Jovanotti: «Attacca il giradischi, c’è da divertirsi»

UDINE. Sembrava davvero uno che passava facendosi dimenticare in fretta. Saltellava sui palchi degli Ottanta con un berrettino da baseball sulla zucca e molti di noi pensammo: questo non dura. Lorenzo Cherubini è andato avantissimo, invece.
A leggere in giro, pare che i suoi cinquant’anni - agguantati proprio oggi - siano un evento inaspettato. Succede di raggiungerli a chiunque sia stato destinato a vivere quel tanto così per intascarsi il mezzo secolo. Colpa della prosopopea dei Media, non sua.
I cinquanta di un famoso impongono almeno due parole alla memoria, dense di aggettivi adeguati perché gli anniversari e gli addii vomitano solitamente più retorica dell’indispensabile. Eviteremo la pratica, promesso.
Di tracce jovanottesce, in realtà, lui ne ha lasciate parecchie nella musica. Non ha l’estensione di Claudio Villa, ma non è nemmeno richiesta, per il genere. Il parlato/cantato è perfetto per il rap e anche quando s’avventura nel melodico - A te, Innamorato, Le tasche piene di sassi - vien su quel filo di voce un po’ alla Tenco che si amalgama al pianoforte come la crema al Pan di Spagna. E lo ascolti con l’occhio semichiuso e la mente altrove. Poi, Tenco era Tenco, Jovanotti è Jovanotti. Ognuno ha vissuto l’epoca propria ed è ingestibile affiancarli. Chiaro. Andiamo avanti.
Glisseremo sul nato a Roma il 27 settembre 1966, figlio di Mario e di Viola, bla bla bla. Preferiamo cercare sensazioni piuttosto che nozioni di facile reperibilità. Non so voi, ma quando lo incontrammo virtualmente al tempo - dicevamo poco fa - ci sembrò un ragazzetto in gamba, vitale e forse un po’ eccessivo. Il decennio non fu affatto una culla della cultura, semmai un preoccupante fermo immagine per l’arte, che aveva persino esagerato nei Cinquanta/Sessanta - generando fin troppa immortalità - e negli Ottanta subì la cupezza dell’esistenza popolare.
Però Jovanotti - «volevo fondare un gruppo, i Jovanotti, appunto, ma non trovai il resto dei musicisti e decisi di chiamarmi così ugualmente» - riuscì a farsi sentire alla radio e con la potenza della manopola e di Claudio Cecchetto oltrepassò la collina con un balzo.
For president è il capofila Hip-Hop Rap molto english. È Gimme Five a raggiungere in velocità il branco, buon per Lorenzo che si mette sotto cercando la conferma col successivo La mia moto. «Dai, attacca il giradischi, c’è da divertirsi», è il Jingle di Vai così. Adesso evitiamo di fare i ragionieri che tutto annotano. Jova ne ha collezionati tredici di album, più raccolte e cd live.
Una pila consistente. Lui ci ha buttato dentro l’energia della creatività con un sacco di parole buone per l’impegno: guerre («Non riesco a trovare un motivo per innescarle») cancellazione del debito e pacifismo, con qualche autocelebrazione dolce (la sua Francesca e la sua bimba Teresa) e l’evidenza per le contraddizioni dell’umanità. Ciao mamma guarda come mi diverto è l’inizio di una sarabanda che ci toglie da dosso gli amori sofferti del cantautorato italiano, spedendoci in una dimensione decisamente più light.
Nessuno è mai riuscito a mettere in riga soltanto adulatori e zero detrattori. Chiunque somma amici e nemici, e così è per Jovanotti, però sarebbe ingiusto negargli la sensibilità e la cura dei testi, nulla a che fare con molti intrugli banali di colleghi altrettanto cristallizzati, e una rara privacy educata, che nel tempo dell’esondazione dozzinale vippesca, è un pregio mica da poco.
Ora, ci sia permesso, un piccolo focus campanilistico. Degno, peraltro. Il rapper s’innamorò della poesia di Pierluigi Cappello e ciò significa cuore oltre alle rime. E la sua composizione di La nuvola e il sole, tratta da Ogni goccia balla il tango, improvvisata in un video, è una canzonetta davvero deliziosa.
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