Il dramma degli italiani confinati nella “terra di nessuno”

gianfranco ellero

La distanza temporale riduce spesso il quadro storico alle grandi linee, e così si perdono o si trascurano i “dettagli”, che talvolta rivelano drammi collettivi.

Se si parla di profughi della Grande Guerra, ad esempio, si ricorda l’ondata verso ovest dell’ottobre 1917, ma non l’ondata verso est dei “profughi del Piave” nel febbraio 1918.

Per la stessa ragione, se si parla di fame, si ricorda la denutrizione del Friuli centro-occidentale, ma si dimentica che il Friuli orientale o goriziano fu, fra l’armistizio e il Trattato di Saint Germain, cioè fra il 4 novembre 1918 e il 10 settembre 1919, una “terra di nessuno”: non riceveva provvidenze dall’Italia, se non il minimo indispensabile, perché non era ancora italiano, e non dall’Impero d’Austria che si era dissolto.

Quel dramma degli “italiani d’Austria” non sfuggì all’attenzione dell’onorevole Giuseppe Girardini, ministro per l’Assistenza militare e le Pensioni di guerra nel gennaio del 1919, che abilmente manovrando, riuscì a far approvare il Decreto 13 aprile 1919 n. 563.

“Colla occupazione da parte dell'Italia delle Terre già sotto la dominazione austriaca, scrisse “La Patria del Friuli” del giorno 15, sono stati sottratti all’assistenza dell’Imperiale Regio Governo Austro-Ungarico i feriti, mutilati, invalidi già appartenenti all’esercito i quali, del resto, dovranno quanto prima far parte della nostra nazione. Vivono nel territorio già austriaco e da noi occupato numerose vedove e orfani di militari austriaci morti in combattimento”.

Il provvedimento, “sulla cui importanza politica, oltreché umanitaria e sociale, è inutile soffermarsi tanto appare evidente”, doveva essere applicato in accordo con il Comando supremo, che aveva “giurisdizione politica, militare e amministrativa sulle terre redente dal nostro esercito vittorioso”.

Nell’edizione del 6 giugno il giornale annunciò che il Ministro Girardini, non senza difficoltà, era riuscito a ottenere che l’attuazione del provvedimento fosse affidato al suo ministero, per una assistenza miliare nel senso più largo della parola, a partire dalla pronta corrispondenza di un anticipo sulla liquidazione spettante alle vedove, agli orfani, agli invalidi.

Tre commissioni, insediate a Trento, Trieste e Zara, avrebbero seguito procedure rapidissime per l’accertamento dei diritti.

Per le vedove e gli orfani le commissioni avrebbero potuto giovarsi non soltanto delle denunce degli interessati ma anche di qualsiasi mezzo di indagine, a partire dai dati di un censimento indetto nei Comuni.

Per gli invalidi di guerra erano state previste procedure ancora più rapide.

“È stato infatti disposto che tutti i luoghi di cura esistenti nel territorio d'armistizio possano essere utilizzati per il ricovero di coloro che siano travagliati da infermità non ancora completamente guarite; che tutti i medici militari possano essere incaricati di compiere sul luogo, per gli invalidi ivi residenti, l’accertamento medico-legale, determinandosi così in un sol momento il numero totale degli invalidi e il grado della invalidità. Non solo: anche l’accertamento medico-legale sarà compiuto sulla base di speciali norme che dividono gli invalidi in tre categorie: gli ultra invalidi, gli invalidi, i minorati, costituendosi così un'altra notevole semplificazione che renderà sollecita e soprattutto tempestiva l'assistenza. Anche per l’organizzazione di tutta la vasta opera necessaria per la rieducazione e le protesi dei mutilati di guerra si sta alacremente lavorando. (…) Quanto prima sarà svolto un ampio piano di azione che contribuirà altresì allo sviluppo economico e agricolo delle zone occupate”.

Non conosciamo i risultati di queste intenzioni tanto buone. Ci limitiamo a far notare che nel giugno del 1919, cioè otto mesi dopo l’armistizio, si stava ancora coniugando i verbi al futuro, e ciò non dipendeva soltanto dall’inadeguatezza dei governi ma anche dalla gravità dei problemi creati dalla guerra.

Nelle condizioni del Friuli orientale, infatti, versavano allora Trieste, l’Istria, il Trentino e altre terre del defunto impero. —





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