La magia di Ezio Bosso al Rossetti. E a giorni sarà al Nuovo

Il piú grande dono che un musicista possa regalare al pubblico è se stesso. Superuomo comune, cittadino del mondo pentagrammato di giorno e paladino dello spartito di notte. Il suo lavoro si rivela grazie all'estrema appendice del corpo, accarezzata e colpita in una reazione armonica. Ed è già sul palco ad attenderlo, il Pianoforte Gran coda Steinway & Son. Lo raggiunge il suo amico, fratello, metà. Ezio Bosso. Non servono presentazioni. Basta un Politeama Rossetti tutto esaurito nella serata di domenica sotto un soffitto stellato. E una di queste è caduta proprio tre metri sotto il cielo. L’apertura è l’abituale “Ciao”, dato troppo per scontato. Lo stile è alle origini, anima rock, anzi mod. Non è un semplice concerto, soprese dietro ogni chiave di violino. La prima è proprio il Maestro (mi scuserà per l'appellativo che non sopporta). Mattacchione. Ride e fa ridere, rompendo la barriera tra interprete e platea. È il narratore di un viaggio chiamato vita, ogni tappa una stanza, insegna l'antica teoria orientale. Si parte dalla fine, perché solo uscendo e perdendosi è possibile imparare a seguire: “Following, a Bird” è grande intensità, ricerca di aria nuova in ogni nota. Storie di musica e vita. Potresti ascoltarle per ore, tra lezione e intrattenimento. L’omaggio a Bach e Chopin, con alone di sacralità, si conclude nell'abbraccio del pianista al suo strumento d'amore. Il metronomo non si ferma. “Split, Postcards from far away” è ispirazione generata da un segnale stradale. Il ricordo di John Cage è un paesaggio cieco: prende vita negli occhi di chi ascolta. Luci spente per “Emily's Room”, le “piccole stanze” della Dickinson che si completano con rime di note. Intervallo. Arriva “The 12th Room”. Apice, del concerto come del viaggio. L’ultima tappa, unica in cui si ricorda la prima. Tutta d’un fiato, col rischio di bruciarsi lo stomaco. Quella stanza "troppo piccola per contenermi, eppure immensa e impossibile da percorrere", è dolore e rinascita. I suoni rendono tutto pulsante, le corde del piano sono pizzicate come percussioni. Smorfie e sorrisi, urla e sussurri: 45 minuti che prendono vita e si prendono vita. Tre standing ovation e un bis più tardi, sono tutti un po’ piú Ezio Bosso e Udine già attende il suo concerto del 10 maggio al Nuovo.
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