Due anni senza Nadia, la mamma: «Tutte le mattine vado sulla sua tomba, mi rivolgo a Dio e gli chiedo “perché?”»

Era il 31 luglio quando Nadia Orlando, 21 anni, è stata uccisa dal suo fidanzato Francesco Mazzega, condannato a 30 anni

VIDULIS. «Perché è successo proprio a noi? Cosa abbiamo fatto di male?» Sono queste le domande che ogni secondo rimbombano senza trovare riposte nella mente di Antonella Zuccolo, la mamma di Nadia Orlando, la ventunenne di Vidulis di Dignano uccisa il 31 luglio 2017 dal suo fidanzato, Francesco Mazzega, 37 anni, di Muzzana del Turgnano.

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A casa Orlando la vita va avanti segnata da un dolore insopportabile dal quale Antonella e Andrea Orlando cercano di sfuggire allontanandosi, di tanto in tanto, dai luoghi in cui rivedono Nadia bambina, adolescente e poi donna innamorata fino a quando Mazzega, reoconfesso, ha interrotto per sempre il suo respiro.

A distanza di due anni, con gli occhi pieni di lacrime e la voce interrotta dalla commozione, la mamma continua a chiedere «giustizia». Da Nadia il suo pensiero va alle tante, troppe, ragazze che inconsciamente sono al fianco dei loro aguzzini: «Ragazze – questo il suo appello – non andate all’ultimo appuntamento».

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A casa Orlando i genitori e il fratello Paolo si apprestano a vivere il secondo anniversario dalla morte di Nadia. È una giornata difficile, dolorosa, segnata dal ricordo. «Forse il 14 gennaio, il giorno del compleanno di Nadia è peggio», fa notare la mamma non senza aggiungere: «A una malattia ti rassegni, a un incidente pure, ma a una cosa così non puoi farlo. Nadia è stata punita solo perché voleva interrompere la relazione con Francesco».

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Si interroga Antonella, è tormentata dal sospetto che lei, da mamma, aveva avuto nei confronti di Mazzega: il giovane con la faccia da bravo ragazzo, 15 anni più grande della figlia, che piaceva a tutti. Anche lei inizialmente lo apprezzava salvo rendersi conto poi che quell’attaccamento nei confronti della figlia era diventato morboso. «Nadia non frequenta più le amiche» ripeteva al marito per sentirsi dire «ma è felice». Nadia era accecata dall’amore. Salvo intuire durante l’ultima vacanza con il fidanzato che la loro storia non stava funzionando. «Pensi – ripete – che l’ultima sera quando Nadia mi disse “mi aspetta Francesco per chiarirci” io le raccomandai: “Lasciatevi da buoni amici”.

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Nonostante i miei sospetti, per me era davvero inimmaginabile pensare che potesse finire così». Antonella si ferma, prende fiato per continuare a raccontare di quella fitta che, inconsciamente, avvertì al petto: erano le 21.15 di due anni fa. A quell’ora Nadia era già uscita con Mazzega per fare una passeggiata e Antonella si rese conto che davanti a casa mancava l’auto.

«Ho sentito una fitta al cuore, ho mandato un messaggio a mia figlia, altri ancora, ma il suo telefono era già spento. Ero spaventata, mio marito l’ha cercata tutta la notte». Piange la mamma, le sue sono lacrime di dolore e rabbia. La stessa rabbia che amici e parenti provano per la scomparsa di Nadia e per la pagina giudiziaria che sta scrivendo questo caso. Mazzega è stato condannato in abbreviato a 30 anni di carcere, ha impugnato la sentenza e si è visto rigettare l’istanza di rimessione del procedimento in altra sede per «legittima suspicione». Anche la trafila giudiziaria è una pena per la famiglia Orlando che da due anni entra ed esce dalle aule dei tribunali.

«Ogni rinvio è un tormento, siamo nel limbo non sappiamo quale sarà la prossima udienza». Antonella non si dà pace. Lavora, cerca «di impegnare la testa per andare a dormire stanca, in caso contrario – confessa – è una veglia continua. Da due anni stiamo recitando una vita normale. Lo dobbiamo fare e basta, non abbiamo alternative». Gli Orlando hanno un figlio ed è lui che gli dà la ragione di vivere. «Se tornassi indietro insegnerei a mia figlia a essere più furba», aggiunge convinta che sia stata l’onestà a “tradire” Nadia. Ogni giorno prima di recarsi al lavoro, Antonella si reca al cimitero davanti alla tomba della figlia. «Faccio il segno della croce, inizio a pregare e poi mi blocco. Me la prendo anche con Dio: “Cosa ti abbiamo fatto per meritarci questo?”». Da quel tragico 31 luglio 2017 la vita della famiglia Orlando è «rovinata, è una vita infelice. A Natale scappiamo in montagna, ma quando vediamo una coppia con figli il pensiero torna a Nadia». Sarà sempre così.

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