La propaganda nazista nell’Ozak: se ne parla in un convegno all’Università di Udine

“Organizzazione, violenza e collaborazionismo nel primo anno del Litorale Adriatico”, orevista la partecipazione di storici italiani, sloveni, croati e tedeschi

Giuseppe Mariuz
La sede del comando militare tedesco in via Aquileia a Udine
La sede del comando militare tedesco in via Aquileia a Udine

UDINE. È noto che, all’indomani dell’8 settembre 1943, i nazisti istituirono la Zona di Operazioni Litorale Adriatico (Ozak) comprendente le province di Udine, Gorizia, Trieste, Pola, Lubiana e Fiume, sottoponendola al diretto comando del Gauleiter della Carinzia Friedrich Rainer.

Ampi studi sono stati compiuti soprattutto sugli aspetti militari e di violenza e repressione, mentre è passata in secondo piano la dimensione propagandistica e culturale del nazismo e la ricerca di vaste aree di consenso attraverso il collaborazionismo con gli occupanti.

Su questi temi mercoledì 22 novembre, dalle 15, e giovedì 23 novembre si terrà all’Università di Udine il convegno “Organizzazione, violenza e collaborazionismo nel primo anno del Litorale Adriatico” con la partecipazione di storici italiani, sloveni, croati e tedeschi. Abbiamo intervistato Massimo De Sabbata, ideatore del convegno assieme a Paolo Ferrari.

Nelle loro azioni di propaganda, i nazisti come cercavano di dare segnali di normalità?

«La propaganda nazista cercava di coniugare il controllo minaccioso sulla popolazione con la promozione di un'idea di normalità o, quantomeno, della speranza di poter tornare alle condizioni di vita prebelliche. L’apparenza della normalità serviva a non turbare troppo la popolazione e si otteneva anche assicurando il normale funzionamento di alcuni servizi pubblici fra cui l’offerta culturale».

Come veniva rappresentata la cultura e la lingua del Friuli e con quali affinità verso il mondo tedesco?

«La lingua e la cultura friulana furono valorizzate, ma in termini strumentali rispetto al progetto tedesco. In un certo senso si assistette a una rinascita della “friulanità”, raccontata nei suoi aspetti più folkloristici e di serena visione della vita, lontana delle frivolezze della modernità, ma anche lontano dalle dure condizioni di vita del tempo. Tale valorizzazione era funzionale a sottolineare la distanza di queste terre dal resto dell'Italia e avvalorare così il progetto di annessione tedesco del Friuli e dell'intero Litorale Adriatico».

Quali iniziative importanti furono realizzate e con quali mezzi nel mondo dell’arte, della musica, degli spettacoli?

«Nel corso del primo anno di occupazione furono concretizzate numerose iniziative culturali, in continuità con quanto accaduto negli anni precedenti: mostre d'arte organizzate dalle autorità fasciste, stagioni liriche, spettacoli di varietà con protagonisti di livello nazionale, per l’epoca, e giovani promesse che ebbero grande successo nel secondo dopoguerra. Una discontinuità si percepisce, invece, in ambito musicale, nel quale i tedeschi, e i loro collaboratori repubblichini, furono piuttosto attivi organizzando numerosi concerti per i soldati e per la popolazione».

Quali personaggi friulani furono coinvolti?

«Sulle pagine del “Popolo del Friuli” si leggono i nomi degli artisti friulani più noti che accettarono di esporre nelle varie mostre. Ma ciò era in linea con quando accadeva ormai da quasi vent'anni in tutta Italia: era impossibile esporre senza essere iscritti al sindacato fascista degli artisti. Invece, in ambito teatral-musicale friulanista si fecero notare per l'attivismo il compositore Luigi Garzoni e suo nipote Ermes Cavassori, attivo sostenitore dei tedeschi, che subì un processo per collaborazionismo alla fine del conflitto».

Gli sforzi dei nazisti per staccare l’idea del Friuli rispetto al resto d’Italia ottennero qualche risultato?

«Si può dire, in termini generali, che, nonostante l'esito della guerra, il progetto nazista mirò, e in parte riuscì, a modificare la cultura delle popolazioni del Litorale: la propaganda era finalizzata a sostenere lo sforzo bellico nel breve periodo, ma anche a incidere sulla mentalità collettiva. In questo progetto rientrò anche l’utilizzo dell’idea di “friulanità”, che in diversi momenti storici ha assunto significati diversi e che i nazisti cercarono di riempire dei propri».

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