La scuola è ormai arrivata all’autogestione

Mica ci serve l’autonomia scolastica, siamo già all’autogestione! Negli anni Settanta era l’obiettivo principe della contestazione studentesca, il sogno proibito di ogni movimento giovanile dal 1968 in poi: e 50 anni dopo possiamo dire con orgoglio di averlo raggiunto, in quanto ormai il sistema scolastico regionale, pur privo di qualsiasi governo, va avanti da sé

Mica ci serve l’autonomia scolastica, siamo già all’autogestione! Negli anni Settanta era l’obiettivo principe della contestazione studentesca, il sogno proibito di ogni movimento giovanile dal 1968 in poi: e 50 anni dopo possiamo dire con orgoglio di averlo raggiunto, in quanto ormai il sistema scolastico regionale, pur privo di qualsiasi governo, va avanti da sé: e finché la barca va... nessuno muove un dito per correggerne la rotta, che presumibilmente però porterà alla deriva del sistema.

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La politica non pare particolarmente preoccupata se non di duellare a colpi di cifre: intanto però la barca è in procinto di affondare, tanto che lo stesso capitano starebbe per abbandonarla. Non ci sono le forze infatti per condurla in porto.

La barca si chiama Ufficio scolastico regionale e dovrebbe essere l’ammiraglia della nostra scuola. Dal 1 marzo 2017, da quando Pietro Biasiol andò in pensione, il timone è già passato due volte di mano. Dopo i pochi mesi di interregno di Alida Misso, anche l’attuale nostromo, Igor Giacomini, appare sul punto di gettare la spugna. Il loro ruolo doveva essere assai ambito, ma invece hanno scoperto che richiede un’inattesa vocazione al martirio.

E non vogliono colare a picco col loro naviglio, che negli anni si è sempre più sguarnito. In 5 anni a fronte di decine di pensionamenti non c’è stato alcun turnover: è stato bandito solo un piccolo concorso per 5 posti di funzionario amministrativo.

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Gli uffici periferici sono al collasso. Se l’Ufficio scolastico regionale naviga in cattive acque, figuriamoci la scuola che dovrebbe organizzare! I dati forniti in audizione dall’assessore competente parlano da soli: mancano il 40 per cento dei presidi e dei docenti di sostegno, 14 Dsga (i vecchi “segretari” che sono linfa vitale per gestire contabilmente e amministrativamente ogni istituto) sono andati in pensione senza sostituto.

Infine, dilagano le reggenze: ma per i presidi che “a scavalco” si assumono oneri e responsabilità enormi gestendo più istituti non c’è pace. Difficile capire se e come e in quali tempi la regionalizzazione dell’Usr potrebbe avere effetto su un sistema che regge solo per la dedizione e l’abnegazione di migliaia e migliaia di professionisti. Quella del numero degli insegnanti e del personale Ata è la più evidente, ma anche quella a cui tutti gli utenti hanno fatto l’abitudine e che sembra non pesare più.

A pensarci, quello che stupisce è il torpore delle famiglie che sembrano non realizzare il caos in cui versa l’istituzione, e non percepire che tutto questo finirà per ripercuotersi sul livello di istruzione che sarà impartito ai loro figli.

Una scuola che le rilevazioni Ocse ponevano anni fa tra le migliori d’Europa rischia di essere penalizzata nella sua qualità didattica dalle carenze organizzative del sistema: se i padri e le madri pretendessero per la scuola dei loro figli la stessa qualità di governance che pretendono per sanità e trasporti probabilmente non saremmo a questo punto. Ma è ora che prendano coscienza che i passeggeri a bordo di quella nave alla deriva sono i loro figli.

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