«Il compito del poeta è smascherare la realtà»

UDINE. Yves Bonnefoy incarna oggi, l’immagine stessa della poesia.
Francese, classe 1923, dopo gli studi di filosofia, prima alla Sorbona e poi con Gaston Bachelard, ha fiancheggiato per un breve periodo il surrealismo, per avvicinarsi poi all’esistenzialismo.
Professore emerito al Collège de France di Parigi, ritenuto oggi il massimo poeta francese vivente, più volte candidato al Nobel per la letteratura, ha ricevuto prestigiosi riconoscimenti internazionali.
Oggi, alle Distillerie Nonino a Ronchi di Percoto riceverà il “Premio Internazionale Nonino 2015” con una motivazione, che spiega la sua intensa ricerca poetica e ne chiarisce anche la novità.
«La poesia di Yves Bonnefoy - sono le parole di Adonis, massimo poeta arabo - è una lirica di presenza che alberga negli interrogativi suscitati dal mondo. Sollevando tali quesiti ed elevandoli al massimo livello, essa illumina il cammino e dispiega vasti orizzonti per rinnovare la visione del mondo, la ricerca e il confronto».
Professor Bonnefoy, nell’arco di un sessantennio, la sua opera si è andata imponendo come una riflessione sulla natura stessa della poesia. In un mondo in cui sembrano prevalere su tutto la paura e l’odio, qual è il compito del poeta?
«Smascherare la realtà. Lavorare contro le menzogne e le illusioni. Ogni formulazione linguistica, può esercitare un potere sottile e feroce, che consiste nel far sparire «ce qui est» (ciò che è) nella parola che lo nomina, nella concatenazione dei concetti. Ma è proprio a questo punto che inizia il compito della poesia, nel mettere in discussione il suo stesso strumento, la lingua, con lo scopo di rigenerare le parole, di trasformare l'assenza dell’oggetto nominato in presenza. La poesia si oppone così alla concettualizzazione, la quale slega l’idea dal corpo che la esprime».
Se la poesia scioglie i malintesi e scava nel pensiero concettuale che ruolo deve avere nell’educazione?
«Deve essere centrale. La poesia è così vicina all’infanzia. La scuola e i sistemi educativi devono proporla agli studenti. Ma il grande torto è sostituire all’ascolto semplice dei suoni e al loro movimento che libera, la dissertazione, la spiegazione attraverso ideologie, dei versi. La poesia va imparata a memoria, per preservarla, e averla a disposizione nelle situazioni della vita. Il poeta è responsabile nel costruire una tabula rasa per sbarazzarsi della «parole extérieure» - ideologie, sapere stereotipato, mode intellettuali - della lingua quotidiana che versa in uno stato di inevitabile degradazione e distanza dalla freschezza dell’esperienza vissuta. La funzione della poesia è quella di riannodare il legame tra il linguaggio e l'esistenza, scegliendo all'interno della lingua comune una parola privata, una «parole vraie» che permetta al poeta di vivere. Se sparisce la poesia restano solo i dogmi».
Accanto all’opera poetica la sua produzione saggistica è considerata tra le più importanti del Novecento. Ma sono considerati altrettanto fondamentali gli studi sulla poesia e sull’arte e la sua vasta opera di traduttore dall’inglese, in gran parte da Shakespeare…
«La sua opera è un tema centrale della mia ricerca, fonte continua di riflessione. Lo scorso anno ricorrevano i 450 anni dalla sua nascita e mi è stato chiesto di svolgere un discorso introduttivo sull’opera del poeta elisabettiano. Le mie riflessioni diventeranno un libro che sto ultimando. Shakespeare aveva compreso che per sovvertire le rappresentazioni mentali che ognuno di noi ha, è necessaria la poesia che ha un ritmo che riconduce alla vita e nelle relazioni tra le persone toglie i reciproci malintesi. Prendiamo Amleto dove l’autore mette in scena la sclerosi di una società, il Principe di Danimarca è l’esempio di un uomo che non si fida delle parole. E poi è contemporanea tutta la sua rappresentazione del femminile. Tutte le sue grandi opere sono una riflessione sulla condizione della donna».
A poche settimane dai tragici fatti di Parigi, quale atmosfera si respira nel suo Paese?
«Come reazione immediata c’è stato un grande sogno di unità, al di là delle ideologie. Ma oltre a questo serve una presa di coscienza. Occorre proteggere la libertà di espressione e anche riflettere sulla responsabilità di chi esercita tale diritto. E poi occorre essere coraggiosi, arditi, nel rimettere in discussione le proprie idee».
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