Maratona di Trieste, gli organizzatori: "Non ingaggiamo atleti africani". E anche Udine ci sta pensando

Probabilmente per molti sarà la prima occasione per vedere una corsa, una mezza maratona in questo caso, senza nemmeno un atleta professionista di colore. E si tratta di una cosa destinata a fare storia, perché alla fine a vincere queste competizioni da anni sono sempre loro, i kenioti, gli etiopi, gli africani che corrono veloci come il vento. E alla Trieste running festival, erede della Bavisela, non ci saranno.
Tra i 1500 partecipanti, solo atleti europei, che saranno impegnati il 5 maggio nella mezza maratona. Una decisione che gli organizzatori hanno motivato non per questioni razziste (accusa subito respinta), ma volta a tutelare proprio gli stessi atleti africani, spesso in mano a manager senza scrupoli che li sfrutterebbero per i propri guadagni.
«In tanti anni – spiega Fabio Carini, presidente di Apd Miramar, che organizza l’evento – ci siamo trovati di fronte a manager seri, ma tante altre volte a persone che danno vita a una vera e propria tratta sportiva. Trovano gli atleti, anche i più sconosciuti, quelli forti, che corrono più veloci di tutti gli altri, e li portano alle competizioni, ma senza garantire loro le condizioni per essere alla pari con gli atleti europei. Noi abbiamo voluto mettere uno stop a tutto questo, finché non sarà fatta chiarezza».
«Ci sono manager – prosegue Carini – che danno vita a un mercato che non tiene minimamente conto del valore dell’atleta. Il vincitore della gara dell’anno scorso non aveva in tasca nemmeno il denaro per comprarsi il biglietto del treno per tornare a casa. E non si spiega perché la Federazione nazionale e internazionale non intervenga su questa cosa. Noi vogliamo dare un segnale preciso e forte». Il presidente di Apd Miramar spera che l’esempio venga seguito anche da altri. «È importante che un segnale così forte arrivi proprio da noi, da Trieste, una città multietnica, con 21 culti diversi e 69 comunità che convivono quotidianamente. Quello dell’interculturalità per noi è un dovere. E chi vede in questa nostra decisione un gesto razzistico è solamente un folle. Il nostro segnale è diametralmente opposto e mi auguro che venga colto il risvolto giusto. Spero, inoltre, che altri prendano in considerazione la possibilità di fare lo stesso, e che ci affianchino in questa scelta. Noi il segnale lo abbiamo inviato, ora vediamo cosa succede».
L'indignazione del Pd. Intanto sono arrivate le reazioni del mondo politico. «Una mezza maratona per soli bianchi: pensavamo fosse un titolo che si sarebbe potuto leggere solo nell’Alabama del Ku Klux Klan ed invece è la cronaca di ciò che accade a Trieste. La scusa è che non ci sono manager onesti in grado di far arrivare nella nostra città atleti capaci di dare lustro e qualità agonistica alla corsa triestina. Io credo che Trieste meriti di meglio», posta su Facebook il vicepresidente del Consiglio regionale Fvg Francesco Russo, mentre il segretario regionale del Pd Cristiano Shaurli, che ha postato sui social la foto del pugno chiuso di Tommie Smith e John Carlos a Città del Messico ’68, aggiunge in una nota: «Con motivazioni che hanno un retrogusto d’ipocrisia all’ennesima potenza, la nostra regione apre la stagione della discriminazione nello sport. Il fatto che questa scelta sia frutto di un organizzatore che è anche giornalista dipendente della Regione rende ancora più imbarazzante tutta la situazione». «La reazione è una sola: l’indignazione», dice l’europarlamentare Isabella De Monte.
Le reazioni da Udine. . La decisione di Carini e della Apd Miramar è arrivata velocemente anche ai vertici della Maratonina Udinese, e in particolare al vice presidente e medaglia d’oro nei 5000 metri e d’argento nei 10000 ai Campionati europei del 1978, Venanzio Ortis. «Il ragionamento che hanno fatto non è sbagliato del tutto – spiega –, e non si tratta di essere razzisti. A Udine abbiamo puntato sempre su un risultato tecnico molto alto, ma quello che è successo a Trieste sarà preso in considerazione. Non è detto che non ripenseremo la cosa in futuro. Gli episodi non corretti ci sono in tutto il mondo, ma mi risulta siano comunque marginali». «Lo sport è di tutti – aggiunge Ortis –, ma forse l’atteggiamento va ridiscusso. D’altra parte i nostri giovani quando devono correre e vedono lo strapotere degli atleti di colore rinunciano in principio. Dovremmo investire maggiormente sui talenti dei nostri territori. Vedremo».
Posizione diversa è quella di Giuliano Gemo, presidente dell’Unesco Cities Marathon, che afferma: «È vero che alcuni atleti vengono sfruttati, come accade purtroppo spesso quando ci sono interessi e denaro, ma ci sono anche i professionisti seri. Alcuni atleti di colore vivono e si allenano in Italia da tempo, e sono anche affiliati ad associazioni dei nostri territori». «Per quanto ci riguarda – aggiunge Gemo – avendo noi come maratona Unesco una mission particolare, stiamo molto attenti a chi chiede di partecipare. Ci fidiamo delle indicazioni della Federazione e cerchiamo di capire chi siano gli atleti che i manager ci propongono. Non nascondo che abbiamo rifiutato alcune proposte».
Molto secco, invece, è stato Federico Rosa, un manager internazionale di alta fama, che rispedisce al mittente le accuse di Carini. «Non è corretto chiamare in causa manager seri che lavorano ad alti livelli da decine di anni – spiega da Londra –, bisognerebbe invece chiedere spiegazioni a chi si sarebbe comportato male. Ci sono professionisti che hanno in questi anni portato l’Africa in cima al mondo, trattando gli atleti benissimo. Comunque non conosco il caso, non lavoro da anni con gli organizzatori di Trieste e quindi mi fermo qui»
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