Arlecchino errante: Jaroslav Fret ci porta nel regno dei morti
Lo spettacolo Sheol chiude il festival sull’arte dell’attore. Il direttore Merisi: «Moderno lamento per i nati e i non nati»

È giunto alle sue ultima battute la 27esima edizione del festival dell’Arlecchino errante ovvero Meeting Internazionale per l’arte dell’attore in calendario con un programma di musica, danza, teatro, incontri, workshop e una masterclass che ha invaso piazze teatri luoghi insoliti della città a Pordenone fino a domani, martedì 5.
Si tratta di un festival molto particolare, sicuramente unico nel panorama dello spettacolo dal vivo nella nostra regione.
Lo cura il regista Ferruccio Merisi con la sua Scuola sperimentale dell’attore. Un festival, come ha sottolineato anche l’assessore alla Cultura della città del Noncello Albero Parigi, «del teatro indipendente, d’avanguardia ma aperto a tutti. Una rassegna libera e autenticamente anticonvenzionale»
« Un Festival – così Merisi – che è anche una festa che è un riunirsi. Ritmo e colori, sorrisi e strette di mano, fisicamente e idealmente. La sua competenza è l’arte dell’attore, cioè la qualità del mestiere di chi sa commuovere con la recitazione».
E allora vediamo con il suo direttore secondo quali linee di espressività e coinvolgimento del pubblico si è sviluppata questa festa che si intitola Rething/ Ripensare: un invito a rivedere tanti schemi mentali e comportamentali che spesso bloccano quando non impoveriscono la nostra umanità.
«Il Festival – spiega Merisi – si è diramato lungo il filone del suono, come strumento di coinvolgimento emotivo, con ad esempio il concerto degli sloveni Širom, che interpreta il tema del festival tra omaggio alla tradizione, usando strumenti musicali da tutto il mondo e spinta o necessità di innovazione, tanto per citare solo un esempio sigiìnificativo».
C’è stato poi Il filone di teatro di strada, «e qui la sorpresa ce l’ha riservata un artista, il friulano Flip alias Mattia Bidoli che, abbandonato il suo lavoro, si è dedicato con risultati eccezionali e sorprendenti alla giocoleria che porta nei teatri di guerra per intrattenere bambini e adulti.
Non sono mancate poi le diavolerie da baraccone, come le bolle di sapone per adulti di Fabio Saccomani declinate in satira politica e la demenzialità di due straordinarie musiciste d’assalto Wunder Tandem, una sorta di banda Osiris al femminile di cui si parlerà molto nei prossimi anni.
E ancora il gruppo di flamenco, Siviglia Viva, che ha invaso molto luoghi della città col suo ritmo incandescente e trascinante. Quattro tra gli esempi più efficaci e illuminanti di un arte che ha vi sto anche altre formazioni».
C’è stato, come al solito una particolare attenzione al teatro di ricerca, con tre appuntamenti di particolare rilievo.
«La compagnia Berardi-Casolari con il loro primo spettacolo In fondo agli occhi in cui i due si raccontano, lui non vedente e lei che gli è da guida e sodale: una autobiografia emozionante e commovente; Antigone di cui ho curato la drammaturgia, riscrivendo il mito dell’eroina sofoclea come colei che che rifiuta la logica della guerra e che ho affidato all’attrice russa, Daria Sadowskaia profondamente colpita dalla terra tra Russai e Ucraina.
E infine lo spettacolo del polacco Jaroslav Fret, direttore del Grotowsky Insitute di Wrozlaw, che forte della lezione dell’ultimo Grotowskj, quello del teatro delle sorgenti, ricerca il nucleo portante dell’essere attore, vale a dire quella componente che è di tutti gli uomini, quel sé che è contrapposto all’io, proprio per svuotare l’arte dell’attore della sua componente narcisistica e arrivare al cuore di chi lo ascolta e vede».
E che Fret trasporta anche nello spettacolo che chiude il festival (ancora stasera in San Francesco alle 21 e domani, martedì 5, alle 19, Sheol per un’attrice e quattro musicisti.
«Sheol – ancora Merisi – è il termine usato nell’Antico Testamento (Tanakh) per indicare il regno dei morti situato nel “cuore della Terra”.
Sheol è una seduta teatrale e un moderno lamento per i vivi e i morti, i nati e i non nati. Un allestimento sontuoso: uno spettacolo a pianta centrale con il pubblico su due gradinate contrapposte, parte integrante della scenografia».
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