Cercivento commemora gli alpini fucilati 100 anni fa

Venerdì si commemorerà il tragico fatto. L’orazione di Guido Crainz: un monito a fare presto.

Venerdì 1 luglio a Cercivento si terrà la commemorazione dei quattro alpini del “Monte Arvenis” fucilati esattamente un secolo fa. Sarà Guido Crainz, docente universitario e editorialista di Repubblica a tenere l’orazione civile, da cui, per gentile concessione, stralciamo alcuni passi.

di GUIDO CRAINZ

C’è qualcosa che le carte d’archivio non riusciranno mai a dire: lo stravolgimento dei vissuti; le sofferenze delle vittime, dei loro familiari, dei loro commilitoni e amici. Uno stravolgimento che inizia prima della condanna e prima ancora dell’episodio che porta a essa. Uno stravolgimento dei princípi di umanità, e al tempo stesso uno stravolgimento che coinvolge un intero mondo, e anche i luoghi: e in questo caso i luoghi erano spesso conosciuti e amati.

Non avviene solo qui, non avviene solo in Carnia. Molte testimonianze europee hanno al centro proprio lo stravolgimento della natura prodotto dalla guerra. «Alberi falciati come campi di grano», scriveva Henri Barbusse, antimilitarista convinto, ma volontario per difendere la Francia invasa. E un soldato tedesco annotava: «Il bosco che circonda il campo di battaglia sarà assassinato con la stessa certezza con cui il soldato sarà ucciso mentre guida l’attacco.Il bosco assassinato è il mio compagno».

È lo stesso stravolgimento evocato quarant’anni fa da Leonardo Zanier, poeta della Carnia e del mondo, parlando proprio di queste montagne. Las Monts: «iù das Gjermanias/ e su das Sicilias / a emplelas di canonadas./ Las barelas van su vueitas/ e tornin iù cjamadas».

In quella stessa raccolta Zanier proponeva il suo “Projekt für einen Grabstein al pass di Mont di Cros”, “Progetto per una lapide al passo di monte Croce”, giustamente in due lingue. Proponeva di dedicarla a “Joseph Schneider von Mauthen (Giuseppe Schneider, che vorrebbe dire sarto, di Mauthen) e a Bepo di Lanudesc, ex emigrant in Austria” che si erano uccisi a vicenda sul Freikofel...

È del novembre del 1998 il discorso del Presidente francese Lionel Jospin che chiedeva di accogliere nella memoria collettiva i soldati fucilati nella Prima guerra mondiale «pour l’exemple»: «Soldati che avevano già duramente e gloriosamente combattuto», disse Jospin. Dieci anni dopo, nel 2008, le parole di Jospin sono state fatte proprie dal presidente Nicolas Sarkozy e alcuni atti simbolici sono stati poi compiuti: nel Museo dell’esercito, all’Hotel National des Invalides, oggi vi è uno spazio dedicato ai “fusillés par l’exemple”.

In Inghilterra è venuta dieci anni fa, nel 2006, una misura di legge che considera “caduti per la patria” i fucilati in seguito a sentenze dalle corti marziali(e già in precedenza a essi era stato dedicato un memoriale). La stessa via era stata già battuta dalla Nuova Zelanda e dal Canada.

In questo piú ampio scenario si colloca il ripensamento ancora incompiuto dell’Italia, avviato vent’anni fa proprio da qui, sostenuto in modo crescente dalle amministrazioni e dalla popolazione di Cercivento, della Carnia e della Regione. Ha detto bene il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, già ministro della Difesa: «La me. moria dei mille e piú italiani uccisi dai plotoni di esecuzione interpella la nostra coscienza di uomini liberi e il nostro senso di umanità».

Li interpella, perché chiedere questa riflessione, e chiedere atti ufficiali che la rendano pubblica e condivisa, non significa certo voler riscrivere la storia con spirito orwelliano, come qualcuno ha detto per opporsi alla legge. Non significa cioè volerla modificare a proprio arbitrio, annullando ogni altro pensiero: non citerei neppure questa sciocchezza se non fosse stata detta da un senatore della Repubblica nella commissione che sta discutendo la legge.

Riflettere su questi eventi non significa neppure mettere in discussione la disciplina in sé, o l’esercito in sé - come forse qualcuno ha paventato o paventa. Lo dico avendo negli occhi la parata del 2 giugno di un mese fa: questo è l’esercito di un paese democratico, e proprio per questo è giusto chiedere che le ingiustizie e le disumanità del passato siano condannate in modo fermo e chiaro.

E che le vittime incolpevoli siano almeno riabilitate agli occhi del paese: l’unica consolazione, purtroppo, che possiamo offrire ai loro discendenti. E non si chiederebbe questa revisione se non si avesse un vero amore per la patria: una patria che deve identificarsi con la giustizia e l’umanità.

Anche per questo dobbiamo essere molto grati a chi ha avviato questa riflessione con il coraggioso cippo posto vent’anni fa. Anche per questo chiediamo con forza che il Senato concluda al piú presto i suoi lavori, approvando in via definitiva la legge. Anche per questo, un secolo dopo, siamo qui a dire: «Onore a voi, Silvio Gaetano Ortis, Giovanni Battista Coradazzi, Basilio Matiz, Angelo Primo Massaro».

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