Mv nei mercati sbarca a Tolmezzo: lo spettro della crisi e i pochi servizi spaventano i cittadini

Parlano i cittadini intervistati al mercato: commercio e turismo hanno bisogno di investimenti. A preoccupare è anche il destino dell’ospedale, presidio sanitario a disposizione di tutta la montagna
Tolmezzo 4 novembre 2019 Mercato ©Foto Petrussi
Tolmezzo 4 novembre 2019 Mercato ©Foto Petrussi

Tappa Tolmezzo, il Mv al mercato per ascoltare la voce dei lettori

Più di sette secoli di storia per coltivare una vocazione emporiale che ha edificato a Tolmezzo l’architrave dell’attività commerciale e artigianale della montagna friulana. E uno spettro, quello della crisi che abbassa le serrande, toglie linfa alle imprese e dissangua le anagrafi.

Oscillano intorno a questo denso nucleo le preoccupazioni della gente, raccolte ieri nel corso della tappa del Messaggero Veneto al mercato dei Santi che ha riempito vie e piazze cittadine di bancarelle e di gente, tolmezzini e non. Tradizione antica, si diceva, quella che favoriva il crocevia di genti e di merci nell’area montuosa occidentale del Friuli. E già esisteva un mercato quando, verso la metà del XIII secolo, il patriarca Gregorio volle favorire in quel borgo, nato ai piedi del castello, le attività artigianali, di accoglienza e di ristoro. Una vocazione che Tolmezzo mantiene, lo si poteva verificare ieri in un centro brulicante di visitatori, giunti da tutta la Carnia. «È una città bellissima – è l’endorsement di Loris Mentil, giunto da Arta Terme – qui la gente è cordiale, ci sono servizi e attività, ci verrei a vivere volentieri».

Ma il quadro di generale apprezzamento è venato da luci ed ombre. «Veniamo a Tolmezzo per gli acquisti perché la città resta un riferimento per la Carnia, ma nel tempo tanti negozi hanno chiuso i battenti e questo è un problema che va affrontato» è la chiosa di Paola Pellizzotti. Per questo i tolmezzini chiedono di amplificare la vocazione commerciale e turistica locale. L’immobilismo e la mancanza di compattezza sono rischi dai quali ci si deve guardare, per Anna Di Vora: «Il commercio deve puntare sulla tipicità, trovare nicchie di mercato sulle quali investire. E poi – rilancia – bisogna imparare a proporsi, a fare squadra, perché se manca lo spirito di comunità, tutto risulta più difficile. Lo abbiamo visto con la festa della mela: se tutti partecipano e danno una mano i risultati si vedono».

Antonio Baracco pensa alla necessità di creare lavoro per i giovani. «La Carnia si sta spopolando – è il suo allarme – la gente si riversa sui centri commerciali e scende verso Udine, bisogna trovare il modo di rendere appetibili le attività, trovare un richiamo per il turismo, organizzare iniziative senza sovrapposizioni, coinvolgendo associazioni, pro loco e comuni vicini». Per farlo, suggeriscono Tiziano Romano e Fiorella Deotto, servono risorse: «Non si investe abbastanza per incentivare il turismo, per rendersene conto basta vedere cosa fa il Trentino, eppure, la nostra montagna non ha nulla da invidiare quanto a risorse» fa notare Romano. Per questo è necessario, suggerisce Deotto «garantire un aiuto a chi fa impresa e convincere la gioventù a restare».

Lo “scippo” del tribunale e poi quello dei militari hanno drenato clienti e risorse al mercato cittadino. A farne le spese, osserva Claudia Campanini, è il piccolo commercio che ha alzato le mani. «Ma le tasse, la formazione, la burocrazia e i costi crescenti a fronte di margini di guadagno sempre più risicati – fa il punto – ci hanno messi tutti a dura prova e molti si sono arresi. Senza una fiscalità di vantaggio, senza sgravi non si sopravvive».

Donato Nettis suggerisce incentivi a chi sceglie di restare, oltre alla garanzia di servizi adeguati. Anche favorire le soste brevi senza il balzello dei ticket per le auto, potrebbe aiutare chi lavora in centro e giovare al giro d’affari, osserva Elio Felicioni. Maurizio Barbi, ex tolmezzino che ha girato il mondo e che a ogni suo ritorno scopre la “sua” città impoverita, ammette che «nelle giornate di mercato Tolmezzo è piena di gente. Ma poi si spegne – si affretta ad aggiungere –. Un tempo, la Carnia era un susseguirsi di bei locali e di attività che davano lavoro a tante famiglie, come la ex Seima, attività che oggi sono in bilico». A guardare al futuro dell’Automotive Lighting è anche Ingrid Baritussio che lavora per l’azienda: «Il lavoro è diminuito e per noi il futuro è fonte di grande preoccupazione» assicura. Accanto a lei, Luigi De Toni pensa alla storica vocazione agricola del territorio, mortificata e ridimensionata nel tempo: «Sono sparite le latterie, le famiglie che coltivavano piccoli appezzamenti a allevavano animali, è da lì che bisognerebbe ripartire» segnala. Ma è anche con la cura dell’ambiente, fa notare Arduino Scarsini, che si valorizza il territorio. «Da anni – mette in chiaro – mi batto per garantire lo sfalcio dei terreni; la cura di prati e boschi è importante, i terreni falciati permettono il drenaggio delle acque meteoriche e consentono di prevenire frane e dare visibilità a borghi e risorse ambientali, altrimenti destinati a scomparire. E fra i beni di cui ci si deve occupare rientrano le eredità delle servitù militari: ruderi che lo Stato sdemanializza e che vanno recuperati».

A preoccuparsi della cura del territorio e dello sfalcio dei prati, da Illegio, è anche Antonio Tavano, ponendo il problema dell’abbandono di rifiuti ai lati delle strade che rappresenta un depauperamento del territorio e va arginato. Ma è al cuore della Sanità nella montagna friulana che Maria Teresa Chiussi guarda con timore: «La riforma rischia di depontenziare l’unico ospedale dell’area montana dal quale dipende la vita di tante persone – è il suo monito –, un polo sanitario le cui specialità sono un orgoglio e una necessità da difendere». Le fa eco Ivana Cescutti: «Eravamo l’eccellenza, ma la Sanità sta peggiorando, le liste di attesa si allungano e il privato resta l’alternativa obbligata» osserva. Per Chiussi la soluzione sta nel buonsenso: «Non ci si può approcciare ai servizi con una logica numerica – taglia corto – bisogna ragionare sulle specificità del territorio, vale per l’ospedale, per le scuole e per l’agenzia delle Entrate, che devono essere salvaguardati se non si vuole che la montagna muoia». —


 

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