Verso la fase 2: dodici imprese strategiche pronte a riaprire

Tra Udine e Pordenone sono 1.677 le società che sono rimaste in attività o l’hanno ripresa. Dal 14 si prepara a ripartire il Gruppo Danieli. L’aeronautica spinge il Friuli Occidentale

UDINE. Un piccolo esercito di mille 677 imprese, tra le province di Udine e Pordenone, che stanno continuando a lavorare nonostante lo stop imposto dal decreto della Presidenza del consiglio dei ministri. A queste si sommano ora altre 3 imprese della provincia di Udine e 9 di quella di Pordenone che hanno chiesto l’autorizzazione a ripartire perché classificabili come strategiche per l’economia nazionale o perché operano nei settori industriali dell’aerospazio o della difesa.

Più alcune che, esercitando l’attività produttiva a ciclo continuo, il loro totale spegnimento provocherebbe danni non rimediabili o esporrebbe l’azienda al rischio di incidenti. A disporre chiusure e deroghe delle attività economiche è stato il famoso Dpcm del 22 marzo, successivamente rivisto.

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Il decreto aggiornato

Il 25 marzo, dopo un confronto tra Governo e sindacati, il ministero dello Sviluppo economico ha pubblicato un proprio decreto in cui ha rivisto in maniera dettagliata la classificazione delle attività e dei relativi codici Ateco - ritenuta inizialmente troppo generica -. Dalla somma dei due provvedimenti è arrivata la sospensione di un lungo elenco di attività produttive industriali e commerciali.

Fanno eccezione quelle rientranti in determinati settori, come quello agricolo e alimentare, la fabbricazione di tessuti, camici, divise e indumenti da lavoro, le industrie chimiche e farmaceutiche, la fabbricazione di vetro e di motori, alcune tipologie di fabbricazione di macchinari, la fornitura di energia elettrica, gas e acqua, le riparazioni, la raccolta e smaltimento rifiuti, parte del commercio all’ingrosso, il trasporto ecc.

Tutte le aziende rientranti nelle tipologie “autorizzate” non sono tenute a fare nulla: sono legittimate a proseguire. Le imprese che invece non compaiono in elenco e devono sospendere l’attività, possono non farlo se si organizzano in modalità a distanza o lavoro agile.

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Le filiere

Ci sono poi imprese che pur rientrando nelle tipologie di attività soggette allo stop, fanno parte di filiere legittimate a proseguire. Un esempio di questo genere è l’azienda specializzata nella meccanica di precisione che fornisce viti e bulloni all’impresa che produce apparecchiature medicali, oppure l’azienda del settore del mobile che produce letti ospedalieri. Queste attività - previste dall’articolo 1 lettera D del decreto - sono invece tenute a comunicare alla prefettura territorialmente competente la loro prosecuzione, e continuano a lavorare sulla base del cosiddetto “silenzio assenso”. Sono però soggette a controlli e quindi, nel caso in cui la prefettura non ravvisasse la correttezza della comunicazione, vengono sospese.

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Gli autorizzati

Le richieste di autorizzazione vengono invece avanzate da aziende che operano nel settore dell’industria dell’aerospazio e della difesa o nelle “altre attività di rilevanza strategica per l'economia nazionale”. Queste ultime depositano una vera e propria istanza al prefetto e devono attendere di essere autorizzate prima di riavviare l’attività produttiva. Alla prefettura di Udine sono arrivate, al 6 aprile scorso, 49 richieste, di queste tre sono state accolte e 46 hanno ricevuto un diniego.

I tre sì a udine

Le tre aziende che hanno chiesto e ottenuto l’ok dalla prefettura di Udine sono Danieli & c. officine meccaniche, Danieli Automation e Abs. La data del riavvio dovrebbe essere quella del 14, e quindi dopo Pasqua, ma non per tutte le attività allo stesso tempo. L’obiettivo è quello di andare a regime entro la fine del mese.

I nove sì a Pordenone

Nel Friuli occidentale sono 9 le imprese che hanno chiesto, e ottenuto, l'autorizzazione a riprendere l’attività sempre sulla base dell’appartenenza a settori strategici o all’’industria dell’aerospazio e della difesa. Si tratta della Alpi Aviation di San Quirino, della Armando Cimolai, sempre di San Quirino, della Easy Fly di Pordenone, della Elle snc di Porcia, della Multiax internazionale cnc srl di Brugnera, della PIetro Rosa Tbm di Maniago, dell’azienda Quaia Gianni di Polcenigo, della Servizi industriali srl di Sacile e della VI Technik srl di Pordenone.

Eccezioni

Ci sono poi aziende, come le Ferriere nord di Osoppo, che avevano fermato buona parte della produzione salvo poi riavviarla dopo aver inviato comunicazione alla prefettura, nel caso specifico l’appartenenza al settore del riciclo, che consente loro di ripartire con la produzione.

Sicurezza

Naturalmente tutte le attività produttive sono tenute al rispetto del Protocollo condiviso tra organizzazioni sindacali e associazioni di categoria, con la supervisione del ministero, che definisce le misure di sicurezza da adottare per evitare la diffusione del coronavirus e proteggere i lavoratori, quindi il rispetto delle distanze nelle postazioni di lavoro, la messa a disposizione di gel disinfettanti e servizi igienici, la dotazione di dispositivi di protezione individuali, la sanificazione degli ambienti ecc.

Non tutto aperto

Il fatto che un’azienda prosegua o riprenda l’attività, non significa necessariamente che tutti i reparti, tutte le linee produttive, tutti gli addetti siano al lavoro. Un’impresa - tanto per riprendere l’esempio di prima - specializzata nella meccanica di precisione, può produrre viti e bulloni indispensabili all’assemblaggio di un macchinario medicale e anche le viti per fissare i lampadari. Ne consegue che proseguirà la prima delle due produzioni, ma non la seconda.

Chi controlla

Sempre le disposizioni del decreto della Presidenza del Consiglio di ministri ha indicato nelle prefetture l’organo incaricato di raccogliere le comunicazioni e le istanze, che poi vengono trasmesse alle Regioni, ai ministri dell’Interno, dello Sviluppo economico, del Lavoro e le forze di polizia.

Non solo, è la prefettura ad autorizzare le aperture in deroga e a disporre i controlli. In Friuli Venezia Giulia ogni prefettura ha istituito una task force composta, oltre che dalle associazioni di categoria e dalle organizzazioni sindacali, anche dalla Guardia di finanza. Le singole competenze sono utili per uno screening iniziale per discriminare le aziende che, ragionevolmente svolgono attività coerenti con le finalità indicate dalle norme per quelle che possono continuare a produrre, ma questa non è che una prima fase a cui fanno seguito controlli capillari per verificare la veridicità delle dichiarazioni fatte.

Da queste attività scaturiscono i dinieghi di autorizzazione o i provvedimenti di sospensione. A Pordenone su un totale di 1.047 pratiche trattate, sono stati emessi 48 provvedimenti di sospensione, 5 di diniego di autorizzazione. A 24 aziende è stata richiesta un’integrazione di documenti. Tra le pratiche vi sono anche comunicazioni “doppie”, giunte da chi - legittimamente autorizzato a proseguire nell'attività - ha ritenuto di comunicarlo o di chiedere un’autorizzazione non necessaria, e altre 110 pratiche che non avevano niente a che fare con la prosecuzione dell’attività.

A Udine su 1.160 comunicazioni ricevute per la prosecuzione dell’attività perché legate a filiere essenziali, per 8 è stato emesso un provvedimento di sospensione. Su 49 richieste di autorizzazione per attività strategiche, come detto, 46 sono state negate.

Clima diverso

Di fronte a fenomeni tutto sommato simili nei due territori di Udine e Pordenone, la posizione dei sindacati è però diversa. A Udine i metalmeccanici annunciano lo stato di mobilitazione, a Pordenone invece no. A fare la differenza sono le relazioni industriali e sindacali, improntate all’insegna della partecipazione e della condivisione nel Friuli occidentale, non altrettanto nell’area udinese. Le ripartenze in territorio pordenonese sono state caratterizzate dal confronto con le organizzazioni sindacali e dalla ricerca di accordi per la gestione in modo condiviso del riavvio delle produzioni (vedasi Cimolai, Bertoia ecc.). La stessa cosa non è avvenuta in terra udinese.

Incertezza

L’incognita più pesante resta quella della ripartenza, quella vera. Perché è evidente che il motore economico della regione e del Paese deve riaccendersi, magari definendo regole stringenti e misure efficaci di protezione della salute dei lavoratori e della collettività. Parliamo di circa 120 mila, tra aziende e unità locali attive in Fvg con oltre 500 mila persone coinvolte tra addetti e titolari. Ma su questo l’orizzonte resta ancora indefinito.

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