Sostituito al timone, Egidio Maschio non ha retto e si è ucciso

PADOVA. L’apprensione per il futuro della sua azienda l’ha spinto a farla finita sparandosi un colpo di fucile. I suoi motti preferiti, “crederci sempre”, “mai mollare” e “coraggio” ieri mattina hanno lasciato il posto a un sentimento di scoramento troppo profondo.
L’imprenditore Egidio Maschio, 73 anni, fondatore della Maschio Gaspardo spa, un colosso internazionale nella produzione delle macchine agricole con duemila dipendenti, non ha retto all’incertezza per il futuro della sua creatura e l’esposizione importante con le banche.
Problemi che alla sua età potevano solo sfiorarlo visto che la guida dell’impero era stata affidata da poche settimane a due manager (Massimo Bordi, ex dg di Ducati e vicepresidente di Mv Augusta, come nuovo amministratore delegato, e Paolo Bettin in qualità di Chief financial officer) e che il capitano d’azienda non aveva di certo problemi economici.
Ma la sua creatura veniva prima di tutto e non poteva abbandonarla.
L’imprenditore ieri mattina è arrivato prima delle 6 nello stabilimento di Cadoneghe al volante della sua Mercedes serie S. Ha aperto il cancello automatico e ha parcheggiato.
Era il momento del cambio turno e quindi è stato visto da diversi operai, alcuni dei quali hanno notato il suo sguardo assente.
Nel bagagliaio aveva riposto il suo fucile da caccia, un Beretta calibro 12 automatico. È salito al primo piano, nel suo ufficio. Si è seduto su una sedia vicino al muro e ha posizionato il calcio del fucile tra il pavimento e la parete.
La canna l’ha puntata al petto. Ha fatto fuoco con l’ausilio di un righello rosso di plastica con gli stemmi della sua azienda. È morto sul colpo. L’allarme l’ha dato un capo magazziniere che si era insospettito dal fatto che in parcheggio ci fosse l’auto, ma l’imprenditore fosse “sparito”.
Quando l’ha visto morto sulla sedia è uscito urlando la sua disperazione.
Egidio Maschio non ha lasciato alcun biglietto per spiegare il gesto, ma la motivazione era appuntata nella sua agenda: i dubbi sul futuro del gruppo erano un tarlo che non lo lasciava in pace, l’esposizione con le banche si era alzata per la volontà di investire di più per aggredire la crisi.
L’esposizione bancaria del 2013, l’ultimo bilancio disponibile, è di circa 100 milioni. Le banche non avevano chiesto un rientro, ma per i prossimi giorni era previsto un tavolo per la rimodulazione del debito. Un piano industriale era stato preparato dal nuovo management all’inizio di giugno.
Tra il 2009 e il 2014 il fatturato del gruppo è più che raddoppiato, passando da 118 a 324 milioni milioni di euro. Maschio Gaspardo spa impiega duemila dipendenti in 15 stabilimenti, di cui 3 all’estero - Cina, India e Romania - e in 12 filiali commerciali in Francia, Spagna, Germania, Polonia, Ucraina, Turchia, Russia, Nord America, Cina, India, Romania e Iran.
La salma dell’imprenditore, uscita dalle 11.40 dallo stabilimento di Cadoneghe, è stata posta sotto sequestro dalla Procura di Padova.
Egidio Maschio aveva l’elicottero, una macchina di lusso, le cravatte di seta Hermès. Era diventato ricco con il sudore della fronte e per questo era rimasto quello di sempre. Genuino, veneto nel sangue.
Non sapeva lingue, tranne il dialetto, eppure girava il mondo. Nel suo ufficio, alla parete, la foto della vecchia casa dei genitori: il simbolo del riscatto dalla povertà ma anche del coraggio di essere un imprenditore, di rischiare.
Nel 1964, ad appena 22 anni, aveva preferito fare gli straordinari nella sua stalla piuttosto che in fabbrica. Con il fratello Antonio, poco più grande, aveva scoperto, di notte, come si saldavano gli scheletri delle sedie. Nacque così la prima fresa Maschio. I fratelli cercavano clienti nelle stazioni dei treni, ma arrivarono ben presto in Grecia. Poi Francia, Olanda. In tutto il mondo.
La parola d’ordine era fedeltà. Alle banche, ai fornitori, agli operai, agli amici. Come Ennio Doris, che atterrava in elicottero in azienda; Silvio Berlusconi, che nello stabilimento tenne un comizio due anni fa; e persino Romano Prodi.
Egidio Maschio aveva approntato il passaggio generazionale: in azienda erano entrati i figli Andrea e Mirco e la giovane nipote Martina. Ma la fretta della cessione del controllo societario aveva colpito i più attenti osservatori. Sognava di conquistare l’Africa e una quotazione in Borsa, ma non di mollare la presa.
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