Ripartita la produzione alle acciaierie Pittini, scatta la protesta dei sindacati: "Prima la salute dei dipendenti"

Fim, Fiom e Uilm attaccano il Gruppo: il mercato è fermo, questo tipo di lavorazione non è essenziale

UDINE. Non è piaciuta ai sindacati la decisione del Gruppo Pittini, avvallata dal prefetto di Udine, di ripartire  con la produzione di acciaio già da venerdì 3 aprile.

Le segreterie di Fim, Fiom e Uilm hanno infatti affermato con forza che questa tipologia di produzione "non è essenziale, così come indicato dal decreto governativo, specialmente in questo momento dove tutto il mercato è fermo".

"Facendo così - affermano i sindacati - il Gruppo Pittini obbliga non solo i lavoratori diretti ma anche i dipendenti delle aziende che lavorano in appalto all'interno dei siti produttivi, cioè centinaia di persone, a lavorare in una fase in cui solo da un paio di giorni si vede un rallentamento della pandemia".

Per i sindacati, dunque, "in un momento dove le libertà costituzionali vengono limitate arrecando disagi e complicazioni alla popolazione del Friuli che con grande senso di responsabilità si attiene a tutte le norme emanate per contrastare la propagazione del coronavirus, l'azienda dichiarando che è obbligata a riciclare rifiuti fa ripartire gli impianti privilegiando l'aspetto produttivo mentre noi riteniamo giusto privilegiare la salute del personale".

Ferriere Nord, infatti, aveva comunicato alle organizzazioni sindacali in un recente incontro in via telematica  che fondere rottame ferroso rientra nella filiera produttiva codice Ateco 38 (attività di raccolta e trattamento e smaltimento dei rifiuti) e che di conseguenzail Gruppo Pittini ha tutta la titolarità per produrre.

Ma i sindacati non ci stanno. "Nè lo smaltimento dei rifiuti nè le richieste impellenti dei clienti - spiegano infine - sono più importanti della salute dei lavoratori. La resposnabilità sociale di impresa significa in questo momento fermare la produzione per ripartire insieme".

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