Giovane infermiera si offre volontaria per sperimentare il vaccino: «Vi spiego perchè lo faccio»

PORDENONE. C’è anche una giovane friulana di 23 anni, futura infermiera, tra i novanta volontari che parteciperanno alla prima fase della sperimentazione del candidato vaccino italiano contro Sars-CoV-2, il virus che causa il Covid-19.

Il vaccino è realizzato, prodotto e brevettato dalla società biotecnologica italiana ReiThera e la sua sperimentazione, che ha preso il via a fine agosto, è seguita dall’Istituto nazionale per le malattie infettive “Spallanzani” di Roma, in collaborazione con il Centro ricerche cliniche del Policlinico di Verona.



La giovane friulana, che chiameremo Sara per rispettare la sua richiesta di anonimato, risiede a Cordenons e frequenta il terzo anno della facoltà di Infermieristica alla Scuola di medicina e chirurgia dell’Università di Verona, dove studia e vive.

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Ha deciso di partecipare allo studio sul vaccino assieme alla sua coinquilina, vicentina di origine, e tra luglio ed agosto si è sottoposta a tutti i rigidi controlli medici serviti a conclamarne lo stato di idoneità.

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Bonaventura Monfalcone-30.05.2013 Istituto Malignani-Cervignano-foto di Katia Bonaventura


Lunedì 7 settembre al Centro ricerche cliniche del Policlinico di Verona a Sara verrà somministrata la dose del vaccino. I prossimi sei mesi di vita della giovane saranno cadenzati da una serie di ravvicinati controlli periodici che serviranno ai ricercatori per verificare la sicurezza e la tollerabilità del vaccino, nonché eventuali effetti collaterali.

«Dovrò anche tenere un diario – racconta – in cui appuntare le evidenze sintomatologiche che potranno presentarsi. Non ho paura di tutto questo, ma sono consapevole che sarà un impegno importante che richiederà tempo e molta attenzione da parte mia».



Sara, in particolare, fa parte del primo dei sei gruppi in cui i novanta volontari sono stati suddivisi. «La dose che mi verrà somministrata – dice – è la più bassa delle tre previste: già testata allo Spallanzani, ha una concentrazione minore di vaccino e come possibili reazioni si prevedono quelle di uno stato simil-influenzale tipico di un normale vaccino».

I rischi di reazioni sconosciute, tuttavia, sono presenti. «Ed è per questo – dice il medico di famiglia della giovane, il dottor Pietro Turchet – che la decisione della mia paziente è da plaudire. Sto facendo il tifo per lei. Nonostante la sua giovane età, non la vive come un’avventura, ma è molto consapevole di ciò a cui va incontro e di quanto importante sia questo studio, anche per la sua generazione, dato che ora il virus colpisce soprattutto i ragazzi».

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«Durante i mesi del lockdown che ho trascorso a Cordenons con la mia famiglia – racconta Sara – ho vissuto la paura sana che i miei famigliari potessero contrarre il virus e tutti noi abbiamo colto quanto sia importante tutelare gli altri. Non ci si può però fermare alla paura – aggiunge – è necessario che sia trovata una soluzione a questa pandemia».

Da poco Sara ha iniziato anche un tirocinio nella terapia intensiva del reparto di cardiochirurgia dell’Ospedale Civile Maggiore di Verona. «Sto raccogliendo le testimonianze dei medici e degli infermieri che durante l’emergenza sono stati in prima linea – sottolinea – e ho capito che non basta osannarli, bisogna dare loro gli strumenti per lavorare in sicurezza che all’epoca non c’erano.

Se arrivasse una seconda ondata di Covid-19, potrei esserci anch’io questa volta tra i sanitari. Questo mi fa paura. Credo tuttavia che la ricerca troverà una soluzione: è per questo che ho deciso di fare la mia parte». —

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