Uccise la sua fidanzata di 21 anni, ecco perché Mazzega era agli arresti domiciliari

UDINE. Francesco Mazzega, condannato a 30 anni per la morte di Nadia Orlando, si è suicidato. L'uomo è stato trovato morto sabato sera, 30 novembre, nel giardino della sua abitazione, a Muzzana, dove era agli arresti domiciliari. Venerdì in appello era stata confermata la condanna a 30 anni.
Mazzega era agli arresti domiciliari dal settembre 2017 quando il tribunale del Riesame di Trieste aveva deciso per l’omicidida 36enne di Spilimbergo una misura coercitiva più lieve della custodia cautelare in carcere.
Riprendendo in mano l'ordinanza pronunciata due anni fa dal collegio, presieduto dal giudice Filippo Gulotta e redatta dal collega estensore Enzo Truncellito (a latere, insieme a Roberta Mastropietro), Francesco Mazzega era stato premiato perché «soggetto incensurato, ben inserito nella società e con un lavoro stabile, che finora ha tenuto una condotta irreprensibile e ha avuto condizioni di vita individuale, familiare e sociale buone». Una persona di cui fidarsi, insomma. Al punto da concedergli gli arresti domiciliari.
COSA C'E' DA SAPERE SULLA VICENDA
In quel caso, i giudici avevano motivato la loro decisione immaginando che - come si legge nell'ordinanza - «un uomo del genere non è seriamente immaginabile che, posto sotto cautela domestica, in un ambiente dove abitano i suoi genitori, ne violi il regime e ne frustri lo scopo.
Senza considerare che, all’evidenza, l’allontanamento indebito dal suo domicilio, sicuramente non per motivi di fuga, neppure ipotizzati, non gli consentirebbe certo di concretizzare immediatamente il pericolo di reiterazione del reato, che presuppone una relazione con una donna, e gli procurerebbe solo il necessario aggravamento della misura».
La morte di Francesco Mazzega, il giorno dopo a Muzzana
Venerdì 29 novembre la Corte d’appello aveva confermato la condanna a 30 anni per l’omicidio della fidanzata Nadia Orlando. E nei prossimi giorni i giudici si sarebbero dovuti esprimere sulla richiesta di inasprimento della misura cautelare che avrebbe potuto riportare in carcere il 37enne.
A Mazzega erano stati i domiciliari anche perché, dopo aver vagato tutta la notte con il corpo della fidanzata, aveva deciso di costituirsi e «pagare il prezzo della sua tremenda azione». Un attestato di buona condotta per il riesame che gli aveva concesso, a settembre del 2017, un “bonus”.
Qualche mese più tardi, nel febbraio del 2018, la Corte di Cassazione aveva giudicato "inammissibile" il ricorso proposto dalla Procura di Udine contro l’Ordinanza del tribunale del riesame di Trieste.
La protesta in piazza per chiedere di revocare i domiciliari a Mazzega
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