Il cielo (capovolto) sopra un palcoscenico

Un libro si fa musica e danza, il 14 giugno al San Giorgio. Antonella Gatti Bardelli: «Ho in mente un sequel di quel racconto»
Di Gian Paolo Polesini

Antonella ha la consapevolezza di vivere sotto un cielo capovolto.

«A volte basta soltanto guardarlo con occhi saggi e si ricomincia». Ognuno ci passeggia sotto con ritmi diversi, a seconda delle leve e di una forza che da qualche parte ti arriva. Perché volendo, arriva.

E pensare quanto la scrittura, per lei, fosse la bestia da vincere. «A scuola davanti a un tema mi saliva l’ansia», ricorda Gatti Bardelli, scrittrice udinese della scuola dell’istinto, nessun proclama giovanile di diventare - da grande - una impastatrice di libri. Eppure la malattia l’ha trascinata laddove non si era mai immaginata. «La gente minimizza se parli di depressione. “Vai a farti un bel viaggio e tutto passa”, ti dicono battendoti sulla spalla».

È possibile un seguito di Cielo capovolto, Antonella se lo sta configurando. «Ho appena consegnato in Bompiani una storia a quattro mani, ma di più non posso dire», precisa con un sorriso. «Mi aiuta la progettazione. Il conoscere o l’individuare almeno i contorni di un qualcosa che accadrà domani. Sedermi davanti a un computer è una necessità urgente, quotidiana».

Il sequel del suo volume di successo, cinematograficamente lo possiamo definire così, non stava proprio in agenda. «Ho vissuto annate magnifiche lontano dalla clinica e il respirare a fondo e libera quasi ti solleva il ricordo maligno. Ecco, be’ ci sono tornata in quel posto e da una lettera scritta al mio amico medico è scaturita la voglia pressante di raccontare ancora. Io non cerco la pietas, la mia è pura condivisione. Forse ci possiamo aiutare, forse posso aiutare altri, forse altri possono aiutare me. Ricordo delle presentazioni bellissime nelle librerie. Alla fine c’era chi mi abbracciava, senza dire nulla. Altri si confidavano, tirando fuori dal cuore la loro oscurità. Scrivere è terapia, scrivere è salvare e salvarsi».

Un viaggio in America, quando Antonella s’era prefissata una crescita veloce a millemiglia da casa. «Volevo dimostrare che ce la potevo fare. Amavo New York, potevo girare per le strade senza avere un cognome. Una ragazzina friulana e basta. Poi, chissà, qualcosa ha spezzato il ritmo del piacere, mi sono sentita soffocare. La figlia perfetta non si stava comportando da figlia perfetta. Meccanismi complessi, per nulla semplici da sfogliare. C’è più il rischio di essere fraintesi che di essere compresi».

L’arte, poi, è capace di scendere a buoni compromessi senza farsi troppe domande, come noi davanti alle trasformazioni. La letteratura può diventare danza, basta saperla portare e posare su un palcoscenico. C’è di mezzo la musica. Succede questo. «Rebi Rivale - spiega Antonella Gatti Bardelli - con la sua Cicatrice si è ispirata alle pagine di Cielo capovolto. E sin qui è roba di tempo fa. La materia non si è fermata alla prima metamorfosi, no, ha proseguito per affrontarne un’altra. La coreografa Martina Tavano si è impossessata di musica e testo mescolando la sostanza in un balletto. Il debutto - e lo dico con emozione - avverrà 14 giugno al San Giorgio».

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