«Corona avrebbe solo sgridato i vandali»
Gigi Maieron coautore di “Quasi niente” domani a Spin di Ovaro. «Mauro fa la voce grossa, tutto lí»

Volti, suoni, emozioni, vicende della Carnia vera e sfuggente: è così che Luigi Maieron (per tutti, da Amaro in su, semplicemente Gigi) intesse la trama dei suoi racconti, nei quali lo spunto è un ricordo, uno sguardo, un fremito. Anche Maieron appartiene alla scuola del “minimalismo carnico”, che ebbe esponenti di spicco in Giorgio Ferigo e Leonardo Zanier, per cui da una “storiuta” è possibile ricavare un significato e una riflessione utili a tutti. Maieron sarà protagonista in un appuntamento imperdibile, per carnici e non solo, in programma domani, sabato, alle 18 (ingresso libero), nella rassegna “Libri nel bosco”, proposta dall’Albergo diffuso Zoncolan.
Si svolgerà come novità assoluta in località Spin di Ovaro, presso il camping Zoncolan, facilmente raggiungibile dal paese, davanti allo stupendo panorama della Val Degano. Titolo: “Quasi niente e storie di Carnia (dal libro scritto con Mauro Corona)”.
Maieron, si partirà dunque dal fortunatissimo libro scritto a quattro mani e pubblicato da Chiarelettere per spaziare poi liberamente come sanno fare i cantastorie. Da chi ha appreso quest’arte semplice e antica?
«Il cantastorie era una figura che per mestiere e passione cantava nei paesi, tra vie e piazze, nelle sagre, accompagnandosi con uno strumento. Figura molto vicina al musicante. La Carnia contava e conta ancora un numero altissimo di musicanti, un lungo elenco, da vallata a vallata. Alcuni sono diventati leggende. Penso a Pakai, a Cecilia, a Genesio. Sarebbero troppi i nomi da fare. Li ho ascoltati fin da piccolo. Ero affascinato dalla loro abilità, dalla giocosità, dal fare coinvolgente e stravagante e oggi mi ritrovo a emularli, a continuare con la passione quanto loro hanno cominciato. Per descrivere le storie cresciute tra queste montagne uso anche la penna, come fosse uno strumento musicale, perché ci deve essere sempre un po’ di musica ad accompagnarci».
Il popolo carnico è nel profondo musicale e allegro, ma passa per essere ruvido e chiuso. Ci vorrebbe una presa di coscienza generale, non le pare?
«Il popolo carnico è composto da gente solida, che non ha avuto vita facile. Se si pensa solo alla percentuale di emigrazione della generazione che ci ha preceduto (il 25% della popolazione, vale a dire un componente per famiglia, e in genere il capofamiglia) si capisce quanto abbia sofferto ogni singola famiglia e quanto di questa sofferenza si sia adagiata nei nostri caratteri e nelle nostre reazioni. Emigrazione che purtroppo continua anche per i giovani, perché continuano le chiusure di infrastrutture, continuano i trasferimenti di uffici e servizi. Nell’aria c’è una certa stanchezza che ci ha fatto perdere un poco la “braure di jessi cjargnei”, ma dobbiamo pensare a quante promesse non mantenute si sono dovute gloti, mandar giù... È vero: siamo ruvidi e chiusi. È il risultato di privazioni e isolamento, ma basta poco per arrivare al cuore del carnico e stabilire rapporti di sincera vicinanza».
Giorni fa il suo compagno di scrittura Mauro Corona ha suscitato clamori e commenti reagendo a un’incursione di vandali. Qualsiasi cosa dica e faccia, diventa un caso. Ma chi è il vero Mauro Corona?
«Se qualcuno cerca di entrare in casa tua di notte, o compie azioni che danno motivo di pensare che lo stia facendo, scatena una sicura reazione. Nessuno di noi sa come reagirebbe a intrusioni di questo tipo. Mauro è uomo di temperamento, non le manda a dire, ma io lo conosco: se li avesse presi, li avrebbe sgridati e basta. Li avrebbe fatti tremare con la sua grossa voce, spaventati, ma tutto sarebbe finito lì. Se un domani questi busseranno alla sua porta, certamente offrirà loro una birra e non pretenderà un euro per risarcire il danno subito. Mauro Corona è persona generosa e liberale, ma non invadete il suo territorio!».
Il successo del vostro libro è clamoroso. Si avverte nella gente una gran voglia di montagna, di natura, di una filosofia di vita genuina.Voi la anteponete al mondo artefatto della cultura e degli intellettuali. Perché?
«Perché è ora di finirla di scaricare mucchi di parole inutili. Pensate, a esempio, a quanta gente si esibisce davanti alle telecamere con il solo intento di vendere bene la propria immagine, di risultare fotogenico, di apparire intelligente e acuto anziché cercare di dire qualcosa di utile… La comunità si restringe sempre più nell’io, nel privato, e il senso dell’insieme è lasciato alla memoria. Serve un linguaggio con contenuti utili. Cosa te ne fai di un concetto alto se è privo di concretezza e verità, se non raggiunge i sentimenti e i bisogni delle persone. Il nostro “Quasi niente” è scritto con un linguaggio semplice, per farsi capire, per dialogare con chi legge, e ci abbiamo messo dentro tutta la sincerità di cui siamo capaci».
Per salvarci e salvare il mondo suggerite il “quasi niente”. In cosa consiste, ed è possibile?
«Quasi niente non è un libro che invita a vivere di privazioni. Ognuno spenda denaro, tempo ed energie come crede, non è dato ad alcuno di stabilire i criteri da seguire. Quasi niente propone esempi reali di persone che hanno raggiunto un equilibrio e una serenità, nonostante vicende avverse, spiegando che non sempre ci accorgiamo delle tante cose che abbiamo. Siamo pronti a lamentarci per quanto ci manca, ma non altrettanto a ringraziare per il tanto che abbiamo. Non affanniamoci a voler troppo, non scateniamo ansie per risultati eclatanti, stabiliamo un senso della misura che ci riequilibri, porti respiro ai nostri pensieri e non ci lasci in balia dell’inquietudine...».
Per ascoltare il resto, appuntamento a Ovaro (dove tutto avverrà al coperto in caso di pioggia).
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