perché ascoltando Migration Tales, il nuovo disco della violinista, compositrice e arrangiatrice, presente sulle piattaforme digitali e acquistabile anche in formato fisico da aprile, che sarà ufficialmente presentato oggi, 10 maggio, alla Casa del Jazz di Roma e il 12 maggio a Palazzo San Sebastiano di Mantova, comprendiamo due cose: innanzitutto quanto la figlia sia riuscita a superare il padre, ma soprattutto la straordinaria capacità di ricerca di Ludovica, in ogni direzione, attraverso il suo strumento (e in questa occasione pure alla voce). Ad accompagnarla in questo nuovo viaggio cinque talentuosi musicisti: Milena Casado (flicorno), Julieta Eugenio (sax tenore), Marta Sánchez (pianoforte), Tyrone Allen II (contrabbasso) e Jongkuk Kim (batteria).

«Questa raccolta di storie musicali nasce dalle esperienze di donne immigrate a New York – racconta Ludovica –. È un album dedicato a chi si sente sospeso tra due mondi, a chi cerca un luogo dove sentirsi a casa e a chi trova la forza nel proprio percorso. Un omaggio al coraggio e alla resilienza di tutti gli immigrati. Ogni brano racconta un aspetto diverso di questo viaggio, esplorando l’identità, la perdita e il senso di appartenenza. Il 2023, per me, è stato un anno di profonda trasformazione, ricco di sfide, dolori e opportunità. Questo progetto è nato in quei mesi intensi ed emozionanti». Violinista stilisticamente crossover, compositrice e arrangiatrice ardimentosa, poliedrica e creativa, sensibile e spregiudicata, Ludovica Burtone è una musicista totale. Di Udine, ma di stanza a New York da quasi dieci anni, l’artista friulana spazia con grande disinvoltura dalla musica colta alla musica popolare brasiliana, fino a giungere al jazz in tutte le sue svariate declinazioni stilistiche. Grazie alle sue preziose qualità artistiche, condivide il palco con numerosi musicisti di rango mondiale come Ron Carter, Jon Batiste, Melissa Aldana, Arijit Singh, Mary Halvorson, Dream Theater, solo per elencarne alcuni. Dopo il suo album di debutto, Sparks, un’opera profondamente personale che racconta il suo viaggio dall’Italia agli Stati Uniti, scritta per quartetto d’archi e trio con pianoforte, Ludovica presenta ora il suo secondo album, composto per sestetto con flicorno e sax tenore, realizzato con il supporto della Café Royal Cultural Foundation e di New Music USA.

«Papà, devo andare – prosegue il racconto di Rocco –. Devo andare a Boston, mi hanno preso a Berklee».

«Per chi non lo sapesse – aggiunge –, Berklee College of Music è forse la più importante università musicale del mondo. E mia figlia aveva vinto la borsa di studio per frequentarla…»

Ora Ludovica ci conquista da tempo con la sua profonda musica e progettualità, conquistandoci ad ogni ascolto. Se poi volete conoscere ulteriori aspetti della sua vita, il padre lo troverete a Udine, sorridente e sornione come al solito. 

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