Con la fuga dei civili dopo Caporetto Firenze divenne capitale del Friuli

I profughi furono oltre 128 mila, la Toscana ne accolse 60 mila. Pecile e Marinelli guide del Comitato

UDINE. Nel 1918 c’erano due Friuli, quello dei rimasti e quello dei profughi: il primo concentrato a est del fiume Livenza, il secondo diffuso nelle regioni della penisola italiana.

Secondo i dati della statistica ufficiale, dalla provincia di Udine era fuggito il 20,47% della popolazione, cioè 128 mila 605 persone, il 25 per cento dei quali dal Comune di Udine (Francesco Musoni pensava fossero molti di più: 135 mila).

VERSO LA VITTORIA - 4 NOVEMBRE 1918

Circa sessantamila furono accolti in Toscana, metà dei quali a Firenze.

Il barone Celidonio Errante, prefetto di Udine, con decreto n. 2733 del 9 novembre 1917, nominò Luigi Spezzotti, Presidente della Provincia di Udine al momento dell’invasione, “Commissario prefettizio per l’Amministrazione della Provincia di Udine ed Istituzioni annesse”, il quale, nell’impossibilità di trovar posto a Bologna, si stanziò a Firenze, in Via dei Bardi 20.

Le istituzioni annesse erano la Cattedra Ambulante di Agricoltura, la Commissione Zootecnica Friulana, il Consorzio Granario, la Commissione Pellagrologica Provinciale, il Brefotrofio Provinciale, il Patronato Friulano per gli orfani di guerra e l’Ufficio Provinciale del Lavoro, che si curava del collocamento dei profughi presso le aziende locali. Spezzotti assunse, quindi, il ruolo di amministratore della Provincia e delle principali istituzioni del suo territorio: un ruolo regionale.

In Piazza della Signoria, al numero 8, aveva aperto la sua sede l’Associazione Agraria Friulana, che aggregava la Fabbrica Cooperativa Perfosfati, il Consorzio Antifillosserico Friulano, il Laboratorio di Chimica Agraria, la Commissione Piccole Industrie, lo Stabilimento Agro-Orticolo, la Sezione Udinese dell’Umanitaria, la Sezione udinese dell’Associazione Economica Nazionale, la Commissione Friulana per il Dopoguerra. C’era, infine, l’Associazione fra proprietari delle Province invase, costituita a Firenze e presieduta da Domenico Pecile, Sindaco di Udine fino all’ottobre 1917.

Il Comune di Udine aveva sede in Via Rustici 7. Presso la Sezione fiorentina del Club Alpino Italiano trovarono accoglienza la Società Alpina Friulana e il Circolo Speleologico e Idrologico Friulano.

A Firenze fu costituito il “Comitato Generale dei profughi veneti”, presieduto da Domenico Pecile, che poteva giovarsi della collaborazione di Olinto Marinelli, G. B. Rigato e Luigi Alpago-Novello, e di un consiglio del quale faceva parte l’avvocato pordenonese Piero Pisenti (futuro capo del fascismo friulano). Il Comitato, come primo atto, presentò una proposta di legge per il risarcimento dei danni di guerra ricalcata sul modello francese.

Nella capitale toscana, il 10 febbraio 1918, riprese le pubblicazioni il Giornale di Udine, che usciva due volte la settimana, il giovedì e la domenica.

Il direttore del giornale, Isidoro Furlani, irredentista dalmata, considerava la fuga dell’ottobre 1917 come una prova di italianità, e la permanenza in Friuli come una dimostrazione di scarsa italianità se non di collusione con il nemico. In tal modo seminò odio e divisione fra profughi e rimasti, come si vide nell’immediato dopoguerra.

A Firenze tirava aria da “embrassons-nous” fra i friulani. Si dava per certo che i proprietari terrieri non avrebbero preteso dai contadini il pagamento dei fitti del 1917-1918, e alcuni fra essi, tramite il Giornale di Udine, si dichiararono disposti ad accogliere sulla riviera ligure i loro coloni in divisa, in licenza dal fronte del Piave.

Ma pochi giorni dopo l’armistizio sarebbe entrato in vigore il “chi ha dato ha dato e chi ha avuto ha avuto”.

Nel frattempo erano stati aperti una “macelleria friulana” a Firenze e spacci alimentari per i profughi a Fiesole, Galluzzo, Sesto Fiorentino, Prato, Pistoia e altrove.

Firenze fu dunque la capitale dell’altro Friuli nel 1917-1919 non solo per l’alta concentrazione di profughi, ma anche perché sede dei principali enti pubblici della Provincia di Udine, e custode di molte opere d’arte delle chiese del Friuli, affidate in custodia all’Arcidiocesi fiorentina.

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