La rivista La Panarie taglia il traguardo dei primi cento anni di vita e di racconto del Friuli
Il primo numero apparve per la prima volta nel gennaio 1924, ha saputo e continua a essere testimone dei fermenti sociali, politici e culturali della regione

Con il numero 220, La Panarie taglia il nastro dei primi cento anni di vita. Apparsa nel gennaio 1924 grazie a una felicissima intuizione di Chino Ermacora, ha saputo e continua ancor oggi a essere testimone autorevole dei fermenti sociali, politici e soprattutto culturali della regione, divulgando al contempo le eccellenze di una terra ricchissima ma discreta.
E non poteva esserci miglior penna di Antonella Sbuelz a cui affidare la firma dell’editoriale di questo numero così speciale! Con la sua delicata profondità, la scrittrice analizza la ricchezza e al contempo la fragilità delle terre di confine, rimarcando l’«estremo bisogno di spazi di riflessione critica, di pensiero costruttivo, di confronto creativo» in questa «complessità inquieta dei tempi che stiamo vivendo e che prospettano orizzonti inediti».
Per riflettere, dunque, si parte dalla bellezza dell’arte visiva: Barbara Sturmar incontra Sergio Altieri ed è anche l’occasione per ricordarne anche il maestro Gigi Castellani.
Fabrizio Zanfagnini ci fa scoprire la curiosissima figura di Jacum Pitôr, artista “di strada” e naïf che ha lasciato diverse opere – sacre e profane – in giro per la regione. Invece una nuova lettura, da parte di Nadia Danelon, di un affresco di Gianbattista Tiepolo apre scenari interpretativi inusitati riguardo alle opere del pittore patriarcale.
Giulio Tavian ci accompagna invece a scoprire la Udine frizzante e vivace di fine Ottocento attraverso le attività del Circolo Artistico Udinese, che in soli sette anni di vita riuscì ad animare la città con mostre, letture, pubblicazioni e concerti. Una vivacità che si rivede oggi nei lavori che i ragazzi delle scuole medie hanno presentato al concorso indetto da Fondazione Friuli e Friulistoria, dedicati a studiare la grande storia attraverso le piccole storie di famiglia.
Enrico Petris analizza il tema del cristianesimo distopico nei romanzi di Elio Bartolini, mentre Flaviano Bosco continua a rampognare Italo Calvino per le manipolazioni compiute sui testi originali utilizzati come fonti per la raccolta delle Fiabe italiane. Valter Zucchiatti ci lascia l’acquolina in bocca con una ricerca storica ed etnografica sulla minestra di fave friulana, mentre Elio Varutti ci riporta nella cornice della Seconda guerra mondiale ricordando la discussa figura del comandante Globočnik.
Non mancano le Pillole di teatro e di cinema curate da Francesco Cevaro, e ricco in questo numero è lo spazio dedicato alle recensioni: Sergio Sarti, Corrado Augias, Claire Dederer e altri autori vengono presentati attraverso i loro libri.
L’angolo della marilenghe vede imperversare il riflessivo sarcasmo di Zuan e Pieri, mentre l’“ustîr” di Contecurte Raffaele Serafini seleziona alcuni tra i più bei racconti brevi in marilenghe.
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