Mano tesa dei Salesiani: accoglieremo in Friuli 5 minori della Sea Watch
![A coastguard boat approaches the German humanitarian group's rescue boat Sea Watch 3, to deliver food and blankets for the cold, off the coast of Syracuse, Italy, Sunday, Jan. 27, 2019. The Italian coast guard is bringing socks, shoes, bread and fruit to 47 migrants who have been stranded at sea for nine days aboard a German ship. (ANSA/AP Photo/Salvatore Cavalli) [CopyrightNotice: Salvatore Cavalli]](https://images.messaggeroveneto.it/view/acePublic/alias/contentid/e6c7f39b-ba4b-488c-8497-99fe3f88babe/0/ansa-emergenza-sea-watch-sale-a-bordo-una-delegazione-del-pd.webp?f=16%3A9&w=840)
UDINE. Il Friuli e la nave Sea Watch, al largo del porto di Siracusa, sono lontani 1.600 chilometri, ma oggi sembrano più vicini che mai. E la questione diventa di ora in ora incandescente, tra polemiche politiche, accuse incrociate, l’appello dei medici che supera le 500 adesioni e la disponibilità, da parte dei Salesiani, ad accogliere alcuni dei minori che si trovano a bordo dell’imbarcazione.
Mano tesa della Chiesa
I contatti risalgono a un paio di giorni fa, ieri si sono concretizzati. Tra Udine e Gorizia potrebbero arrivare nei prossimi giorni, semprechè sia consentito lo sbarco degli extracomunitari, 5 minori. La conferma arriva dal direttore del Bearzi don Filippo Gorghetto.
«Abbiamo tre case di accoglienza nel Nordest - spiega -, le due in Friuli Venezia Giulia e quella di Albarè in provincia di Verona. Credo che a Udine potremmo ospitare 3 ragazzi, ma non ci sarebbe problema a trovare uno o due letti in più. In ogni caso è disponibile anche la struttura dell’ex San Luigi in centro a Gorizia.
Noi abbiamo il cuore e le braccia aperti, quando da Roma ci hanno preallertato, tramite i Salesiani per il sociale, ci siamo subito adoperati. I migranti non devono essere un peso, se vengono qua gli diamo la dignità umana che meritano. Mi auguro che mettano piede sulla terra, prima o poi. Sappiamo che l’Italia, per la gran parte di loro, è un punto di appoggio, poi vogliono andare via, lontano, in altri Paesi europei».
La comunità per minori stranieri non accompagnati del Bearzi a Udine ha una capacità di 25 posti letto e oggi ospita già 21 giovani tra i 14 e i 17 anni. Vengono da Egitto, Marocco, Africa sub sahariana, Pakistan, Bangladesh, Kossovo e Albania, mentre i 3 o 5 in arrivo dalla Sea Watch dovrebbero essere libici. Dodici degli attuali ospiti della Casa sono inseriti nella rete scolastica cittadina, gli altri fanno corsi di italiano o cucina, lavoretti di manutenzione spicciola e sono seguiti 24 ore su 24 dagli educatori, tutti laici.
«Quei ragazzi - aggiunge don Gorghetto che da soli 4 mesi dirige il centro salesiano udinese - non hanno scelto di vivere su una nave, hanno il diritto di scendere. I migranti, almeno dalla mia breve esperienza qui in Friuli, sono benvoluti dalla popolazione locale, a patto che si tratti di persone che hanno voglia di integrarsi e che lavorino con il sudore della fronte. C’è più fatica, invece, nei confronti di chi non si vuole inserire nella nostra società».
«Consideriamo che questo sia il gesto più vero e concreto per festeggiare la prossima ricorrenza di don Bosco, fondatore dei Salesiani, che accolse senza alcune distinzione i giovani poveri della Torino dell’800», dicono don Giovanni D’Andrea, presidente di Salesiani per il sociale e don Carmine Ciavarella, delegato nazionale per l’emarginazione e il disagio.
Firme a quota 500
«Ho la mail personale intasata, ieri non sono riuscito nemmeno a scaricare tutta la posta arrivata. Ma so per certo che siamo più di 500». Il dottor Pierpaolo Brovedani, pediatra neonatologo dell’ospedale Burlo Garofolo di Trieste, aggiorna il conteggio di quanti, camici bianchi e altro personale sanitario, hanno sottoscritto l’appello lanciato sabato per lo sbarco immediato dalla Sea Watch in quanto sussiste il pericolo di un’emergenza sanitaria a bordo. «Quando le cronache ci dicono che i servizi igienici sanitari chimici utilizzati dai 47 migranti a bordo sono quasi arrivati a saturazione - spiega Brodevani - vuol dire che siamo davanti a un rischio di epidemie acute e rapide in un ambiente chiuso. Come medici abbiamo il dovere di intervenire e dare l’allarme».
La polemica con Fedriga
Il dottor Brovedani, forte della grande solidarietà dei suoi colleghi, si toglie qualche sassolino dalle scarpe. Nel mirino le parole del governatore del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga: la risposta del medico è un vero e proprio fendente, che alimenta uno scontro verbale già piuttosto acceso.
«Il mio è uno stupore positivo davanti a tante firme - osserva il neonatologo - ma devo ammettere che le prime dichiarazioni di Fedriga hanno fatto lievitare a dismisura il numero delle stesse. Il governatore ha scatenato la reazione d’orgoglio dei medici che non vogliono farsi tappare la bocca: “ma chi è questa persona che ci impedisce di parlare della salute”? si sono chiesti molti miei colleghi.
E così sono stati spinti ad aderire all’appello, credo che Fedriga abbia fatto una mossa del tutto sbagliata e controproducente, un boomerang. Un altro colpo a vuoto, da parte del presidente, è quel sottile ricatto istituzionale: la visione direttiva, quasi da caserma, che ha Fedriga dell’operatore sanitario è completamente fuori luogo e inquietante come il modello di società e democrazia che queste parole prefigurano.
Noi infatti ci siamo espressi in qualità di professionisti e liberi cittadini, non da appartenenti a un determinato ospedale. Temo che il presidente Fedriga si sia indispettito a vedere aumentare le firme, e che così ci ha attaccato facendo errori di valutazione, si è espresso più come politico che non come pubblico amministratore».
Brovedani ieri ha ricevuto una telefonata di solidarietà da parte di don Pierluigi Di Piazza, fondatore del Centro Balducci di Zugliano. «Dobbiamo avere il coraggio di risolvere questa situazione - ha concluso il medico - 47 migranti non sono un’invasione, la rigidità ideologica in questi casi è dannosa. L’Europa è crudele, è vero, ma nell’immediato non si può mercanteggiare la vita delle persone, non possiamo chiudere gli occhi».
Serracchiani: bavaglio ai camici bianchi
La deputata dem Debora Serracchiani attacca Fedriga. «A Nordest - scrive su Fb - c’è un presidente di Regione che crede di essere Orban e che vorrebbe imbavagliare oltre 500 medici che esprimono pubblicamente le loro convinzioni. Il punto preoccupante di questa vicenda non riguarda soltanto la questione “sbarco sì-sbarco no” - prosegue Serracchiani - ma il diritto di parola che, secondo Fedriga, 500 medici non avrebbero come categoria, in quanto personale di strutture pubbliche regionali.
Siamo alla follia. Fedriga pensa alla militarizzazione degli operatori pubblici della sanità. Siamo a un passo dal regime, perché i firmatari, la cui lista è pubblica, sono fatti oggetto di una minaccia indiretta, ma chiarissima. In Friuli la sanità è in capo alla Regione e si può immaginare quali effetti intimidatori può provocare un presidente di Regione che accusa i medici».
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