La natura che si risveglia con il gemonese Lorenzo Vale

L’esposizione, aperta fino al 12 giugno (dal lunedì al sabato, con orario 9-12.30, 15-19), ha per titolo “Minima Immortalia”
Valerio Marchi

Si è inaugurata a Portogruaro una nuova e suggestiva mostra di Lorenzo Vale, raffinato pittore gemonese che realizza le proprie opere nello Spazio di via Divisione Julia 6 a Udine e vanta un prestigioso curriculum. L’esposizione, aperta fino al 12 giugno (dal lunedì al sabato, con orario 9-12.30, 15-19), ha per titolo “Minima Immortalia”. Il sottotitolo, poi, l’ha ideato Roberto Davide Valerio, curatore della mostra e proprietario dello Spazio Arte Bejaflor, al centro di un meraviglioso giardino: “Anche se un sol giorno dura il tuo fiorir, l’eterno tornare ti rende immortale”. Chiediamo ulteriori lumi all’artista.

Le piante, i fiori, anche se passeggeri nel loro fiorire, nel loro esibire una fugace bellezza, ritornano sempre l’anno dopo. Come le farfalle. Sono cifre di una sorta di “eterno ritorno”, dunque?

«È proprio così: le cose minime, benché sprigionino solo per breve tempo bellezza, sensualità e passione prima di morire, nel loro ciclico ricomparire rimandano all’eternità».

Possiamo dire che queste sue opere sono un inno alla primavera? In esse vediamo molteplici frangenti in cui la natura si risveglia, con tanti fiori che si mostrano sempre nel loro fulgore, nel loro umile splendore.

«Sì, e in qualche modo segnano un tema, un filone tra i diversi che percorro e che ho voluto racchiudere in questo momento. D’altronde, un altro titolo a cui si era pensato era proprio “Primavera”, perché la trentina di quadri esposti raffigurano tanti giardini che prendono lo spazio di una tela».

E sulle sue tele pare non esserci posto per altro.

«In effetti, nonostante non manchino gli inserti – conigli, uccellini, un cervo, occhi... – è proprio così, parlerei quasi di una sorta di “horror vacui”».

Quale tecniche ha usato?

«I quadri sono soprattutto pitture: a olio, su tela o su tavola, con una preparazione molto particolareggiata che prevede passaggi di velatura di colore. Quindi anche un’artigianalità complessa, per arrivare al risultato».

E poi ci sono alcune incisioni.

«Sono per l’esattezza quattro, sempre sul tema delle piante, dei giardini. In qualche modo richiamano l’“hortus conclusus” medievale».

Ammirando le sue opere, al pari di quelle di altri ottimi artisti (e invidiando anche un po’ – nel senso migliore dell’espressione – tutta questa perizia e creatività), è naturale chiedersi: artisti si nasce o si diventa?

«Io penso che artisti si nasca, e credo che la mia idea di arte sia sempre stata dentro di me. Forse, come diceva Picasso, tutti nasciamo artisti, ma poi solo qualcuno continua ad esserlo».

Come si può definire il suo stile? Si potrebbe forse dire “metafisico”, ma non convince del tutto.

«Non manca l’immobilità metafisica, la volontà di catturare un momento che rimanga eterno. Però mi pare più adeguato un riferimento al realismo magico e onirico».

E quale messaggio è racchiuso nella sua brama di stare nella natura, di contemplare le piccole cose?

«Occorre, appena si può, distanziarsi dal web, dal digitale, dall’artificiale, dirigendosi verso un mondo “altro” per recuperare bellezza, verità, serenità e se stessi in modo diverso da quello che il mondo ci propone»..

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