In quel giardino artificiale io ci porto gli scoiattoli

L’indimenticabile e mitico professor Bruno Barattini, insegnante di ginnastica per generazioni di studenti del liceo classico Stellini di Udine, un giorno di tanti anni fa, essendo impegnata dalle ragazze la piccola palestra fatiscente e impraticabile, per la polvere, il cortile interno, decise di far passare l’ora, intrattenendoci su come intendeva organizzare l’educazione fisica nel futuro dell’istituto.

Una parola tira l’altra e ormai preso dall’entusiasmo, finì per ipotizzare un corso di canottaggio lungo la roggia prospiciente all’edificio scolastico, tutta l’attività sportiva da svolgersi in piazza Primo Maggio e infine la creazione di una specie di bosco, con tanto di tappeto erboso, al posto del ghiaino del cortile. Fu allora che dal gruppo di studenti presenti si alzò una voce: “Bravo prof, e io porto gli scoiattoli”. Il sogno di Barattini s’infranse di fronte alla crudele ironia di quella battuta. Che restò, comunque, come demistificazione dell’improbabile, quasi dell’assurdo. Una sorta di chiusura del discorso, prima ancora di incominciarlo.

La nuova palestra fu costruita dopo quasi mezzo secolo e se la Giamaica ha avuto una squadra nazionale di bob anche la roggia avrebbe potuto vedere sfilare un “due con”.

Quell’offerta di arricchimento “naturalistico” mi è tornata in mente a proposito del progetto di trasformare questa piazza in una specie di giardino artificiale per ospitare i tavolini dei bar che si affacciano ai suoi lati, in questo momento il cui i luoghi aperti possono essere una buona soluzione per evitare assembramenti e garantire spazi maggiori alle attività commerciali.

Quando su questa rubrica, timidamente avanzavamo la proposta di trasformare piazze e strade cittadine in altrettanti plateatici per favorire la ripresa del lavoro, avevamo però chiare due direttive su cui l’amministrazione comunale avrebbe dovuto muoversi: che le decisioni non riguardassero solo il centro storico, ma si pensasse anche ai quartieri e che fossero dettate dall’emergenza sanitaria ed economica. Insomma, “salviamo il salvabile” durante la bella stagione e nel più breve tempo possibile.

Ma vi sembra sia il caso di complicare tutto, con improbabili arredi forestali, tappeti sintetici e quant’altro quando si tratterebbe solo di permettere l’allargamento dell’uso del suolo pubblico, senza andare ad impattare, come giustamente fa notare l’Ordine degli architetti, con la configurazione della piazza stessa?

Vorrei poi ricordare come testardamente non si faccia mai riferimento all’altra situazione decisiva per le sorti del commercio udinese, cioè piazza XX Settembre. Anche qui nel 2013 su un’idea di Gianfranco Angelico Benvenuto, si ipotizzò la presenza di alberi, lecci per la precisione, e panchine, ma non se ne fece nulla. Su questo luogo grava anche l’ipotesi, mai abbandonata dal sindaco Fontanini, del mercato coperto, una struttura in ferro battuto che ne cancellerebbe la fisionomia. Non capisco perché non si voglia usufruire di questo spazio adesso, anche per alleggerire il peso della “movida” da altre zone del centro.

Senza boschi e foreste, perché di scoiattoli in giro non se ne trovano poi tanti.—

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