L’antica Aquileia cristiana nei tre appuntamenti insieme a Glesie Furlane

UDINE. Il cinquantesimo dell’associazione Glesie Furlane diventa occasione di riflessione e di domande. Una ricorrenza vissuta nella contemporaneità, guardando alla storia in relazione al presente e alla persona nella sua totalità.
Prima iniziativa di questo anno significativo, tre incontri che scaturiscono dai tre capisaldi della radice identitaria cristiana aquileiese, testimoniati da Rufino, e che guardano, come dice il titolo del progetto, in due direzioni: “Le origini di una storia. Il futuro di un’identità”.
Spiega Gabriele Pellizzari, curatore degli incontri: «Il trattato di Rufino è il primo documento che attesta l’esistenza di un cristianesimo aquileiese vero e proprio, distinto da ogni altro, che in realtà precede di molto Rufino, essendo una storia inaugurata dai maiores nostri».
La datazione della nascita del cristianesimo di Aquileia sarà una delle domande affrontate nei tre incontri, volti a «presentare “le radici delle radici”, ossia l’origine dei tre assiomi che caratterizzavano il cristianesimo aquileiese, cercando di capire se queste radici siano o meno ancora vitali nella contemporaneità.
Per i friulani di oggi, alle prese con le sfide culturali e ideali di quest’epoca, protestarsi aquileiesi è uno sciocco anacronismo o conferisce e definisce un posto nel mondo?».
Si comincia domenica 17 marzo con “Invisibile e impassibile”, alle 15.30 ad Aquileia, in sala consiliare, con Gabriele Pellizzari che indicherà una strada possibile: «Abbracciando il paradigma aquileiese, essere friulani oggi potrebbe significare avere il coraggio di idee forti in un’epoca di relativismi, di pensiero debole e, soprattutto, di pensieri deboli».
Secondo incontro con Irene Barbotti il 21 aprile, alle 15.30, a Venzone, in sala consiliare dal titolo “La risurrezione di questa carne”. Spiega Pellizzari: «In un’epoca che pone il corpo al centro della propria antropologia, che tramite il corpo identifica e che sul corpo interviene perché esso corrisponda all’identità, la tradizione aquileiese ha già in sé tutte le coordinate necessarie per dialogare alla pari».
Infine il 3 maggio alle 15.30, all’Università di Udine, in sala Gusmani, Stefano De Feo affronterà “Discese agli inferi”. «Aderendo al paradigma aquileiese – riflette Pellizzari –, essere friulani potrebbe significare oggi avere il coraggio di capire e affermare che nessuna storia, nemmeno quella santa narrata dalle Scritture, è priva di vergogna e che nessuna storia può essere cancellata se si vuole proporre una visione di futuro credibile».
Don Romano Michelotti, presidente di “Glesie Furlane” ricorda una giornata indelebile: «28 agosto 1974 è la data emblematica, assunta come inizio ufficiale dell’attività dell’associazione, sancita da una protesta chiara, pacifica e inimmaginabile.
Il vescovo Battisti, insediato da poco più di un anno, e l’ausiliare Pizzoni avevano invitato il clero della Carnia a un incontro nella Pieve di San Pietro a Zuglio. Un gruppo di preti richiesero di celebrare la Messa in friulano. La richiesta fu negata dai vescovi. A quel punto, dopo aver deposto un documento sull’altare maggiore, uscirono di chiesa per protesta».
Glesie Furlane è nata nei primi anni ’70, sulla spinta del Concilio Vaticano II, agli albori della teologia della liberazione e nel contesto politico-culturale della presa di coscienza dell’autonomismo friulano.
Pochi anni dopo il Concilio, era sorta la necessità di conoscere meglio la storia e la vita del popolo friulano: «C’era bisogno – continua don Romano – di una chiesa maggiormente incarnata, di un Vangelo e di una fede che avessero il sapore della nostra terra, e dell’ingresso legittimo della nostra lingua e del nostro canto nella liturgia».
Obiettivo dell’associazione è studiare, promuovere e valorizzare con ricerche, pubblicazioni e incontri, la dimensione religiosa nella cultura friulana, partendo da fonti storiche o dalla realtà contemporanea.
Osserva don Romano: «La globalizzazione ci spinge ancora di più a rimanere con la gente, a difendere identità, storia, cultura, lingua, fede, per non essere annientati da questo grande frullatore che tutto appiattisce, macina rendendo più povera l’umanità. Non per creare steccati o per mettersi in competizione con altre identità, ma per dialogare fraternamente».
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