Europei, l’attesa dei friulani in Inghilterra: «Vedere la partita allo stadio è impossibile, tifiamo Azzurri dal divano»

A.c., P.v.

A sentire gli inglesi la finale di questa sera sarà solo una formalità. A chi si crede l’inventore del gioco del calcio, l’ostacolo Italia non fa paura. E così la vittoria, per il popolo d’Oltremanica, appare scontata. «Ascoltando la radio, leggendo i giornali, guardando la televisione sembra già una cosa fatta – racconta Annalisa Larese, residente ormai da undici anni nella capitale inglese –. Un atteggiamento da primi della classe che certamente dà fastidio. Per loro è una questione di orgoglio nazionale, ancora più forte oggi dopo la Brexit». C’è eccitazione in questi giorni a Londra, città dove vivono 350 mila italiani.

«Vedere la partita allo stadio è impossibile, anche perché i prezzi dei biglietti sono saliti alle stelle – aggiunge Larese – ma appare un’impresa anche trovare un posto libero nei locali. In quelli gestiti da italiani è tutto pieno da giorni, e in quelli inglesi meglio non andare. Dopo la vittoria della semifinale contro la Danimarca i festeggiamenti sono stati un delirio. Io non rischierei di vedere la finale in un bar a maggioranza inglese», ammette Larese, che sarà costretta a guardare la finale a casa con un gruppo di amici. Ma gli inglesi come vedono gli italiani? «Loro sono sempre all’insegna del politically correct, quindi è difficile capire cosa realmente pensano, a eccezione di quando esagerano con l’alcol. Per quella che è la mia esperienza – sottolinea Larese – non ho avuto problemi ad ambientarmi qui, però diciamo che di solito gli inglesi hanno una percezione distorta di chi inglese non è». E il Covid? «L’emergenza è stata gestita diversamente rispetto all’Italia. La gente ha fatto un po’ ciò che ha voluto», chiude Larese, non senza un’ultima annotazione in vista della partita: «Ovviamente io tifo Italia. Forza azzurri».

I friulani bloccati a Londra dal Covid vivono l’incrocio tra sport e nazionalità in maniera molto sentita: la finale Italia-Inghilterra è carica di significati per tutti. «Non siamo bloccati tecnicamente, ma tornare a casa è difficile e costoso. Spiace non essere a Udine per la finale: sappiamo che non potremo esultare troppo qui in caso di vittoria», commenta un gruppo di friulani che ha sviluppato un’amicizia a Londra. Si tratta di Carolina Mauro, avvocata udinese classe 1991, trapiantata a Londra a settembre 2019 per studio, ora là lavora mentre lavora affronta l’esame di conversione del titolo di avvocato. Con lei anche Margherita Nussio, classe 1994 di Pasian di Prato, approdata a Londra nel per un master in arte africana; ora lavora nell’ambito della consulenza e delle risorse umane, e Luca Zin, di Udine, classe 1995, a Londra da settembre 2014, per studiare economia e cinese; ora lavora nel marketing. Storie di coinquilini, di studio all’estero e vite un po’ sospese, soprattutto in pandemia, da Brexit: «Londra non è proprio Inghilterra: ci sono tantissimi stranieri, si respira un’aria internazionale, ci si sente ancora in Europa; Brexit si sente per la gestione dei confini più che altro», spiegano.

L’Europeo visto dall’Inghilterra è una grande emozione: Nussio e Zin sono riusciti addirittura a strappare un biglietto a Wembley per il match Italia-Spagna, «Tantissimi Italiani, una ressa», e hanno provato a prendere un biglietto per la finale di Wimbledon, «Purtroppo è stato impossibile, tiferemo sicuramente per Berrettini»; sono andati al pub a vedere Inghilterra-Danimarca, «Il tifo era incredibile, vibrava il pavimento». Mauro invece in quei giorni ha affrontato lo scritto dell’esame di conversione del titolo e non è riuscita a partecipare con gli amici a questi momenti. Zin ha famiglia austriaca ed è a Londra da tanto: «Le partite che volevo evitare erano proprio Italia- Austria e Italia-Inghilterra. Sono capitate tutte». Per Nussio ci sarà un lato positivo in caso di sconfitta: «In ufficio abbiamo fatto una specie di fantacalcio. A me è capitata come squadra proprio l’Inghilterra, se vincono loro almeno vinco una piccola somma di denaro», la mania per le scommesse inglese ha contagiato anche lei. Tutte le altre partite dell’Italia le hanno viste in casa: «Abbiamo fatto “Casa Italia” da noi». —


 

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