L’aquila del Friuli che risorge dalle macerie come l’araba fenice

Si blasona d’azzurro, l’aquila dal volo abbassato d’oro, armata, lampassata e rostrata di rosso: è la bandiera del Friuli. Le sue origini risalgono all’epoca del Patriarcato di Aquileia. L’aquila d’or...

Si blasona d’azzurro, l’aquila dal volo abbassato d’oro, armata, lampassata e rostrata di rosso: è la bandiera del Friuli. Le sue origini risalgono all’epoca del Patriarcato di Aquileia. L’aquila d’oro in campo azzurro, linguata e zampata di rosso, volta a sinistra, con le ali spiegate: è lo stemma del principato aquileiese. Quest’aquila è già presente sulle monete patriarcali di Bertoldo di Andechs, di Volchero, di Ottobono e di Bertrando di San Genesio, campeggia sul prezioso drappo di seta azzurra, oggi conservato nel Museo del Duomo di Udine, un tempo cucito sul camice funerario del Patriarca oriundo francese. Azzurro, oro, rosso, sono colori araldici, smalti e metalli, d’antica memoria.

L’aquila patriarcale li utilizza tutti. Questa figura araldica presenta notevoli analogie, non solo iconografiche e cromatiche, ma anche, e soprattutto, semantiche, con l’araba fenice, il favoloso uccello sacro, caro al mito greco, capace di rinascere dalle proprie ceneri dopo la morte. Ab immemorabili simbolo archetipo di morte e resurrezione, raffigurato con la corona di Atef, o effigiato con l’emblema del disco solare, il Bennu dell’antico Egitto, talvolta simile a un passero, altre volte somigliante a un airone cenerino, è documentato nella Bibbia, nel libro dell’Esodo, un testo databile al VI -V secolo avanti Cristo; attraverso una metamorfosi figurativa, ma non semantica, questo uccello è divenuto, nell’iconografia relativa al mito greco, un’aquila reale.

In tali sembianze è citato, a esempio, da Erodoto, il primo che colloca il nido dell’animale in terra d’Arabia, di qui, infatti, viene alla Fenice l’appellativo di araba. Il piumaggio dell’araba fenice, proprio al mito classico, è variamente colorato; il collo è d’oro, le piume del corpo sono rosse, la coda è azzurra.

Dotata di un lungo becco affusolato e di lunghe zampe, il mitico animale presenta alcune penne rosee, le ali sono in parte d’oro e in parte di porpora, due lunghe piume, una rosa e una azzurra, scivolano morbidamente dalla testa del volatile; altre volte, queste sono erette sulla sommità del capo; infine tre lunghe piume pendono dalla coda piumata, una è rosea, una è azzurra, la terza è di colore rosso-fuoco. “Post fata resurgo, dopo la morte torno a alzarmi”, come l’araba fenice, fedele al relativo motto latino, e in linea di continuità semantica con questo, il Friuli del dopo terremoto, si è dimostrato perfetta effigie del proprio antico archetipo iconografico, ha saputo ri-nascere dalle proprie ceneri, ri-costruendo una dimensione culturale prima che materiale; oggi, nel quarantennale del terremoto del maggio settembre 1976, è opportuno ricordare la tragedia, e insieme a ciò, celebrare la stagione della rinascita, dando a quest’ultima, continuità, entro una prospettiva futura capace di strutturare virtuosamente la valorizzazione e la gestione sostenibile del ricchissimo patrimonio storico, artistico, architettonico, etno-antropologico, paesaggistico, e archeologico, regionale, finalizzando l’azione allo sviluppo delle innumerevoli potenzialità di cui il nostro Friuli è ricco.

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