Con Battiston e Sidoti rivive la meglio gioventú di Versuta

UDINE. Casarsa, primi anni ‘50. Pieri Pauli (Pasolini) se ne è andato, fuggito in una fredda mattina di gennaio, travolto dallo scandalo di Ramuscello e dalla sua disperata vitalità; e dopo Pieri Pauli molti altri giovani di quel paese di temporali e primule che aveva accolto lo sbocciare impetuoso della loro giovinezza se ne sono andati, migranti ator pal mont.
Rico e Sandro sono rimasti e, come depositari di una stagione felice, perpetuano il rito degli “spetaculuts”, dei «meriggi d’arte» che i giovani allievi di Pieri Pauli allestivano per «portare serenità e allegria in un mondo che proprio sereno non è».
E vanno in “tournée” nei paesi di là da l’aga, anche se... “Non c’è acqua piú fresca”, uno dei sei spettacoli dedicati dal Css a Pasolini in prima ieri sera al Palamostre di Udine, li accoglie mentre si preparano a provare ancora una volta lo “spetaculut”.
Una pedana nera al centro, un secchio d’acqua, la pompa di una bicicletta, un pallone di cuoio, alcuni strumenti musicali, un baule per i costumi: povera attrezzeria attorno a cui si aggrumano i ricordi, e attraverso le parole poetiche di Pasolini, si ricostruisce una stagione della vita - la giovinezza - che dai campi del Friuli si fa via via piú astratta, universale.
Una giovinezza legata al mondo di ieri, qui rivissuto con allegria, soprattutto nella prima parte quando tra Rico e Sandro - sorta di Vladimiro ed Estragone beckettiani che Godot l’hanno incontrato, eccome! - vanno con la memoria a episodi del tempo passato, rivedono i balli delle sagre, le partite di calcio, i tuffi nel Tagliamento e le bevute alla fonte del paese, quella fontana «di rustic amour» che diventerà «di amòur par nissun».
Ripensano agli amici ormai lontani, «giovani mitici» e «muse di furlans», come Nisiuti che ha venduto i suoi riccioli d’oro e si è perso nel mondo, o il Nini minatore in Belgio; rievocano storie come quella di Vincenzo Colussi partito per la Russia con Napoleone...
“Volti, visioni e parole dal Friuli di Pier Paolo Pasolini”, recita il sottotitolo dello spettacolo firmato per la drammaturgia da Renata Molinari, che ha distillato le parole di Pasolini in un racconto che è descrizione, malinconica divertita e dolorosa, di un tempo della vita forte, irripetibile, e – di qui il senso profondo e poetico dello spettacolo – simile sotto ogni latitudine.
Certo c’è il Friuli di Pasolini, ma cosí come il copione anche la regia di Alfonso Santagata non cerca effetti bozzettistici enfatici o retorici, tesa come è a restituire, grazie anche a un suggestivo uso delle luci (di Andrea Violato) il pieno di umanità di Rico e Sandro nel contradditorio gioco dei rimpianti.
Rico e Sandro, che sono Piero Sidoti, autore anche delle belle musiche, qui sorprendentemente prestato alla prosa e Giuseppe Battiston, in felicissimo stato di grazia, irresistibile quando fa lo spacconcello e toccante quando si lascia investire dalla consapevolezza che tutto è cambiato, e che la festa della vita, come quella allestita nel finale dello spettacolo con tanto di bandierine colorate e lucette sui pali di un breâr, non avrà piú luogo. Successo meritatissimo e repliche, da non perdere, fino al 12 novembre.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto