Il viaggio degli affreschi del ’400 nella chiesetta salvata dal fiume

Gli splendidi affreschi tardo-quattrocenteschi di Santa Maria, la chiesa che, “scorrendo sul fiume”, da Bevazzana fu trasportata sino alla pineta di Lignano, hanno virtualmente proseguito il loro avventuroso viaggio e quest’anno sono entrati in scena, nella forma “trasfigurata” di un’inedita Annunciazione, all’interno del Presepe di Sabbia che l’Associazione Dome aghe e savalon d’aur allestisce sull’arenile oramai da oltre un decennio e mezzo.
È la stessa chiesetta a raccontare nei “tagli” visibili sui muri esterni la sua straordinaria (e forse poco conosciuta) vicenda, perché in origine sorgeva sulla riva del Tagliamento, alle cui acque fu sottratta nel 1965-66; quindi smontata e “traslata” nella pineta “delle Colonie” di Lignano dove fu subito ricostruita, pur con radicali e controverse rivisitazioni stilistiche. L’ardita operazione di smontaggio (in micro come i monumenti egizi di Abu Simbel, quando fu costruita la diga di Assuan) e d’impianto nella Città inventata di matrice novecentesca nelle pertinenze dell’allora Colonia Efa-Oda, fu realizzata dalla Soprintendenza ai Monumenti ed Ezio Belluno, che ne diresse i lavori, motivò allora l’eccezionalità di un innesto antico nella modernità urbanistica e architettonica di Lignano Sabbiadoro. Scriveva infatti Belluno: «Semiaffondata nella sabbia, ridossata al vecchio argine, a pochi passi dalle mutevoli acque del basso Tagliamento, l’antica chiesa attendeva rassegnata la sua fine. Sarebbe venuta, come per tanti vecchi inutili barconi fluviali abbandonati lungo le rive, con una piena, in una di quelle notti senza stelle, quando le acque del fiume salgono incontro alla pioggia in una primordiale confusione di elementi. Al mattino, il sole avrebbe illuminato pochi spuntoni di mura affioranti dal limo e pietosamente incoronati dai rami pezzati di lontani alberi».
Pur nel doloroso strappo dalla comunità di Bevazzana, l’intervento salvò, di fatto, la costruzione e, in particolare, l’abside con il suo contenuto di affreschi e sinopie: pochi mesi dopo la traslazione ci fu, infatti, la disastrosa alluvione del novembre 1966 che con tutta probabilità non avrebbe risparmiato l’edificio già tanto compromesso dal tempo e dall’intemperanza del fiume. Con esso sarebbe andato perduto anche l’unicum del ciclo di affreschi (da cui è tratta la citazione scultorea nel Presepe di sabbia) che costituisce un episodio artistico di assoluto rilievo nel panorama della pittura friulana del XV secolo, opera di un misterioso “Maestro di Bevazzana” di tale sapienza pittorica da essere a lungo identificato con Masolino da Panicale (attribuzione smentita dagli studi di monsignor Guglielmo Biasutti). Tale densità iconografica e concettuale, del tutto sconosciuta e inconsueta nel paesaggio delle chiesette votive della Bassa Friulana, rende ragione del fatto che il piccolo edificio di culto alle sue origini fosse ancorato all’antico convento dei monaci Eremitani Agostiniani posto a “sentinella” del guado del Tagliamento, più che alla sparuta comunità di pescatori e contadini dispersi in quella terra amara, paludosa e malarica.
E proprio quegli affreschi hanno offerto un formidabile nesso figurale con il Presepe di Sabbia, i cui temi sono stati ispirati – in quest’ultima edizione – dalla lettura della Genesi. La prima creazione narrata si pone originariamente in rapporto alla figura di Cristo: Adamo, che causa la morte dell’umanità, è l’antitesi esplicativa del compito salvifico di Cristo che, invece, dona l’immortalità. E se il frutto dell’albero del Bene e del Male ha causato la frattura (orizzontale) tra Dio e Uomo, il legno di un altro albero, quello della croce, ne ha ristabilito il contatto (verticale). Allo stesso modo, come Eva era stata sedotta dal discorso di un angelo (angelo del male/Satana/serpente) in modo da sottrarsi a Dio trasgredendo alla sua parola, così Maria si lasciò persuadere da un angelo (Arcangelo Gabriele) a obbedire a Dio. Eva è la “madre dei viventi”: e gli autori cristiani videro in questo titolo una prefigurazione profetica di Maria, nuova Eva, vera e autentica madre dell’umanità. Con esiti diametralmente opposti, tanto Eva quanto Maria acconsentirono alla proposta di un essere soprannaturale, ma l’assenso di Maria, il suo dire sì all’Annunciazione, provocherà una svolta radicale nella storia umana.
Non è allora così strano o rivoluzionario, nonostante un evidente allontanamento dalla tradizionale iconografia, l’aver quest’anno “ospitato” il racconto genesiaco nel Presepe di sabbia di Lignano. E come se non bastasse, la figura di Maria strettamente collegata per opposizione a quella di Eva è al centro di uno splendido affresco che appartiene alla storia del territorio lignanese. Nel trittico tardo-gotico che illumina le vele della piccola abside della chiesetta di Bevazzana/Lignano spicca in posizione centrale, tra la scena del vaticinio della Sibilla Tiburtina (prefigurazione della maternità virginale di Maria) e quella della sua Assunzione al cielo, proprio una rappresentazione in cui Eva e Maria sono graficamente e concettualmente collegate.
Al centro della scena pittorica si trovano due alberi: l’Albero del Bene e del Male e l’albero della Vita; i due alberi sono accostati tanto da sembrare un’unica pianta costituita da due fusti e da due chiome distinte, ma fittamente intrecciate. Attorno a ciascuno dei due tronchi si avvinghia un serpente. Alla sinistra della duplice pianta c’è Eva, seminuda e ritta: con la mano mancina sorregge un teschio (simbolo della morte) e con l’altra tiene il pomo del peccato. Alla destra dell’albero c’è Maria, con mantello azzurro e veste scarlatta: con il braccio sinistro regge il bambino e con la destra regge anch’essa un frutto del tutto simile al primo, ma che ormai ha mutato essenza, divenendo simbolo dell’eterna salvezza. Il serpente accanto ad Eva si muove con andamento ascendente, a simboleggiare la tracotante superbia del Male, e le porge in mano il frutto che tiene tra le fauci; il rettile che sta accanto a Maria ha invece la testa rivolta a terra, in direzione opposta al frutto sorretto da Maria, segno della sconfitta del Maligno.
Due, come accennato, sono anche le chiome degli alberi: quella dell’Albero della Conoscenza del Bene e del Male sovrasta Eva ed è carica di pomi rosseggianti, mentre quella dell’albero della Vita fa ombra a Maria ed è in fiore. Probabilmente s’intende significare che i frutti delle Antiche Scritture sono ormai maturi e che l’albero fiorito della Vita ne ha prodotto uno nuovo e straordinario: appeso ai suoi rami c’è infatti un crocifisso, simbolo della nuova e definitiva Alleanza con Dio. Nell’edizione del Presepe di quest’anno si è scelto, per raffigurare l’episodio dell’Annunciazione, di citare l’affresco di Bevazzana/Lignano attraverso la straordinaria rilettura scultorea fattane dall’artista russa Irina Sokolova; la continuità di senso è stata sottolineata dal palindromo Ave ed Eva scolpito sullo sfondo della scultura.
Nel contesto del Presepe di Sabbia sono stati rappresentati altri passi della Genesi: quelli che raccontano i giorni della creazione, la cacciata dall’Eden con i conseguenti, emblematici episodi di Caino e Abele, le vicende di Noè e del Diluvio Universale e quelle della Torre di Babele. Se questi inserti da un lato apparentemente infrangono la tradizione del presepe “osando” una raffigurazione della Natività totalmente sui generis, dall’altro la rinnovano proponendo una riflessione che riconduce, paradossalmente, alle origini della speculazione cristiana sul mistero e il senso profondo del Natale. Certo: riflessione teologica e Presepe sono due piani distinti, ma la loro “contaminazione” può forse produrre qualcosa di arricchente, capace di far riflettere attraverso il gioco di connessioni, citazioni, sovrapposizioni.
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