Le unioni omosessuali spaccano i sindaci del Friuli Venezia Giulia

UDINE. Fatta la legge, trovato l’inganno. Le unioni civili non hanno fatto nemmeno in tempo a diventare norma dello Stato italiano che i sindaci si spaccano sulla loro applicazione concreta. Anche in Fvg, dove c’è chi ha intenzione di rispettare senza alcun dubbio la nuova legge, ma non mancano i distinguo, soprattutto tra i primi cittadini di centrodestra.
Perché c’è chi – come Ettore Romoli a Gorizia o Stefano Balloch a Cividale – non si tirerà indietro e chi – vedi Fabio Marchetti a Codroipo – delegherà invece l’eventuale compito di unire una coppia gay a un componente della giunta o del Consiglio. Un panorama, poi, che va completato dai sindaci leghisti decisi più che mai a seguire le indicazioni di disobbedienza impartite da Matteo Salvini.
Ed è questo, ad esempio, il caso di Daniele Moschioni, sindaco di Corno di Rosazzo e segretario provinciale del Carroccio.
«Il matrimonio è quello tra uomo e donna – ha detto – e non ho nessuna intenzione di celebrare eventuali unioni tra persone dello stesso sesso. Non mi fanno paura né le possibili ripercussioni legali né eventuali commissariamenti. E non c’entra nulla nemmeno il “diktat di Salvini”: non condivido questa norma e non la applicherò».
Una contrarietà che, pur con sfumature diverse, è pari a quella di Fabio Marchetti. «La legge è un pastrocchio – ha spiegato il primo cittadino di Codroipo – che istituisce unioni abbastanza incivili. Come sindaco ho sempre seguito il motto dura lex sed lex, ma questo non vuol dire che sia obbligato a celebrare i matrimoni gay in prima persona.
Cosa significa? Semplicemente che, nel caso, lo faranno le persone che ho delegato a officiare i matrimoni civili cioè i componenti della giunta e quelli del Consiglio comunale».
Si muove lungo la stessa linea d’onda anche Renzo Francesconi, sindaco di Spilimbergo. «Non posso condividere – ha sostenuto – l’equiparazione tra matrimonio e unioni civili. Aspetto ancora di leggere nel dettaglio il testo approvato dalla Camera, ma mi pare di capire che, di fatto, parliamo di un mero atto amministrativo che mi imporrebbe la registrazione dell’atto di unione tra persone dello stesso sesso.
Non sono d’accordo e, personalmente, spero che venga consentito di esercitare quell’obiezione di coscienza che già esiste per tante leggi e che dovrebbe essere applicata anche in questa occasione».
Parole che, di fatto, potrebbero essere quelle pronunciate da Andrea Mansutti, primo cittadino di Tricesimo. «È difficile esprimersi – ha detto – sino al momento in cui un amministratore non si trova a dover affrontare un caso concreto. In linea generale, però, sto dalla parte di chi invoca la libertà di coscienza.
Condivido la battaglia per riconoscere una serie di diritti, da inserire nel codice civile, per le coppie omosessuali, ma non come stabilito dalla nuova legge. Il rispetto per la sessualità di tutti deve muoversi in parallelo a quello per la famiglia tradizionale.
Un punto che davvero non leggo all’interno delle unioni civili che, di fatto, rappresentano anche un passo in avanti verso le adozioni gay perché si sa che, una volta aperto un varco, poi il fiume scorre in piena».
Diversa, invece, l’opinione di Renato Carlantoni. «Sono un uomo delle istituzioni – ha spiegato il sindaco di Tarvisio – e come tale tenuto a rispettare ogni legge dello Stato italiano.
Certamente mi deve essere consentita una riflessione complessiva personale e posso non essere costretto a celebrare le unioni in prima persona, ma questo non implica, anzi, il rifiuto alle registrazioni nella mia città».
Una posizione simile a quella del sindaco di Gemona Paolo Urbani. «I sindaci sono garanti dell’applicazione delle leggi – ha detto – e non sarò certamente io a fare come qualche mio collega che in passato si è lasciato andare a gesti eclatanti contrari alla normativa vigente.
Personalmente, però, credo che la legge sia molto borderline nel senso che avrei voluto un pizzico di maggiore rigidità sul concetto di famiglia. Mi auguro, quantomeno, che il Parlamento si fermi qui e, sul tema, non vada oltre».
Opposizioni vere e proprie o distinguo, dunque, ma non è così dappertutto. Ci sono anche tanti sindaci, infatti, che non hanno il minimo dubbio, a partire da uno dei precursori in materia, Furio Honsell.
«L’Italia ha compiuto un decisivo passo in avanti – ha sostenuto il primo cittadino di Udine – sul piano del riconoscimento dei diritti civili. Questa legge, che applicherò ben volentieri, permette di suggellare anche da un punto di vista giuridico il rapporto affettivo tra persone dello stesso sesso».
Honsell è un sindaco di centrosinistra, ma anche dall’altra parte della barricata ci sono sindaci favorevoli alla legge.
«Sono da sempre un sostenitore delle unioni civili – ha spiegato Ettore Romoli, primo cittadino di Gorizia – e ai tempi in cui ero parlamentare avevo depositato una delle prime proposte di legge in materia. Stiamo parlando di un atto amministrativo che applicherò senz’altro a patto, ma non mi pare il caso, che il Comune non venga trasformato in una sorta di “gay pride” al chiuso».
Pollice alto, infine, anche da Stefano Balloch. «Al di là del fatto che è un obbligo di legge – ha detto il sindaco di Cividale – a cui non potrei sottrarmi, guardo con favore alla norma anche da un punto di vista del ritorno economico.
Noi da anni permettiamo di sposarsi in qualsiasi giorno e a qualsiasi ora dopo aver aperto ai matrimoni le location più suggestive di Cividale attirando decine di persone all’anno. Per cui ben venga una legge di questo tipo che può permetterci di attrarre ancora più turisti».
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