Biografie, articoli, documentari e internet: quanti errori sulla vita di Tina Modotti

Si sprecano le inesattezze sulla sua figura. La storica della fotografia Amy Conger: «Attira gli sbagli come la calamita»

Gianfranco Ellero

La grande storica della fotografia Amy Conger disse, molti anni fa, che la vita di Tina Modotti attira gli errori come la calamita il ferro: si riferiva principalmente all’attribuzione e alla datazione delle opere, ma spesso capita di trovare errori di altro genere. Ecco il più recente: se si digita Tina Modotti su Internet, si legge che si chiamava Assunta Adelaide Luigia Modotti Mondini, ma ciò non risulta dall’atto di nascita (Stato Civile di Udine, n. 612 anno 1896) che registra Saltarini Modotti come cognomi del padre. (Anche il “Nuovo Liruti. Dizionario Biografico dei Friulani” omette il cognome Saltarini, ma non la Treccani).

Se, ancora su Internet, si cerca “Una passione per Tina”, si viene a sapere che nel 1913 Udine era nell’Impero austro-ungarico, mentre stava nel Regno d’Italia dal 1866.

Ed ecco quanto emerge dalla lettura di una recente biografia. Segnaliamo i seguenti errori: 1 L’autore scrive che per emigrare Tina partì da “Trieste probabilmente su una nave slovena” (caso mai, in quel tempo, austro-ungarica) mentre è provato che partì da Genova sulla “Moltke”. 2 Dopo l’assassinio di Mella, Tina disse alla polizia di chiamarsi Saltarini, ma secondo l’autore diede “false generalità” (eh già, se si parte da “Modotti Mondini”, queste sono le conseguenze! ). 3 Un fratello di Tina si chiamava Benvenuto, non Benedetto, e il convivente della sorella Cosolo, non Consolo; 4 Il battesimo di Tina nella Basilica delle Grazie il 27 gennaio 1897, sarebbe stato ritardato (? ) dal socialista Demetrio Canal, direttore di un settimanale: in verità era un calzolaio di Grazzano, che sapeva scrivere abbastanza bene, e per questo fu il “redattore responsabile” de “L’Operaio”, un piccolo foglio che uscì soltanto sei volte nel 1896.

Veniamo, ora, alle omissioni. 1 Non una parola sulla cresima del 22 maggio 1913, ben più importante del battesimo. 2 La fotografia era un’arte di famiglia non soltanto per l’atelier dello zio Pietro Modotti, ma anche perché il padre di Tina aprì uno studio di fotografia a San Francisco nei primi mesi del 1907. 3 Non una parola sulla friulanità di Tina che, come disse Vidali, in una breve intervista concessa allo scrivente nel 1979, era orgogliosa delle sue origini, e quando poteva parlava in friulano, per casa cantava talvolta le “villotte” e non si stancava di spiegare ai suoi ospiti l’esatta ubicazione della sua terra natale.

Tutto questo avviene nonostante le denunce dei biografi americani (Amy Conger, Patricia Albers, Sarah Lowe, Bob D’Attilio…) e anche nostre (per l’infanzia e l’adolescenza in Carinzia e in Friuli), perché Tina è ormai un mito da consumare: l’esattezza storica è a questo punto ininfluente sulle vendite dei libri, e poco importano gli errori e le omissioni ai lettori desiderosi di sapere (sapere?) dei suoi amori, della sua partecipazione al comunismo, della sua morte sospetta e solitaria in un taxì quando aveva da poco compiuto quarantacinque anni.

Pur consapevoli della debolezza della nostra voce nella civiltà di massa, denunciamo gli errori a beneficio di quanti riscriveranno la biografia di Tina senza preoccupazioni consumistiche o ideologiche.

Ma ci furono anche due diffusi errori di metodo: l’uso illustrativo delle fotografie da lei create e la sottovalutazione della mostra personale del 1929 a Città del Messico, studiata per la prima volta in modo approfondito da due studiosi messicani negli anni Novanta. Abbiamo tentato di correggerli nella mostra di Lestans, nella quale Tina appare soltanto in veste di creatrice di immagini. –



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